Morte del feto e lesione del rapporto parentale

03 Novembre 2025

Morte del neonato e danno da perdita del rapporto parentale: lesione di una relazione affettiva concreta o solo potenziale?

Il caso specifico riguarda una signora, giunta al termine della gravidanza e prossima al parto, alla quale, al Pronto Soccorso dell’Ospedale, vengono riscontrati segnali di sofferenza fetale.

Nonostante gli esami strumentali indichino un’evidente situazione di rischio, nessun intervento viene eseguito durante l’intera notte, limitandosi, i sanitari, a ripetere i tracciati, nonostante le ripetute richieste di intervento da parte dell’interessata e dei suoi familiari, preoccupati per la situazione.

Malgrado la signora evidenzi ripetutamente di non sentire più alcun movimento della bimba nel suo grembo, soltanto la mattina del giorno successivo viene eseguita l’ecografia che mostra segno di grave compromissione del feto, procedendosi così al parto cesareo.

Poco dopo la nascita, la piccola muore a causa di una grave asfissia perinatale, pur essendo stata sottoposta a inutili interventi di rianimazione.

I due medici che hanno preso in carico il ricovero della signora vengono imputati del delitto di omicidio colposo della piccola.

Il Tribunale di Benevento afferma che i sanitari sono responsabili della morte della neonata e richiama, sul tema, la più recente giurisprudenza penale in punto di distinzione tra feto e persona (dunque, quella tra interruzione colposa della gravidanza e omicidio colposo) ritenendo configurabile la fattispecie della perdita non del feto, ma della piccola neonata, compiutamente formata, priva di qualsivoglia patologia fino al momento del travaglio e regolarmente registrata presso l’ufficio dello stato civile del comune di appartenenza.

La domanda risarcitoria viene accolta favorevolmente verso i genitori e verso i nonni, ai quali viene riconosciuto e liquidato il danno da perdita del rapporto parentale nella misura minima prevista dalle tabelle del Tribunale di Milano vigenti, sulla scorta della brevissima durata del rapporto parentale e della loro giovane età, che gli aveva consentito di generare altri due figli, verso i quali, invece, non è stato riconosciuto alcun danno, visto che non erano stati ancora concepiti all’epoca dei fatti.

L’intera dolorosa vicenda viene ricostruita in termini di perdita non solo del frutto del concepimento, ma della neonata compiutamente formatasi, viva, e priva di alcuna patologia fino al momento del parto, tanto da venir – come detto - regolarmente registrata presso l’ufficio di stato civile, confutando così la tesi adottata dai giudici di seconde cure, secondo cui la perdita del feto rappresenterebbe una perdita del rapporto parentale non effettivo, bensì potenziale.

Si evidenzia che questa tesi, però, non tiene in considerazione della rilevanza della relazione con il feto, ossia del fatto che anche con esso si instaura una relazione parentale vera e propria, e che, dunque, la sua perdita è fonte di pregiudizi non patrimoniali, al pari della perdita di un neonato o di un congiunto, come affermato dalla Cassazione.

Secondo l’orientamento della Suprema Corte, infatti, la perdita del frutto del proprio concepimento, ovvero del neonato, rappresenta a tutti gli effetti la perdita di un rapporto parentale tout court.

L’approdo definitivo di un lungo e tormentato percorso interpretativo risiede nel rilevare che tutti gli aspetti, comportamentali e di sofferenza, di due genitori a cui la vita impone la più dura delle prove, la morte del proprio neonato, non possono considerarsi come un mero “danno potenziale”, e come tale estraneo all’insanabile dimensione del dolore genitoriale.

Può, peraltro, oggi definirsi considerazione di comune esperienza quella secondo cui il rapporto genitoriale si stabilisce già durante la vita prenatale, per consolidarsi progressivamente nel corso della stessa, a prescindere dal fatto che il feto sia successivamente venuto alla luce.

Ed è constatazione altrettanto diffusa che già durante la gravidanza il genitore cominci a viversi come tale, stabilendo una relazione affettiva, oltre che biologica, con il concepito e adeguando al suo nuovo status, al tempo stesso attuale e in divenire, la propria dimensione e il proprio stile di vita.

In conclusione, ove l’illecito causi la morte del feto, ciò che viene a crearsi in capo ai genitori è la lesione di un rapporto familiare non solo potenziale, ma già in essere.

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