La giurisdizione tributaria non si estende ai contributi a fondo perduto
03 Novembre 2025
La fattispecie Il caso trae origine da un giudizio instaurato innanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado di Genova, avente ad oggetto il recupero di un contributo a fondo perduto concesso - ai sensi dell'art. 25 del D.L. Rilancio - a una società sportiva dilettantistica e successivamente revocato per presunta insussistenza dei requisiti. In forza della disciplina vigente, l'atto di recupero era stato qualificato come “atto impositivo” e, pertanto, ritenuto soggetto alla giurisdizione tributaria ai sensi dell'art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992. La Corte rimettente ha sollevato questione di legittimità costituzionale per violazione dell'art. 102 Cost., nella parte in cui si attribuisce a un giudice speciale (quello tributario) la cognizione di controversie estranee alla materia tributaria in senso proprio. La decisione della Consulta Accogliendo le censure, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme in questione nella parte in cui devolvono alla giurisdizione tributaria le controversie sul recupero dei contributi a fondo perduto. Secondo la Consulta, tali misure non presentano alcun profilo riconducibile alla nozione costituzionale di tributo. Si tratta, infatti, di meri trasferimenti pubblici, privi di vincolo sinallagmatico, non correlati all'esercizio della capacità contributiva e, dunque, ontologicamente estranei alla fiscalità in senso stretto. Nel dettaglio, il contributo previsto dal Decreto Ristori non implica alcuna decurtazione patrimoniale in capo al beneficiario, ma configura una sovvenzione diretta a determinati soggetti economici. La stessa considerazione vale per il contributo ex art. 25 del Decreto Rilancio. Tali misure, ha osservato la Corte, costituiscono strumenti di sostegno economico e non già benefici fiscali, poiché non riducono il carico tributario del destinatario. Pertanto, anche gli atti amministrativi relativi alla concessione, al diniego o alla revoca del contributo non possono essere qualificati come atti tributari. Ne discende l'illegittimità della previsione che devolve al giudice tributario la cognizione di tali controversie, in violazione del principio di tassatività delle giurisdizioni speciali sancito dall'art. 102 Cost. Conclusioni La sentenza n. 124/2025 rappresenta un punto fermo nella delimitazione costituzionalmente orientata della giurisdizione tributaria. Il semplice coinvolgimento dell'Agenzia delle Entrate o l'utilizzo di dati fiscali non è di per sé sufficiente a rendere “tributaria” una controversia che attiene a erogazioni pubbliche di natura assistenziale. Sotto il profilo processuale, la pronuncia implica che i giudizi pendenti dinanzi alle Corti di Giustizia Tributaria su analoghi atti di recupero dovranno essere rimessi al giudice ordinario, con applicazione dell'istituto della translatio iudicii, nei termini stabiliti dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite in materia di giurisdizione. In prospettiva, la decisione della Consulta contribuisce a salvaguardare l'equilibrio tra specializzazione e legalità costituzionale del sistema giudiziario, rafforzando la tenuta del disegno complessivo tracciato dalla Carta. |