Osservatorio immobiliare: le principali questioni della settimana
La Redazione
03 Novembre 2025
Il presente osservatorio evidenzia le novità normative e giurisprudenziali settimanali. Uno “sguardo” sull'attuale scenario delle dinamiche immobiliari, non solo sul contenzioso (condominio, locazione o compravendita), ma anche sugli aspetti collegati, come quelli edilizi e fiscali. Settimana 27 ottobre – 2 novembre 2025.
Gli aspetti normativi
Lo scopo della presente trattazione è quella di fornire agli utenti le principali novità settimanali del settore immobiliare, uno strumento immediato e pensato per l'approfondimento dell'attività professionale.
Tra le questioni di interesse, in àmbito normativo, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 254 del 31 ottobre 2025, il d.l. n. 159/2025. Con il provvedimento in esame, il Legislatore si è occupato delle misure urgenti per la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro e in materia di protezione civile. In particolare, vengono adottate disposizioni con particolare riferimento all'attività di vigilanza in materia di appalto e subappalto, di badge di cantiere e di patente a crediti, nonché in materia di norme UNI.
Le questioni della giurisprudenza di legittimità
Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici di legittimità.
Il criterio di ripartizione delle spese per i danni derivanti dal lastrico solare
La proprietaria di un immobile adibito a laboratorio di analisi cliniche conveniva in giudizio i condomini, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni provocati da infiltrazioni di acqua meteorica che avevano interessato i locali di sua proprietà, nonché al pagamento delle spese di ripristino e di consulenza sostenute nel procedimento di accertamento tecnico preventivo (ATP). I condomini denunciano la violazione e falsa applicazione dell'art. 1126 c.c., per avere la Corte territoriale limitato la condanna ai soli proprietari sovrastanti senza porre a carico dell'utilizzatrice dei locali sottostanti alcuna quota di contribuzione. Secondo la Suprema Corte, il criterio di ripartizione delle spese per la manutenzione e riparazione del lastrico solare o della terrazza a livello, ai sensi dell'art. 1126 c.c., pone un terzo della spesa a carico del proprietario o usuario esclusivo e i restanti due terzi a carico dei proprietari delle unità immobiliari sottostanti, servite dalla copertura. Tale ripartizione deve includere anche il proprietario dei locali sottostanti, sebbene danneggiato, salvo il caso in cui sia attribuibile esclusiva responsabilità per fatto doloso o colposo specifico ad esso riconducibile (Cass. civ., sez. III, 28 ottobre 2025, n. 28528).
Il contemporaneo utilizzo di più unità catastali non costituisce ostacolo all'applicazione dell'ICI
Il Comune notificava più avvisi di accertamento ICI ai coniugi ricorrenti, comproprietari al 50% di due appartamenti sovrapposti, dove entrambi risultavano residenti anagraficamente, con i quali era stato contestato il mancato versamento dell'imposta. Secondo la Suprema Corte, nel caso in esame, non si trattava di due immobili accatastati distintamente, ma di immobili collegati solo da una scala esterna non esclusiva. Dunque, si trattava di due immobili del tutto distinti, i quali non potevano in ogni caso essere considerati come unica abitazione principale: difettava il requisito della comunicazione. In conclusione, i giudici di merito avevano applicato correttamente il principio nel ritenere che la situazione di fatto di unificazione degli immobili non fosse rilevante ai fini dell'esonero dal pagamento della imposta immobiliare, in assenza di un accesso diretto e comunicante tra i due immobili (Cass. civ., sez. V, 27 ottobre 2025, n. 27980).
Le questioni della giurisprudenza di merito
Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici di merito.
L'arbitraria decisione dell'amministratore volta al ripristino della condotta idrico-fognaria
I condomini contestavano le somme richieste per i lavori in condominio, in particolare chiedevano di accertare e dichiarare, anche ai sensi dell'art.1133 c.c., che la ripartizione della spesa sopportata per il ripristino della condotta idrico-fognaria della palazzina era illegittima. Secondo il giudice, le spese di manutenzione e conservazione delle cose e degli impianti che servono solo una parte di fabbricato, formando oggetto di condominio separato, debbono essere sostenute solo dai proprietari delle unità immobiliari di questa parte e non degli altri. Pertanto, laddove - come nel caso in esame - il condomino sia costituito da un complesso formato da più edifici separati (circostanza pacifica) e le parti comuni relative ai singoli fabbricati appartengano oggettivamente ai soli proprietari delle unità che compongono i vari fabbricati deve farsi applicazione della citata norma prevista dal Codice civile. In conclusione, a parere del Tribunale, i provvedimenti presi dell'amministratore nell'àmbito dei suoi poteri sono obbligatori per i condomini, rientrando nei suoi poteri, come nel caso di specie, l'esecuzione delle deliberazioni assembleari; tuttavia, l'amministratore non aveva provveduto semplicemente ad eseguire una deliberazione assembleare, ma aveva invece disposto una ripartizione delle spese che, indipendentemente da ogni ulteriore valutazione, non risultava conforme alla natura del condominio parziale. Pertanto, il provvedimento dell'amministratore è stato annullato (Trib. Bari 31 ottobre 2025, n. 3889).
L'occupazione senza titolo dell'immobile del condominio
Secondo il condominio (locatore), il convenuto deteneva il locale interrato senza titolo e, di conseguenza, era stato chiesto al giudice la condanna al pagamento dei canoni per l'occupazione sine titulo e il risarcimento del danno subìto per non aver potuto godere dell'immobile. Secondo il giudicante, invece, nella vicenda non era stato depositato un regolamento di condominio da cui risultasse che il locale era compreso tra le parti comuni né era stata offerta alcuna prova, o indicato altro elemento indiziario da cui potesse desumersi la obiettiva destinazione funzionale al servizio comune dell'edificio. Del resto, non era neppure chiaro se tale locale rientrasse tra le parti comuni ex art. 1117 c.c. oppure esistesse un vincolo pertinenziale del predetto immobile a servizio delle cose comuni o delle singole proprietà. A ciò aggiungasi che la nota a firma del dirigente dell'Istituto Autonomo Case Popolari dava atto che il locale condotto in locazione era da trasferire nella titolarità del condominio e, pertanto, veniva disposto di procedere all'eliminazione dell'immobile dall'archivio patrimoniale dell'Ente e di trasferire lo stesso nella titolarità del condominio; tuttavia, l'immobile non era stato trasferito e la circostanza dedotta di aver corrisposto il canone di locazione non era stata contestata da quest'ultima. Pertanto, la domanda è stata rigettata (Trib. Napoli 30 ottobre 2025, n. 9889).
La domanda di rivendica dell'amministratore
Il condominio sosteneva che nell'immobile dei convenuti era stato creato un impianto di aerazione e una canna fumaria che fuoriuscivano dalla pavimentazione della chiostrina; inoltre, i convenuti avevano ampliato l'immobile di loro proprietà effettuando un'escavazione nel sottosuolo al di sotto della chiostrina. Secondo il giudice, le azioni reali da esperirsi contro i singoli condomini o contro terzi e dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità possono essere esperite dall'amministratore solo previa autorizzazione dell'assemblea. Ebbene, a fronte della specifica eccezione in proposito sollevata dai convenuti sin dalla loro costituzione in giudizio, il condominio non aveva dimostrato l'esistenza di una delibera dell'assemblea che avesse autorizzato l'amministratore a proporre la presente azione, né che lo stesso attore avesse esplicitamente qualificato come azione di rivendicazione di beni comuni. Inoltre, i singoli condomini (ritualmente chiamati in causa dai convenuti in quanto litisconsorti necessari) non avevano a loro volta aderito alla domanda proposta dall'amministratore né l'avevano fatta propria o comunque ratificata, essendosi limitati a chiedere il rigetto delle domande proposte nei loro confronti. Pertanto, la domanda di rivendica è stata dichiarata inammissibile per difetto di legittimazione attiva (Trib. Velletri 31 ottobre 2025, 2139).
Gli atti posti in essere dall'amministratore in prorogatio
Gli attori chiedevano il risarcimento di tutti i danni subiti a causa e o dell'illegittimo operato dell'amministratore in prorogatio. (Trib. Ravenna 24 ottobre 2025, n. 663). Il giudice, pur nella consapevolezza dell'esistenza di un diverso orientamento, ritiene che un amministratore in prorogatio non può più considerarsi nel pienezza delle sue funzioni residuandogli; dunque, l'iniziativa contrattuale di un amministratore che travalichi i limiti dei poteri assegnatigli ex lege non determina l'insorgenza di alcun obbligo di contribuzione dei condomini al riguardo, non trovando applicazione, in ambito condominiale, il principio secondo cui l'atto compiuto, benché irregolarmente, dall'organo di una società resta valido nei confronti dei terzi che abbiano ragionevolmente fatto affidamento sull'operato e sui poteri dello stesso. Per tali motivi, era da ritenersi del tutto esorbitante dai poteri dell'amministratore in prorogatio quello di convocare l'assemblea al fine di nominare un tecnico per la redazione di nuove tabelle millesimali o approvare quelle già redatte o al fine di ratificare un suo operato che esorbita dall'ordinaria amministrazione, qual è una transazione stragiudiziale; pertanto, per tali motivi è stata dichiarata invalida la delibera (Trib. Napoli 31 ottobre 2025, n. 9898)
Il posizionamento arbitrario dei cassonetti dei rifiuti condominiali
In concomitanza con l'avvio del servizio di raccolta dei rifiuti “porta a porta”, venivano posizionati, senza alcuna previa delibera legittimante, i cassonetti per i rifiuti condominiali su di una limitata porzione di tale area. Secondo il giudice, l'amministratore aveva dapprima posizionato, senza alcuna autorizzazione assembleare, i bidoni per la raccolta dei rifiuti in una porzione dell'area condominiale in questione e poi creato uno scivolo sul cordolo di cemento ivi posto a delimitazione dell'area, al fine di favorire il trasporto dei bidoni da parte degli operatori del gestore per la raccolta dei rifiuti. Tale scivolo era stato poi ulteriormente ampliato, sempre su iniziativa autonoma dell'amministratore, al fine di agevolare l'ingresso del mezzo per la raccolta rifiuti. Tali condotte poste in essere dall'amministratore avevano (indirettamente) autorizzato alcuni condomini ad accedere all'area condominiale oggetto di causa con le proprie autovetture e a ivi parcheggiarle. Pertanto, le ragioni addotte dall'amministratore a sostegno della propria condotta, derivata a suo dire dal rendere possibile o comunque più agevole l'accesso degli operatori del servizio di raccolta rifiuti ai bidoni posizionati nell'area condominiale, non erano comunque idonee a rendere legittima la trasformazione della suddetta area, in quanto violativa del regolamento condominiale, potendosi individuare altre modalità per il posizionamento dei bidoni o per consentire lo svuotamento degli stessi, che non andassero ad incidere sul godimento e sull'uso dell'area da parte dei condomini secondo la sua specifica destinazione d'uso (Trib. Livorno 30 ottobre 2025, n. 804).
Le questioni della giurisprudenza amministrativa
Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici amministrativi.
Il cambio di destinazione d'uso dell'immobile
La condomina aveva presentato al Comune una domanda per ottenere il cambio di destinazione di uso dell'immobile da deposito a civile abitazione. Il Comune, tuttavia, rigettava la domanda, rilevando che sarebbe stato necessario ottenere l'autorizzazione del condominio, provvedimento successivamente annullato dai giudici amministrativi. A seguito di ciò, la condomina proponeva azione di risarcimento del danno e, in tal contesto, secondo il massimo consesso amministrativo, la responsabilità civile della pubblica amministrazione presuppone che la parte provi la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del risarcimento per fatto illecito: elemento oggettivo, elemento soggettivo (dolo o colpa), nesso di causalità materiale, danno ingiusto, danno conseguenza. Tuttavia, nella fattispecie in esame, a prescindere dalla sussistenza degli altri elementi, mancava la prova del rapporto di causalità tra il rigetto della domanda di cambio di destinazione e il danno da mancato perfezionamento del contratto definitivo di vendita. L'appellante non aveva fornito alcuna prova volta a dimostrare che il recesso fosse stato determinato dal mancato cambio di destinazione, soprattutto tenendo conto che il contratto definitivo avrebbe dovuto essere concluso prima della data di presentazione della domanda volta ad ottenere il permesso di costruire. Non si comprendeva, pertanto, quale sarebbe stato l'asserito nesso causale tra l'atto illegittimo e il danno subìto. Pertanto, il ricorso è stato rigettato (Cons. Stato 28 ottobre 2025, n. 8357).
Riferimenti
Decreto legge 31 ottobre 2025, n. 159, in Gazzettaufficiale.it, 31 ottobre 2025
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