Soci condannati a rispondere solidalmente e in via diretta dei debiti sociali e beneficium excussionis

04 Novembre 2025

Con la pronuncia in commento la Cassazione si è interrogata sulla possibilità, per i soci illimitatamente responsabili di una s.n.c. condannati in solido al pagamento in favore del creditore sociale, in forza di titolo esecutivo giudiziale, di opporre il beneficium excussionis ai sensi dell'art. 2304 c.c.

Massima

In caso di decreto che ingiunga il pagamento di una somma di denaro a una società in nome collettivo e ai suoi soci illimitatamente responsabili, in via tra loro solidale, diretta e incondizionata, non opera il beneficio della preventiva escussione a favore dei soci intimati in base al provvedimento monitorio divenuto definitivo nei loro confronti, essendo la fonte dell'obbligazione dei soci non il rapporto sociale, ma il titolo giudiziale definitivo come concretamente formatosi. Ne consegue che, per effetto della mancata opposizione al decreto ingiuntivo, la posizione debitoria dei soci rimane indipendente da quella della società e insensibile pure a un eventuale accoglimento dell'opposizione proposta da quest'ultima.

Il caso

In accoglimento del ricorso monitorio proposto dal creditore di una società in nome collettivo, il Tribunale di Castrovillari ingiungeva a quest'ultima e ai due soci illimitatamente responsabili di pagare, in via solidale e incondizionata, il dovuto.

Poiché la sola società aveva proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo, lo stesso veniva dichiarato definitivo ed esecutivo, ai sensi dell'art. 647 c.p.c., nei confronti dei due soci, ai quali venivano intimato precetto di pagamento.

L'opposizione proposta avverso di esso ai sensi dell'art. 615, comma 1, c.p.c., fondata sulla natura sussidiaria della responsabilità dei soci e sulla mancata preventiva escussione della società, nei confronti della quale il titolo esecutivo non si era ancora formato (essendo pendente il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo), veniva accolta, con sentenza confermata dalla Corte d'appello di Catanzaro.

La sentenza di secondo grado era impugnata con ricorso per cassazione.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Con la sentenza che si annota, la Corte di cassazione ha accolto il ricorso.

La motivazione posta a fondamento della decisione assunta si articola nei seguenti passaggi: 1) la pendenza del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo promosso dalla società non priva, anche solo temporaneamente, di efficacia esecutiva il titolo esecutivo giudiziale formatosi nei riguardi dei soci; 2) il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Castrovillari ingiungeva il pagamento alla società e ai soci illimitatamente responsabili in solido e in via incondizionata; 3) sebbene il socio richiesto del pagamento di un debito sociale possa eccepire, con l'opposizione all'esecuzione promossa in suo danno, il beneficium excussionis previsto dall'art. 2304 c.c., un tanto non è consentito quando l'obbligazione trovi autonomo fondamento in un titolo esecutivo giudiziale formatosi nei suoi confronti e divenuto irretrattabile.

Osservazioni

I soci illimitatamente responsabili di una società in nome collettivo condannati in solido e in via incondizionata al pagamento in favore del creditore sociale in forza di un titolo esecutivo giudiziale divenuto inoppugnabile nei loro confronti non possono avvalersi del principio di preventiva escussione del patrimonio sociale stabilito dall'art. 2304 c.c. per sottrarsi all'azione esecutiva promossa in loro danno.

È questo il principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza che si annota, che involge questioni di carattere sostanziale e processuale reciprocamente intersecantisi e da analizzare con interesse.

Dal primo punto di vista, è noto che i soci di una società a responsabilità limitata sono tenuti a rispondere solidalmente e illimitatamente dei debiti sociali, giusta quanto stabilito dall'art. 2291 c.c., fermo restando che, ai sensi dell'art. 2304 c.c., possono essere aggrediti dai creditori sociali solo dopo l'escussione del patrimonio della società e solo nella misura in cui tale escussione sia stata – in tutto o in parte – infruttuosa.

Come ha precisato la giurisprudenza, la responsabilità del socio illimitatamente responsabile per le obbligazioni sociali trae origine dalla sua qualità di socio e si configura, pertanto, come personale e diretta, anche se possiede il carattere della sussidiarietà, in relazione al preventivo obbligo di escussione del patrimonio sociale, in sede di esecuzione individuale; il socio illimitatamente responsabile non può, quindi, essere considerato terzo rispetto all'obbligazione sociale, ma debitore al pari della società per il solo fatto di essere socio tenuto a rispondere senza limitazioni (Cass. civ., sez. un., 16 febbraio 2015, n. 3022).

Per agire esecutivamente nei confronti del socio, il creditore sociale non è tenuto a munirsi di un provvedimento di condanna pronunciato direttamente contro di lui, visto che quello formatosi in un processo celebratosi tra il creditore e la società di persone costituisce titolo esecutivo anche verso il socio illimitatamente responsabile: poiché dall'esistenza dell'obbligazione deriva necessariamente la responsabilità del socio, ricorre una situazione non diversa da quella che, a termini dell'art. 477 c.p.c., consente di porre in esecuzione il titolo nei confronti di soggetti diversi dalla persona contro cui è stato formato (Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 2003, n. 613).

Ciò non esclude che il creditore sociale possa agire già in sede ordinaria nei confronti del socio per ottenere una pronuncia di condanna contro di lui: il beneficium excussionis previsto dall'art. 2304 c.c., infatti, ha efficacia limitatamente alla fase esecutiva (sicché il creditore sociale non può procedere coattivamente a carico del socio se non dopo avere agito infruttuosamente sui beni della società) e non impedisce, quindi, allo stesso creditore di agire in sede di cognizione per munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei confronti del socio, sia per potere iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili di quest'ultimo, sia per potere agire in via esecutiva contro il medesimo, senza ulteriori indugi, una volta che il patrimonio sociale risulti incapiente o insufficiente al soddisfacimento del suo credito (Cass. civ., sez. III, 16 ottobre 2020, n. 22629).

D'altra parte, è proprio in sede esecutiva che il socio ha la possibilità di fare valere il beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale, proponendo opposizione ai sensi dell'art. 615 c.p.c.

Per comprendere appieno il portato della pronuncia che si annota, è necessario ricordare che l'opposizione esecutiva si caratterizza per l'impossibilità per il debitore di addurre fatti, elementi o circostanze inerenti al procedimento di formazione del titolo esecutivo di natura giudiziale, o che, in ogni caso, avrebbero dovuto essere dedotti nel giudizio di cognizione per essere valutati e decisi dal giudice di esso: in sede di opposizione esecutiva, in altre parole, opera il principio dell'intangibilità del titolo esecutivo giudiziale per fatti anteriori o coevi alla sua formazione e alla sua definitività, con la conseguenza che la contestazione del diritto di procedere a esecuzione forzata non può essere fondata su vizi di formazione del provvedimento (salvo che ne determinino l'inesistenza giuridica), al pari delle ragioni di ingiustizia della decisione, che possono essere fatti valere, ove ancora possibile, solo nel corso del processo in cui il titolo è stato emesso, spettando la cognizione di ogni questione di merito al giudice naturale della causa in cui la controversia tra le parti ha avuto o sta avendo pieno sviluppo ed è stata o è tuttora in esame (principio affermato, in particolare, da Cass. civ., sez. un., 23 luglio 2019, n. 19889 e confermato, da ultimo, da Cass. civ., sez. III, 4 febbraio 2025, n. 2785).

Pertanto, se il giudice che, in accoglimento del ricorso monitorio proposto dal creditore sociale, abbia ingiunto al socio illimitatamente responsabile di pagare in solido con la società e in via incondizionata, configurando, in questo modo, un debito (nascente già come personale e diretto) che il socio medesimo deve adempiere in via primaria, ossia indipendentemente dall'assolvimento della condizione della preventiva escussione della società, la violazione della regola dettata dall'art. 2304 c.c. – sotto il profilo della costituzione di un debito da adempiere non solo in via diretta e solidale, ma altresì incondizionata – non può essere utilmente dedotta con l'opposizione all'esecuzione allorquando il decreto ingiuntivo sia divenuto definitivo a seguito della mancata opposizione proposta avverso di esso ai sensi dell'art. 645 c.p.c. e abbia, quindi, acquisito efficacia di giudicato nei rapporti tra il creditore sociale e il socio.

Il quale, d'altra parte, non può nemmeno fare leva sulla pendenza del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo promosso dalla società e sulla inesistenza, dunque, di un titolo esecutivo formatosi nei confronti della stessa e, prima ancora, di un accertamento del debito sociale di cui è chiamato a rispondere: infatti, in applicazione dell'orientamento affermato in materia di obbligazioni solidali (per esempio, da Cass. civ., sez. III, 20 maggio 2003, n. 7881), il decreto ingiuntivo richiesto e ottenuto sia nei confronti della società di persone che dei singoli soci illimitatamente responsabili acquista autorità di giudicato sostanziale nei confronti del socio che non abbia proposto tempestiva opposizione e la relativa efficacia resta insensibile all'eventuale accoglimento dell'opposizione avanzata dalla società o da altro socio, visto che il rapporto di sussidiarietà che collega la responsabilità dei soci di società di persone rispetto alla responsabilità della società non esclude la natura solidale della relativa obbligazione, con la conseguenza, sul piano processuale, dell'esclusione tanto del litisconsorzio necessario, quanto della relativa inscindibilità delle cause (Cass. civ., sez. III, 26 luglio 2016, n. 15376).

Conclusioni

La sentenza annotata rappresenta in modo plastico le tensioni generate dalla necessità di coordinare i principi che presidiano la responsabilità del socio di società di persone nei confronti del creditore sociale e le regole che informano la disciplina delle opposizioni esecutive, attraverso le quali può essere fatto valere il beneficium excussionis fissato dall'art. 2304 c.c.

Non vi è dubbio, infatti, che il socio sia legittimato a resistere all'azione esecutiva promossa nei suoi confronti dal creditore sociale che non abbia infruttuosamente aggredito, in via preventiva, la società e il suo patrimonio, per esempio perché – come presumibilmente è accaduto nella fattispecie sottoposta al vaglio dei giudici di legittimità – non disponeva ancora di un titolo esecutivo che a tanto lo abilitasse.

Ma se la legittimazione ad agire direttamente e immediatamente contro il socio, a prescindere dall'esperimento di azioni esecutive ai danni della società, derivi da un'erronea considerazione delle regole in materia di responsabilità per le obbligazioni sociali, piuttosto che da una configurazione della responsabilità del socio diversa da quella risultante dall'art. 2304 c.c., che sia ascrivibile al giudice che ha emesso il provvedimento costituente il titolo esecutivo, divenuto inoppugnabile perché non tempestivamente impugnato o contestato dal socio, questi non può ovviare alla propria inerzia veicolando le proprie doglianze attraverso l'opposizione all'esecuzione, che può essere fondata solo su fatti successivi alla formazione del titolo esecutivo di natura giudiziale.

Si tratta, in definitiva, di una preclusione maturata per effetto del limitato e circoscritto thema decidendum demandabile al giudice dell'opposizione all'esecuzione, che rende superfluo discettare in ordine alla correttezza o meno della decisione assunta da quello che ha pronunciato la statuizione portata dal titolo esecutivo.

Ciò impone di non rimanere inerti e di attivarsi tempestivamente allorquando il creditore sociale, anziché limitarsi ad agire nei confronti della società al fine di procurarsi un titolo che sarà poi utilmente spendibile anche contro il socio, indirizzi le sue pretese sin dall'inizio anche verso di lui, onde evitare che il consolidarsi di una statuizione di condanna in suo danno si traduca nella definitiva impossibilità di avvalersi del beneficium excussionis in sede esecutiva.

Salvo ritenere che la condanna del socio al pagamento, in quanto fondata proprio sulla qualità posseduta dall'obbligato e, dunque, sulla regola dettata dall'art. 2291 c.c., implicante l'operatività ex se di quella sancita dall'art. 2304 c.c., indipendentemente da un suo espresso richiamo nel provvedimento giudiziale e dalla natura solidale della responsabilità della società e del socio, legittimi nondimeno quest'ultimo a fare valere la mancata preventiva aggressione del patrimonio sociale proprio per effetto della violazione, da parte del creditore sociale, della condizione fissata – per quanto in via inespressa – dal titolo esecutivo conformemente al dettato normativo.

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