L’esdebitazione del sovraindebitato incapiente già dichiarato fallito: riflessioni a margine di un decreto del Tribunale di Bergamo
05 Novembre 2025
Il caso Il caso in esame costituisce un osservatorio privilegiato per analizzare il coordinamento tra l'art. 279 e l'art. 283 c.c.i.i.. Due fratelli, soci illimitatamente responsabili di una società in nome collettivo, erano stati coinvolti nel fallimento della società. Nonostante la presenza di tutti i requisiti soggettivi e oggettivi, i ricorrenti non avevano domandato l'esdebitazione entro l'anno dalla chiusura della procedura ai sensi dell'art. 279 c.c.i.i.. Solo nel 2024 essi hanno richiesto la nomina del Gestore della Crisi per accedere al beneficio previsto dall'art. 283 c.c.i.i. (esdebitazione del debitore incapiente), ricevendo parere favorevole dall'OCC nominato. Il Tribunale di Bergamo, in prima battuta, aveva sollevato dubbi sull'ammissibilità della domanda, giacché il rimedio tipico sarebbe stato quello ex art. 279, ormai decaduto. La questione rimessa al contraddittorio riguardava dunque la possibilità, per l'ex fallito, di avvalersi successivamente della procedura di esdebitazione dell'incapiente. La questione A. Il rapporto tra gli artt. 279 e 283 c.c.i.i. Il tema, pressoché inedito nella dottrina e nella giurisprudenza, concerne la sorte del debitore fallito che, omettendo di attivare l'art. 279, invochi l'art. 283 c.c.i.i.. I ricorrenti nell'ambito del procedimento di esdebitazione mettevano quindi in evidenza che l'art. 283 non contiene alcuna esclusione testuale per il debitore fallito, ma si limita a richiedere che questi non sia in grado di offrire alcuna utilità “nemmeno in prospettiva futura”; che la ratio della norma va ricercata nell'ampio progetto di politica legislativa della “seconda chance”, chiaramente delineato dall'art. 9 legge delega n. 155/2017; che il sistema delle esdebitazioni va letto in chiave progressiva: dapprima l'esdebitazione nel corso della liquidazione giudiziale (art. 280 ss.), poi l'esdebitazione post-fallimentare (art. 279), infine – laddove persista l'incapienza – l'accesso al rimedio generalizzato di cui all'art. 283 c.c.i.i.. Questa lettura consentirebbe di superare l'obiezione secondo cui il debitore avrebbe “consumato” il diritto al beneficio non avendolo esercitato nei termini di cui all'art. 279. L'argomento è tanto più convincente se si considera che il legislatore ha inteso modulare rimedi diversi, temporalmente successivi, e non reciprocamente esclusivi, salva l'ipotesi – diversa – in cui il debitore abbia già presentato una domanda rigettata ex art. 279. B. Gli orientamenti giurisprudenziali A sostegno di questa impostazione, i ricorrenti hanno richiamato un decreto del Tribunale di Torino del 2014 (in tema di L. 3/2012), secondo cui il debitore già fallito, una volta chiusa la procedura e decorso il termine annuale per la riapertura ex art. 121 L. Fall., non è più soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle di sovraindebitamento ed è quindi legittimato ad accedervi. Analogamente, Tribunale di Milano 23 dicembre 2024 ha riconosciuto l'esdebitazione al titolare di una ditta individuale cessata, pur per debiti contratti nell'ambito dell'attività imprenditoriale, confermando la lettura estensiva e “non discriminatoria” dell'art. 283 c.c.i.i.. Il dato normativo e sistematico, corroborato da tali precedenti, legittima dunque l'interpretazione secondo cui il fallito – e in particolare il socio illimitatamente responsabile – non può essere escluso dall'accesso al beneficio per il solo fatto di non aver attivato tempestivamente l'art. 279. La soluzione giuridica Con decreto del 15 luglio 2025 il Tribunale di Bergamo ha concesso l'esdebitazione ex art. 283 c.c.i.i. ai ricorrenti. Il Giudice ha motivato rilevando che: l'intervenuta chiusura della procedura fallimentare precludeva ogni ricorso tardivo all'art. 279, ma non incideva sull'ammissibilità della domanda ex art. 283; la ratio della norma è di favorire il massimo accesso al beneficio, con unico limite nella meritevolezza del debitore; i requisiti soggettivi e oggettivi risultavano pienamente soddisfatti: i ricorrenti percepivano redditi inferiori alle soglie di sussistenza a fronte di debiti per oltre 300.000 euro ciascuno; i debiti derivavano da obbligazioni sociali della snc fallita, già in larga parte soddisfatte con la liquidazione; non emergevano né dolo né colpa grave, né atti in frode. Il decreto, infine, ha altresì imposto ai debitori l'obbligo di comunicare annualmente eventuali utilità sopravvenute, a pena di revoca del beneficio, in conformità al disposto dell'art. 283, commi 1 e 2, c.c.i.i.. Osservazioni Il caso esaminato costituisce un importante precedente, destinato a incidere sulle future applicazioni dell'art. 283 c.c.i.i.. Il Tribunale di Bergamo ha infatti affermato che l'accesso al beneficio non può essere negato al debitore incapiente solo perché egli non ha esercitato il rimedio ex art. 279. L'interpretazione adottata appare coerente con il disegno complessivo della riforma, orientata a garantire la seconda chance al debitore meritevole, e trova conferma nel favor debitoris espresso tanto dalla giurisprudenza torinese quanto da quella milanese. Ne emerge un modello di esdebitazione “a cerchi concentrici”, che progressivamente offre al debitore onesto ma sfortunato la possibilità di liberarsi dai debiti, a condizione che permanga lo stato di incapienza e che non sia messo in discussione il requisito della buona fede. |