Allenatore e allievo minorenne: i limiti della condotta
13 Novembre 2025
La Decisione n. 71 del 6 ottobre 2025 della Sezione Disciplinare del Tribunale Federale Nazionale FIGC ha deciso su un caso di particolare rilievo, riguardante la condotta di un tecnico sportivo verso un giovane atleta minorenne. Il suddetto Tribunale ha ribadito che chi riveste il ruolo di allenatore ha un dovere educativo e morale, volto a garantire un ambiente sano, sicuro e rispettoso, in cui ogni minore possa praticare sport tutelato nella propria dignità. La condotta invadente, affettivamente ambigua e non coerente del tecnico con il contesto sportivo è stata giudicata contraria ai suddetti principi. Tali reiterati comportamenti molesti e impropri, rivelatori di un morboso interesse verso il minore, consistenti anche nell’invio di frequenti messaggi dal tenore equivoco e insistente, da cui trapela una forma di gelosia verso il ragazzino, con il quale intrattiene contatti anche al di fuori dell’attività sportiva, rivelano la gravità della condotta, peraltro, neppure smentita dal tecnico, che si è limitato a sminuire la portata dei suoi atteggiamenti. Gli atti sin qui descritti si pongono in netto contrasto con i principi di lealtà, probità e correttezza che, ai sensi dell’art. 4, CGS (Collaboratori Gestione Sportiva) devono informare l’agire di ogni soggetto dell’ordinamento sportivo, nonché l’art. 37, commi 1 e 2 del Regolamento del Settore Tecnico per cui l’allenatore deve “essere esempio di disciplina e correttezza sportiva”. Dalle condotte emerse nell’ambito del procedimento disciplinare, si evince che il minore era diventato bersaglio di un allarmante interesse, per non dire ossessione, da parte del tecnico che andava ben oltre il semplice rapporto tra allenatore e calciatore. E ciò, a maggior ragione, in considerazione dell’età del tecnico, ultracinquantenne, e l’età del ragazzino, appena undicenne. Tali comportamenti devono essere considerati vere e proprie forme di abuso, che non possono trovare alcuna giustificazione nell’ambito dell’ordinamento sportivo, governato da principi che mirano ad assicurare a ogni ragazzo il diritto di beneficiare di un ambiente sano e sicuro per il proprio sviluppo psicofisico. Né può valere, ai fini di una attenuazione della responsabilità del tecnico la circostanza del rigetto, da parte del GIP, della richiesta di applicazione della misura di custodia cautelare in carcere, poiché per configurare una responsabilità disciplinare non è necessaria la sussistenza di una responsabilità anche sotto il profilo penale, attesa l’autonomia esistente tra ordinamento statale e ordinamento sportivo. In altri termini, una condotta che ha un rilievo disciplinare non necessariamente configura un reato. Prove di rilievo di medesima importanza sono state considerate le argomentazioni svolte dal tecnico in ordine al fatto che le condotte poste in essere atterrebbero alla sua sfera privata e non a quella sportiva, costituendo senza dubbio il rapporto tra il tecnico e il calciatore minorenne l’occasione della condotta contestata. Il Tribunale ha considerato tali comportamenti gravemente lesivi della libertà psicofisica e della dignità del minorenne, portandolo a determinare la sanzione da irrogare nella misura massima di cinque anni di squalifica con preclusione alla permanenza in qualsiasi rango e categoria della FIGC. La decisione in questione si inserisce nel solco della cultura di tutela e prevenzione che oggi rappresenta un pilastro dell’ordinamento sportivo. |