L'esame del contenuto della norma
Il primo comma della norma, nella formulazione attualmente vigente, sancisce che «quando, nel corso delle operazioni di vendita, insorgono difficoltà, il professionista delegato può rivolgersi al giudice dell'esecuzione, il quale provvede con decreto».
Interessante, con riguardo alla formulazione di tale primo comma, segnalare come sia ravvisabile una assonanza con gli artt. 610 c.p.c. (in tema di esecuzione per rilascio) e 613 c.p.c. (in tema di esecuzione per obbligo di fare): in tutti i casi si fa riferimento a difficoltà nel corso di procedura e si individua nel giudice dell'esecuzione l'autorità chiamata a risolvere le medesime.
La disposizione appena citata fa riferimento a difficoltà emerse nel corso delle «operazioni di vendita»; non, dunque, nel corso delle attività antecedenti alla emissione della ordinanza di vendita, tanto più che solo con tale ordinanza hanno inizio le attività del professionista delegato.
La norma afferma che il professionista delegato «può» rivolgersi al giudice. Si tratta, tuttavia, di una espressione che forse volutamente lascia un margine di discrezionalità al professionista delegato: per un verso, potrebbe sostenersi che in presenza di difficoltà nello svolgimento dell'incarico, sia di carattere pratico, sia di natura giuridica, il ricorso al giudice dell'esecuzione sia obbligatorio, più che integrare una mera facoltà. Per altro verso, occorre sempre una attenta verifica circa la effettiva sussistenza di una difficoltà che imponga, ai fini della sua risoluzione, il ricorso al giudice dell'esecuzione (e così, in genere, l'ordinanza di delega è formulata in termini molto dettagliati, emergendo già da un'attenta lettura della stessa la risposta a molte delle problematiche che possono porsi in corso di procedura).
Quali le difficoltà alle quali fa riferimento la norma in questione? Come si accennava in precedenza, può trattarsi tanto di difficoltà di carattere materiale, quanto di difficoltà di natura giuridica.
A riguardo, basta consultare l'art. 591-bis c.p.c. e il contenuto delle diverse attività che vengono delegate al professionista sulla base di tale disposizione per individuare alcuni dei temi sui quali può incentrarsi il ricorso ai sensi dell'art. 591-ter c.p.c. da parte del delegato.
Sulle istanze del professionista delegato il giudice provvede con decreto: un provvedimento snello, dunque, che non presuppone la previa instaurazione del contraddittorio.
Il secondo comma della norma, nella formulazione vigente, prevede che «avverso gli atti del professionista delegato è ammesso reclamo delle parti e degli interessati, da proporre con ricorso al giudice dell'esecuzione nel termine perentorio di venti giorni dal compimento dell'atto o dalla sua conoscenza. Il ricorso non sospende le operazioni di vendita, salvo che il giudice dell'esecuzione, concorrendo gravi motivi, disponga la sospensione».
Rispetto alla precedente versione della norma (quella vigente fino alle novità apportate dalla Riforma Cartabia) non risulta più compreso tra gli atti impugnabili con il reclamo ex art. 591-ter c.p.c. il decreto reso dal giudice dell'esecuzione sulla istanza del delegato (a riguardo, pare potersi ritenere – sebbene tale interpretazione non incontri il favore unanime della dottrina - che in assenza di un rimedio tipico contro tale provvedimento, permanga la possibilità di formalizzare contro lo stesso l'opposizione di cui all'art. 617, comma 2, c.p.c.).
Resta, invece, la possibilità di dolersi, con reclamo al giudice dell'esecuzione, degli atti svolti nel corso della propria attività dal professionista delegato.
Quanto alla legittimazione a proporre tale rimedio, non sorgono particolari problemi allorché si tratti di una delle parti (sia esso il procedente, l'intervenuto, l'esecutato). Meno agevole è individuare chi siano gli altri «interessati» ai quali fa riferimento la disposizione in esame: potrebbe trattarsi, ad esempio, dell'occupante dell'immobile pignorato, con o senza titolo; oppure di un offerente la cui offerta sia stata ritenuta irrituale, o ancora di un aggiudicatario del bene all'esito della procedura di vendita.
Altra importante novità introdotta, per effetto della ancora recente riforma, riguarda la introduzione di un termine per proporre l'anzidetto reclamo contro gli atti del professionista delegato, in precedenza non previsto. Viene ora sancito un termine perentorio di venti giorni dal compimento dell'atto, ovvero dalla sua conoscenza, entro il quale deve essere proposto il reclamo contro gli atti del delegato.
Ciò comporta che gli atti del delegato, ove non tempestivamente opposti, tendano a stabilizzarsi, con l'effetto che dovrebbe ritenersi preclusa la possibilità di porre gli eventuali vizi dai quali siano affetti tali atti a base dell'eventuale opposizione contro il decreto di trasferimento.
Il comma in questione non reca una espressa regolamentazione dell'iter procedimentale di tale reclamo.
Tuttavia, poiché il terzo comma della norma, del quale tra breve si accennerà, prevede espressamente che il reclamo in questione venga definito mediante ordinanza e tenuto altresì conto del potere attribuito al giudice dell'esecuzione di sospendere le operazioni di vendita, non pare dubbio che la definizione del reclamo presupponga la previa instaurazione del contraddittorio tra le parti e una interlocuzione con il professionista delegato, ferma restando la possibilità di adottare provvedimenti urgenti sulla sospensione o sulla prosecuzione delle operazioni di vendita nelle more della instaurazione del contraddittorio.
Eccoci, infine, giunti all'esame del terzo comma della norma, nella formulazione attualmente vigente: «sul reclamo di cui al secondo comma, il giudice dell'esecuzione provvede con ordinanza, avverso la quale è ammessa l'opposizione ai sensi dell'art. 617».
Un comma che introduce una importante novità rispetto alla previgente formulazione della norma, dal momento che viene ora esclusa la possibilità di proporre reclamo ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c. contro l'ordinanza resa dal giudice dell'esecuzione a definizione del reclamo proposto contro gli atti del professionista delegato, prevedendo quale unico rimedio l'opposizione di cui all'art. 617 c.p.c.
Pur in assenza di una espressa previsione in proposito, non pare dubbio che venendo in rilievo un provvedimento reso in corso di procedura, l'opposizione in questione debba essere formalizzata ai sensi del secondo comma dell'art. 617 c.p.c., ossia mediante deposito di ricorso nel fascicolo della procedura esecutiva.