Reclamo avverso gli atti dei professionisti delegati alle operazioni di vendita: teoria e prassi

07 Novembre 2025

Sebbene il rimedio offerto dall'art. 591-ter c.p.c. abbia costituito oggetto, nel corso degli ultimi anni, di diversi ed autorevoli approfondimenti, non è fuor di luogo soffermarsi ancora sulla disposizione in questione e sulle ricadute applicative della stessa, provando a soffermarsi su alcune ipotesi applicative di particolare interesse.

Il quadro normativo

Sebbene il rimedio offerto dall'art. 591-ter c.p.c. abbia costituito oggetto, nel corso degli ultimi anni, di diversi ed autorevoli approfondimenti, non è fuor di luogo soffermarsi ancora sulla disposizione in questione e sulle ricadute applicative della stessa, provando a soffermarsi su alcune ipotesi applicative di particolare interesse.

Vale la pena, allora, prendere le mosse dal contenuto del dato normativo, in particolare soffermando la propria attenzione sulle novità apportate al contenuto dell'art. 591-ter c.p.c. per effetto della Riforma Cartabia (d.lgs. n. 149/2022), per poi soffermarsi su alcune fattispecie ricorrenti nella prassi.

Viene in rilievo, innanzi tutto, una disposizione che, fin dalla sua prima introduzione, aveva la funzione, da un lato, di consentire al professionista delegato di sottoporre al giudice dell'esecuzione eventuali difficoltà emerse nel corso dell'attività delegata e, dall'altro, di garantire un tempestivo esame da parte del giudice dell'esecuzione in merito alle contestazioni sorte sull'operato del professionista delegato.

Di conseguenza, con il progressivo ampliarsi delle attività svolte dai professionisti delegati la norma è andata incontro ad una crescente applicazione nel corso delle procedure esecutive, imponendo anche, nel corso degli anni, alcuni correttivi alla originaria disciplina dettata dal legislatore.

La formulazione della norma attualmente vigente, che trova applicazione con riferimento alle procedure avviate successivamente al 28 febbraio 2023, è quella introdotta per effetto del d.lgs. n. 149/2022: tale modifica del contenuto della norma si è imposta al fine di porre rimedio ad alcune evidenti criticità manifestate dalla precedente formulazione della stessa, a sua volta scaturita all'esito della riforma introdotta dal d.l. n. 83/2015, convertito con modificazioni in l. n. 132/2015. La norma, per effetto della recente riforma, è passata dall'unico comma che in precedenza ne integrava il contenuto, ai tre commi che attualmente si rinvengono all'interno dell'art. 591-ter c.p.c.

L'esame del contenuto della norma 

Il primo comma della norma, nella formulazione attualmente vigente, sancisce che «quando, nel corso delle operazioni di vendita, insorgono difficoltà, il professionista delegato può rivolgersi al giudice dell'esecuzione, il quale provvede con decreto».

Interessante, con riguardo alla formulazione di tale primo comma, segnalare come sia ravvisabile una assonanza con gli artt. 610 c.p.c. (in tema di esecuzione per rilascio) e 613 c.p.c. (in tema di esecuzione per obbligo di fare): in tutti i casi si fa riferimento a difficoltà nel corso di procedura e si individua nel giudice dell'esecuzione l'autorità chiamata a risolvere le medesime.

La disposizione appena citata fa riferimento a difficoltà emerse nel corso delle «operazioni di vendita»; non, dunque, nel corso delle attività antecedenti alla emissione della ordinanza di vendita, tanto più che solo con tale ordinanza hanno inizio le attività del professionista delegato.

La norma afferma che il professionista delegato «può» rivolgersi al giudice. Si tratta, tuttavia, di una espressione che forse volutamente lascia un margine di discrezionalità al professionista delegato: per un verso, potrebbe sostenersi che in presenza di difficoltà nello svolgimento dell'incarico, sia di carattere pratico, sia di natura giuridica, il ricorso al giudice dell'esecuzione sia obbligatorio, più che integrare una mera facoltà. Per altro verso, occorre sempre una attenta verifica circa la effettiva sussistenza di una difficoltà che imponga, ai fini della sua risoluzione, il ricorso al giudice dell'esecuzione (e così, in genere, l'ordinanza di delega è formulata in termini molto dettagliati, emergendo già da un'attenta lettura della stessa la risposta a molte delle problematiche che possono porsi in corso di procedura).

Quali le difficoltà alle quali fa riferimento la norma in questione? Come si accennava in precedenza, può trattarsi tanto di difficoltà di carattere materiale, quanto di difficoltà di natura giuridica.

A riguardo, basta consultare l'art. 591-bis c.p.c. e il contenuto delle diverse attività che vengono delegate al professionista sulla base di tale disposizione per individuare alcuni dei temi sui quali può incentrarsi il ricorso ai sensi dell'art. 591-ter c.p.c. da parte del delegato.

Sulle istanze del professionista delegato il giudice provvede con decreto: un provvedimento snello, dunque, che non presuppone la previa instaurazione del contraddittorio.

Il secondo comma della norma, nella formulazione vigente, prevede che «avverso gli atti del professionista delegato è ammesso reclamo delle parti e degli interessati, da proporre con ricorso al giudice dell'esecuzione nel termine perentorio di venti giorni dal compimento dell'atto o dalla sua conoscenza. Il ricorso non sospende le operazioni di vendita, salvo che il giudice dell'esecuzione, concorrendo gravi motivi, disponga la sospensione».

Rispetto alla precedente versione della norma (quella vigente fino alle novità apportate dalla Riforma Cartabia) non risulta più compreso tra gli atti impugnabili con il reclamo ex art. 591-ter c.p.c. il decreto reso dal giudice dell'esecuzione sulla istanza del delegato (a riguardo, pare potersi ritenere – sebbene tale interpretazione non incontri il favore unanime della dottrina - che in assenza di un rimedio tipico contro tale provvedimento, permanga la possibilità di formalizzare contro lo stesso l'opposizione di cui all'art. 617, comma 2, c.p.c.).

Resta, invece, la possibilità di dolersi, con reclamo al giudice dell'esecuzione, degli atti svolti nel corso della propria attività dal professionista delegato.

Quanto alla legittimazione a proporre tale rimedio, non sorgono particolari problemi allorché si tratti di una delle parti (sia esso il procedente, l'intervenuto, l'esecutato). Meno agevole è individuare chi siano gli altri «interessati» ai quali fa riferimento la disposizione in esame: potrebbe trattarsi, ad esempio, dell'occupante dell'immobile pignorato, con o senza titolo; oppure di un offerente la cui offerta sia stata ritenuta irrituale, o ancora di un aggiudicatario del bene all'esito della procedura di vendita.

Altra importante novità introdotta, per effetto della ancora recente riforma, riguarda la introduzione di un termine per proporre l'anzidetto reclamo contro gli atti del professionista delegato, in precedenza non previsto. Viene ora sancito un termine perentorio di venti giorni dal compimento dell'atto, ovvero dalla sua conoscenza, entro il quale deve essere proposto il reclamo contro gli atti del delegato.

Ciò comporta che gli atti del delegato, ove non tempestivamente opposti, tendano a stabilizzarsi, con l'effetto che dovrebbe ritenersi preclusa la possibilità di porre gli eventuali vizi dai quali siano affetti tali atti a base dell'eventuale opposizione contro il decreto di trasferimento.

Il comma in questione non reca una espressa regolamentazione dell'iter procedimentale di tale reclamo.

Tuttavia, poiché il terzo comma della norma, del quale tra breve si accennerà, prevede espressamente che il reclamo in questione venga definito mediante ordinanza e tenuto altresì conto del potere attribuito al giudice dell'esecuzione di sospendere le operazioni di vendita, non pare dubbio che la definizione del reclamo presupponga la previa instaurazione del contraddittorio tra le parti e una interlocuzione con il professionista delegato, ferma restando la possibilità di adottare provvedimenti urgenti sulla sospensione o sulla prosecuzione delle operazioni di vendita nelle more della instaurazione del contraddittorio.

Eccoci, infine, giunti all'esame del terzo comma della norma, nella formulazione attualmente vigente: «sul reclamo di cui al secondo comma, il giudice dell'esecuzione provvede con ordinanza, avverso la quale è ammessa l'opposizione ai sensi dell'art. 617».

Un comma che introduce una importante novità rispetto alla previgente formulazione della norma, dal momento che viene ora esclusa la possibilità di proporre reclamo ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c. contro l'ordinanza resa dal giudice dell'esecuzione a definizione del reclamo proposto contro gli atti del professionista delegato, prevedendo quale unico rimedio l'opposizione di cui all'art. 617 c.p.c.

Pur in assenza di una espressa previsione in proposito, non pare dubbio che venendo in rilievo un provvedimento reso in corso di procedura, l'opposizione in questione debba essere formalizzata ai sensi del secondo comma dell'art. 617 c.p.c., ossia mediante deposito di ricorso nel fascicolo della procedura esecutiva.

Alcuni casi ricorrenti nella prassi degli uffici giudiziari

Come si accennava in precedenza, è potenzialmente molto esteso l'ambito di operatività dell'art. 591-ter c.p.c., il quale, per un verso, disciplina la forma attraverso la quale il professionista delegato può rivolgersi al giudice dell'esecuzione per risolvere difficoltà emerse nello svolgimento dell'attività delegata, per altro verso, disciplina la possibilità per le parti e per gli eventuali altri interessati di dolersi del contenuto degli atti del professionista delegato.

Tuttavia, non sempre è agevole individuare l'effettivo ambito di utilizzo del rimedio in questione: specie sotto la previgente formulazione dell'art. 591-ter c.p.c. (quella anteriore alle modifiche apportate per effetto del d.lgs. n. 149/2022), si poneva sovente il problema se i vizi ravvisabili negli atti del delegato fossero suscettibili di immediato reclamo ai sensi dell'art. 591-ter c.p.c., oppure dovessero essere fatti valere impugnando il primo atto del giudice dell'esecuzione che recepiva tali atti (si soffermavano su tali aspetti Cass. civ. 28 febbraio 2023, n. 6083 e Cass. civ. 27 dicembre 2023, n. 36081).

Rispetto a tale difficoltà, la novellata formulazione dell'art. 591-ter c.p.c. pone, come si osservava in precedenza, un indubbio elemento di novità, dal momento che impone di far valere gli eventuali vizi dai quali risulti affetto l'atto del delegato entro venti giorni dal compimento dell'atto o dalla sua conoscenza; circostanza, questa, che potrebbe indurre a ritenere che in mancanza di tempestiva contestazione, non sia più possibile far valere i medesimi mediante, ad esempio, l'opposizione agli atti esecutivi contro il decreto di trasferimento che recepisca tali atti.

Frequente, così, volendo soffermarsi su alcuni casi maggiormente ricorrenti di reclamo proposto ai sensi dell'art. 591-ter, comma 2, c.p.c., è il caso di un offerente che si dolga della propria esclusione dalla procedura di vendita. E' il caso, ad esempio, trattato nel provvedimento del Tribunale di Brindisi del 27 marzo 2025 (rinvenibile in Ius Processo civile): in quel caso, il partecipante alla gara si doleva del mancato funzionamento del servizio di assistenza previsto nello svolgimento dell'asta telematica, instando per la sospensione della vendita. Ma non è infrequente anche il caso di reclamo proposto ai sensi dell'art. 591-ter c.p.c. dall'offerente che sia stato escluso dall'asta perché l'offerta dallo stesso presentata mancava di taluno dei requisiti previsti nella ordinanza di vendita.

Sovente viene formalizzata ai sensi dell'art. 591-ter, comma 1, c.p.c. l'istanza del professionista delegato che rappresenti il mancato versamento della provvista necessaria per gli adempimenti pubblicitari di cui agli artt. 490, commi 2 e 3, c.p.c., allorché tale adempimento sia espressamente previsto nella ordinanza di vendita; così come, talvolta, una istanza ai sensi del primo comma dell'art. 591-ter c.p.c. viene formalizzata dal professionista delegato per rappresentare al giudice la presenza, fra i titoli posti a base del pignoramento o di un atto di intervento, di un decreto ingiuntivo non opposto in relazione al quale possano trovare applicazione le indicazioni fornite della Cassazione a Sezioni Unite con la nota pronuncia n. 9479/2023.

Non di rado, poi, ad essere oggetto di reclamo ai sensi del secondo comma dell'art. 591-ter c.p.c. è la stessa aggiudicazione del bene pronunciata dal professionista delegato all'esito del positivo svolgimento dell'esperimento di vendita. A riguardo, un caso particolare che può verificarsi è quello in cui sia lo stesso aggiudicatario a chiedere la revoca dell'aggiudicazione, ad esempio per la mancata conformità dell'immobile oggetto di aggiudicazione alle risultanze evincibili dalla ordinanza di delega e dalla perizia estimativa nella stessa richiamata (è il caso esaminato da R. Metafora, La latitudine della nozione di aliud pro alio nell'ambito del subprocedimento di vendita forzata, in IUS Processo civile (ius.giuffrefl.it): in particolare in tale nota si prende in considerazione il caso di un provvedimento reso ai sensi dell'art. 591-ter c.p.c. a definizione di un reclamo proposto dall'aggiudicatario che contestava come il bene oggetto di aggiudicazione costituisse ipotesi di aliud pro alio).

Si tratta, all'evidenza, di una elencazione solo esemplificativa, finalizzata però a dare conto della varietà e della molteplicità degli ambiti di applicazione dell'art. 591-ter c.p.c.

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