Demolizione del manufatto abusivo su area cortilizia condominiale: l'utilizzo dell’intelligenza artificiale nella soluzione di casi pratici
07 Novembre 2025
Lo scopo della presente trattazione è quella di fornire agli utenti un primo approccio della soluzione di un caso pratico con l'integrazione dell'intelligenza artificiale (d'ora in poi, breviter, solo IA). L'obbiettivo di questa sperimentazione rappresenta un esempio di come l'IA, se ben integrata con l'esperienza e la supervisione di un professionista, possa contribuire in modo efficace all'approfondimento della materia, evitando, al contempo, il rischio di derive formalistiche o riduttive nell'applicazione del diritto.
Il caso pratico Nella vicenda in esame (Trib. Roma 21 ottobre 2025, n. 14580), Tizia, in qualità proprietaria dell'unità immobiliare sita al piano terra dell'edificio, conveniva in giudizio il condominio e l'altro condomino Caio chiedendo la condanna dei convenuti (e del terzo Mevio) alla demolizione di un fabbricato adibito a garage – edificato su un cortile condominiale da Caio, ma utilizzato anche dall'altro condomino Mevio – in quanto realizzato abusivamente senza alcuna autorizzazione amministrativa. Inoltre, secondo Tizia, il manufatto in esame comportava pregiudizi per il pari uso del cortile condominiale, per il decoro architettonico dell'edificio e per la piena fruizione dell'unità immobiliare di proprietà esclusiva dell'attrice stante l'esigua distanza del manufatto dalle finestre di tale unità. La questione giuridica In presenza di un manufatto abusivo realizzato su un'area comune, invocando la violazione dell'art. 1102 c.c., i condomini possono ottenere la demolizione dell'opera priva di titolo edilizio? Il ragionamento del magistrato Preliminarmente, il giudice ha ritenuto che il condominio difettasse di legittimazione passiva in quanto l'attrice non aveva dedotto una specifica responsabilità per l'avvenuta erezione del fabbricato in oggetto e, difatti, le doglianze erano rivolte nei personali confronti dell'amministratore. Inoltre, difettava di legittimazione passiva anche di Mevio (terzo chiamato), poiché la stessa attrice aveva sostenuto che il fabbricato fosse stato edificato abusivamente solo da Caio, il quale risultava destinatario dell'ordine di demolizione in sede amministrativa; pertanto, in questa sede, non assumeva rilievo giuridico la mera circostanza che lo stesso fosse stato anche utilizzato di fatto da Mevio. Premesso ciò, quanto al merito della vicenda, la domanda di demolizione è stata accolta solo nei confronti di Caio; in questo contesto giuridico, però, il Tribunale ha sottolineato la differenza degli aspetti di natura urbanistica e condominiale. Quanto al primo aspetto urbanistico, il giudicante ha ritenuto “l'irrilevanza delle irregolarità urbanistiche del manufatto”. Invero, l'art. 31 d.P.R. n. 380/2001, in base al quale l'esecuzione di interventi edilizi in assenza del permesso comporta l'ordine demolitorio da parte dell'autorità comunale, opera solo ai fini della repressione dell'illecito esclusivamente nel rapporto pubblicistico tra proprietario e responsabile dell'abuso e, invece, non assegna pertanto al condomino un diritto al ripristino del bene nei confronti di altro condomino; sicché, l'attrice, nel caso in oggetto, non poteva conseguire la demolizione dei beni a servizio dei convenuti soltanto perché non in regola con la normativa urbanistica. Difatti, l'assenza del titolo abilitativo per la edificazione di un'opera è questione pubblicistica che può essere vagliata solo dal giudice amministrativo, unico legittimato a sanzionare il responsabile con l'ordine demolitorio e la riduzione in pristino. Quanto agli aspetti legati al condominio, invece, il Tribunale ha confermato che la realizzazione del fabbricato comportava la violazione dei limiti imposti dall'art. 1102 c.c. in materia di uso legittimo della cosa comune. Difatti, come emerso dall'istruttoria di causa, sussisteva una violazione in quanto il manufatto aveva un consistente ingombro – di ben 85 mq – e risultava pacificamente costruito su area cortilizia di proprietà e, di conseguenza, era stata alterata l'originaria destinazione con conseguente impedimento dell'attrice al pari uso della stessa. In conclusione, in parziale accoglimento della domanda, il Tribunale ha condannato Caio alla rimozione del fabbricato in oggetto. Dopo aver sottoposto il provvedimento all'IA, con prompt ben definiti sulla problematica del caso in esame, l'IA ha fornito il suo ragionamento con aspetti obbiettivi e critici. Una delle prime difficoltà emerse riguarda la corretta individuazione della legittimazione passiva dei convenuti: la sentenza distingue chiaramente tra il costruttore del manufatto (Caio), l'utilizzatore (Mevio) e il condominio, escludendo la responsabilità di questi ultimi due. Tuttavia, per un'intelligenza artificiale, la nozione di legittimazione passiva non è sempre agevole da applicare, soprattutto, quando si basa su elementi fattuali e relazioni giuridiche non esplicitamente codificate. Nel caso in esame, Mevio utilizza il garage, ma non lo ha costruito; il condominio, invece, è il proprietario dell'area, ma non ha autorizzato formalmente l'opera. Queste sfumature richiedono una valutazione del nesso causale tra condotta e danno, la quale non può essere dedotta solo dalla titolarità o dall'uso materiale. L'IA tende a considerare la responsabilità in modo binario: chi usa o beneficia è responsabile, ma il diritto civile impone una verifica più sottile, basata su atti dispositivi, autorizzazioni implicite, tolleranze e omissioni, sicché senza una chiara codificazione, l'IA può sovrastimare o sottostimare la responsabilità di soggetti coinvolti. Oltre a ciò, l'IA effettua le seguenti considerazioni.
Le considerazioni del professionista La sentenza del Tribunale di Roma affronta il conflitto tra condomini generato dalla realizzazione abusiva di un manufatto adibito a garage su un'area cortilizia comune e, quindi, un caso di demolizione e risarcimento danni promossa da una condomina contro il condominio e due altri condomini. L'IA applica una duplice lente interpretativa: da una parte, il richiamo alla competenza amministrativa in tema urbanistico (che esclude l'automatica conversione del controllo amministrativo in diritto soggettivo del condomino); dall'altra, la tutela privatistica fondata sull'art. 1102 c.c. Invero, quando la costruzione su area comune impedisce il pari uso, il singolo condomino subisce una lesione di diritti soggettivi opponibili in sede civile, di conseguenza, l'IA ritiene le conclusioni del Tribunale coerenti con la condanna alla demolizione nei confronti del reale autore. In particolare, un passaggio cruciale del ragionamento è l'affermazione dell'irrilevanza della dedotta irregolarità urbanistica del manufatto in sede civile e, difatti, richiamando l'art. 31 d.P.R. n. 380/2001, il Tribunale romano specifica che l'ordine demolitorio in base a tale norma opera esclusivamente nel rapporto pubblicistico tra il responsabile dell'abuso e l'amministrazione, sicché il giudice civile non può disporre la demolizione di un'opera nei confronti di un condomino solo perché non in regola con la normativa urbanistica: l'assenza del titolo abilitativo è una questione pubblicistica di competenza del giudice amministrativo, il quale (nel caso di specie) aveva peraltro già emesso un ordine demolitorio. In tal senso, l'IA pur separando la tutela prevista dal d.P.R. n. 380/2001 e quella ex art. 1102 c.c., tuttavia, ritiene che la vera riflessione per l'operatore del diritto risiede proprio nell'interferenza tra le due tutele. Per meglio dire, il punto non è solo l'impedimento al pari uso, ma che tale impedimento è causato da un'opera che non sarebbe mai dovuta esistere e, in tal senso, l'IA si limita a seguire il percorso del giudice senza interrogarsi sul perché la tutela civile debba prescindere da quella amministrativa in questo contesto. Dunque, l'analisi del provvedimento da parte dell'IA, sebbene efficiente nella sua capacità di estrarre e sintetizzare informazioni, ha rivelato alcune intrinseche criticità e difficoltà che meritano un'argomentazione approfondita, offrendo osservazioni critiche sulle attuali capacità di un'IA nel campo giuridico e, in particolare, nel contesto del mondo condominiale. La tutela urbanistica in condominio In caso di abusivismo edilizio, a volte, è difficile capire le porzioni di responsabilità tra proprietario dell'immobile e condominio, soprattutto, quando gli illeciti riguardano, appunto, parti comuni dell'edificio. In argomento, come indicato dall'art. 31, comma 2, d.P.R. n. 380/2001, la demolizione delle opere abusivamente realizzate deve essere ingiunta dal Comune solamente al “proprietario e al responsabile dell'abuso”. Premesso ciò, in materia condominiale, secondo un orientamento, in caso di abuso edilizio su aree comuni del condominio, l'amministrazione comunale può e deve notificare gli eventuali provvedimenti di disciplina edilizia all'amministratore condominiale; invece, laddove detti abusi riguardino aree non di proprietà comune dei condomini, le misure ripristinatorie devono essere ingiunte ai singoli condomini (TAR Lazio 29 gennaio 2025, n. 1923; TAR Campania 28 febbraio 2022, n. 1207). Altro orientamento, invece, ritiene che anche ove gli abusi risultino realizzati su parti comuni, l'ordinanza di ripristino non può essere rivolta all'amministratore pro tempore del condominio, ma deve essere indirizzata “esclusivamente” nei confronti dei singoli condomini, in quanto unici comproprietari delle stesse (TAR Lazio 18 maggio 2022, n. 6276; TAR Lombardia 5 dicembre 2016, n. 2302). Contrasto fra la disciplina sulle distanze legali e le norme sulla comunione Le norme sulle distanze, rivolte fondamentalmente a regolare con carattere di reciprocità i rapporti fra proprietà individuali, contigue e separate, sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, purché siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, cioè quando l'applicazione di quest'ultime non sia in contrasto con le prime; nell'ipotesi di contrasto, la prevalenza della norma speciale in materia di condominio determina l'inapplicabilità della disciplina generale sulla proprietà, quando i diritti o le facoltà da questa previsti siano compressi o limitati per effetto dei poteri legittimamente esercitati dal condomino secondo i parametri previsti dall'art. 1102 c.c. Inoltre, nell'ipotesi di contrasto, la prevalenza della norma speciale in materia di condominio determina l'inapplicabilità della disciplina generale sulle distanze che, nel condominio degli edifici e nei rapporti tra singolo condomino e condominio, è in rapporto di subordinazione rispetto alla prima. Pertanto, (solo) ove il giudice constati il rispetto dei limiti di cui all'art. 1102 c.c., deve ritenersi legittima l'opera realizzata anche senza il rispetto delle norme dettate per regolare i rapporti tra proprietà contigue, sempre che venga rispettata la struttura dell'edificio condominiale (Cass. civ., sez. II, 15 giugno 2017, n. 14916). La rimozione del manufatto in condominio La nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio, ma si estende a qualsiasi manufatto non completamente interrato avente i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso a un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell'opera stessa. Premesso ciò, le modificazioni apportabili alla cosa comune in forza dell'art. 1102 c.c. possono costituire anche un'innovazione, nell'accezione tecnico giuridica di cui all'art. 1120 c.c. ed in tal caso sono consentite anche al singolo condomino o ad un gruppo di condomini se non alterano la destinazione e non impediscono il pari uso della cosa comune agli altri partecipanti al condominio (Trib. Roma 11 giugno 2020, n. 8452). Pertanto, qualora il proprietario di un'unità immobiliare agisca in giudizio per ottenere l'ordine di rimozione di un manufatto realizzato sulle parti comuni, il superamento dei limiti del pari uso della cosa comune, di cui all'art. 1102 c.c., che impedisce la modifica apportata alla stessa da un singolo condomino, si configura come un fatto costitutivo che deve essere provato dallo stesso comproprietario attore; invece, la deduzione, da parte del convenuto, della legittimità della modifica costituisce un'eccezione in senso improprio, che, rilevabile dal giudice anche d'ufficio, non comporta alcun onere probatorio a carico del convenuto medesimo (Cass. civ., sez. VI, 22 febbraio 2022, n. 5809). Riferimenti Tarantino, Intelligenza artificiale: applicazioni innovative in condominio, in IUS Condominioelocazione.it, 28 aprile 2025. |