Ristrutturazione dei debiti del consumatore e ludopatia
11 Novembre 2025
Il caso Chiamata a pronunciarsi, in sede di reclamo, sull’omologazione di un piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore presentato ai sensi degli articoli 67 e seguenti del Codice della crisi, la Corte d’Appello di Caltanissetta ha ribaltato la precedente decisione del Tribunale di Gela, impugnata da uno dei creditori: se il Tribunale aveva omologato il piano ritenendo sussistenti tutte le condizioni, la Corte d’Appello ha viceversa escluso la sussistenza del requisito della meritevolezza, negando quindi l’omologazione. Non che il Tribunale non avesse valutato a sua volta il profilo della meritevolezza. Al contrario: come la Corte stessa dà atto, vi si era soffermato specificamente, ma per giungere a conclusioni diverse rispetto a quelle raggiunte dalla Corte. Il problema riguardava in particolare la ludopatia del consumatore, il quale risultava essere stato in cura presso il Dipartimento di salute mentale della sua città di residenza, aver seguìto un programma terapeutico e riabilitativo ed essere infine guarito: ed è proprio in virtù di questa ludopatia, diagnosticata e curata, che il Tribunale aveva escluso qualunque ipotesi di dolo o colpa nell’indebitamento, ritenendo appunto che proprio la ludopatia ne fosse stata la causa. Se il consumatore si era sovraindebitato, insomma, non era per colpa propria, ma per colpa di una patologia che superava la sua responsabilità. La soluzione giuridica La Corte d’Appello, da parte sua, non ha condiviso tale visione delle cose: non ha escluso la sussistenza di una situazione patologica (anche perché, in quanto documentale, non avrebbe potuto escluderla neppure volendo), ma ha ritenuto tale situazione insufficiente a fondare un giudizio di meritevolezza, o comunque irrilevante a tal fine. Il punto, ha osservato la Corte, è che l’accertamento delle condizioni di ammissibilità della procedura destinata al consumatore sovraindebitato va compiuto in modo particolarmente «rigoroso e pregnante», perché tale accertamento rappresenta «l’unico contrappeso» alla mancanza di meccanismi di voto da cui la procedura del consumatore è caratterizzata: e nel caso di specie l’esame compiuto dal Tribunale sarebbe stato, secondo la Corte, tutt’altro che «rigoroso e pregnante». Per l’esattezza, sarebbe stato «del tutto carente». Perché il fatto che il consumatore fosse dipendente da ludopatia e si fosse sottoposto a trattamenti «non basta», di per sé, «a concretizzare» un giudizio di meritevolezza, «in quanto condotta ex post che nulla dice circa la sussistenza della di lui colpa grave nella causazione dello stato di insolvenza». Ancora più nello specifico, la Corte ha imputato: al Tribunale, da un lato, di non aver neppure «approssimativamente» indicato «l’epoca dell’insorgenza degli inadempimenti con riferimento ai diversi contratti di finanziamento stipulati»; al debitore reclamato, da un altro lato, di non aver a sua volta «assolto all’onere di allegazione e prova posto a suo carico, con riferimento all’assenza di colpa grave, malafede o frode nella determinazione del sovraindebitamento, stante l’omessa dimostrazione del ricorso al credito per la soddisfazione di primarie esigenze di vita personale e familiare». In definitiva, la condotta del consumatore è stata ritenuta, se non dolosa, quantomeno connotata da una «assoluta irragionevolezza»: e quindi «tale da configurare la condizione soggettiva ostativa all’omologa del piano». Osservazioni La collocazione del provvedimento all’interno degli orientamenti generali A prima vista i provvedimenti del Tribunale e della Corte sembrerebbero ascrivibili a due diversi e contrapposti orientamenti: di maggior apertura e favore nei confronti del consumatore, il primo; di chiusura e quasi di censura, il secondo. Esiste, in effetti, un orientamento favorevole a concedere l’apertura della procedura al consumatore che dimostri la propria ludopatia, clinicamente accertata: ed è questo l’orientamento nel quale il provvedimento del Tribunale senz’altro va inscritto. Così come esistono orientamenti più severi, quasi al di là del dettato letterale delle norme, ai quali sembrerebbe invece essersi ispirata la Corte: d’altronde è vero che le norme escludono l’accesso alla procedura solo in caso di dolo, frode o colpa grave e non anche in caso di colpa lieve, ma è altrettanto vero che tutto dipende dal contenuto che si ritenga di dare ai concetti di “colpa grave” e “colpa lieve”. Quando la colpa è “grave”? Quando, invece, può essere definita “lieve”? Il soggetto che si sia indebitato (o meglio: sovraindebitato) per via della propria ludopatia è comunque “colpevole”? E se lo è, se può essere considerato tale, lo è lievemente o gravemente? Oppure, peggio ancora: va considerato in mala fede? Il suo comportamento può essere valutato come doloso o ingannevole? Ma i due provvedimenti, quello del Tribunale e quello della Corte, sono contrapposti solo all’apparenza: nella realtà, non lo sono per niente. Se guardiamo bene, infatti, la Corte non è entrata nel merito della ludopatia: non ha escluso che la ludopatia, in quanto tale, possa anche giustificare un giudizio di meritevolezza rispetto all’accesso alla ristrutturazione dei debiti del consumatore. Anzi: a dirla tutta, il fatto che abbia qualificato il comportamento del debitore come un comportamento connotato da «assoluta irragionevolezza» depone quantomeno nel senso di un’esclusione della mala fede. Se parliamo di “irragionevolezza”, siamo per definizione nel campo della colpa, e non del dolo: e quindi potremmo tutt’al più sostenere che la Corte abbia voluto ricondurre la ludopatia alla colpa grave, anziché alla colpa lieve. Ma non è neppure questo: la Corte ha negato l’omologazione del piano presentato dal consumatore non perché la richiesta di accesso alla procedura fosse fondata sulla ludopatia, ma perché ha ritenuto sfornito di prova il fatto che, nel caso di specie, proprio la ludopatia fosse la causa del sovraindebitamento. Al consumatore la Corte ha imputato di non averlo dimostrato; al Tribunale, per così dire, di non essersi più di tanto posto il problema, contravvenendo così a quel dovere di “rigore e pregnanza” nella valutazione del comportamento tenuto dal debitore, che la Corte stessa ha voluto sottolineare come principio fondamentale. Al tempo stesso, non si può neppure dire che il Tribunale sia stato mosso da un criterio diverso, come se avesse ritenuto che la valutazione non debba essere “rigorosa e pregnante”: più semplicemente, la Corte non ha condiviso il modo in cui tale principio era stato applicato in concreto. La questione, in definitiva, è stata risolta dalla Corte in altro modo rispetto al modo in cui l’aveva risolta il Tribunale solo in virtù di una diversa valutazione delle risultanze di causa, e non in applicazione di altri princìpi, né per volontà di adesione ad altri orientamenti rispetto a quelli ai quali può comunque essere ascritto il provvedimento del Tribunale. Da questo punto di vista, la Corte non ha voluto sconfessare quegli orientamenti: ha solo voluto invitare al massimo rigore possibile, alla massima attenzione, alla massima prudenza. Conclusioni Del resto, al di là di tutte le possibili singole cause di sovraindebitamento in concreto, dobbiamo dare atto dell’esistenza di una certa tendenza giurisprudenziale a ritenere che il concetto di “meritevolezza” – sottinteso da quella norma che richiede al consumatore che voglia accedere alla ristrutturazione dei debiti di dimostrare di non aver “determinato la propria situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode” – debba essere valutato secondo criteri molto rigorosi: perfino più rigorosi di quelli che un tempo governavano l’accesso al concordato preventivo (quando anche il concordato preventivo, prima delle riforme, prevedeva il requisito della “meritevolezza”), nel senso di apparire fondati su concezioni morali ed etiche più di quanto non lo fossero quelli che si erano infine affermati in relazione al concordato (più laici e liberali). E qui il dubbio sarebbe quantomeno lecito: il dubbio se questo orientamento di estremo rigore morale sia davvero il più rispondente al senso delle nuove norme sul sovraindebitamento. Ma questo è un altro discorso, sul quale chi scrive ha già avuto modo di intrattenersi in passato (su questa stessa rivista, 19 febbraio 2025). |