Funzione, doveri e responsabilità dei sindaci di società di capitali

17 Novembre 2025

La pronuncia in esame affronta il tema della funzione dell'organo di controllo nelle società di capitali con particolare interesse alla comprensione del reale obbligo di accertamento dei fatti societari a carico dei sindaci; nel dettaglio del caso concreto, la Suprema Corte analizza il fenomeno della compensazione del credito del socio con altro rapporto giuridico di credito della società a seguito della decisione di aumento a pagamento del capitale sociale. La Corte, infine, si sofferma sull'accertamento e sulla corretta qualificazione della responsabilità dei sindaci.

Massima

I doveri di controllo del collegio sindacale, chiamato a vigilare con professionalità e indipendenza sull'adeguatezza, razionalità e legalità della complessiva organizzazione e gestione della società sono delineati dall'art. 2403 c.c. con particolare ampiezza, estendendosi a tutta l'attività sociale, non solo nell'interesse dei soci ma anche di quello concorrente dei creditori sociali. Tali doveri non si esauriscono nel mero e formale controllo sulla documentazione messa a disposizione dagli amministratori essendo conferito ai sindaci il potere-dovere di chiedere notizie sull'andamento generale e su specifiche operazioni, quando queste possono suscitare perplessità, per le modalità delle loro scelte o della loro esecuzione.

Il caso

Secondo l'accertamento dei giudici di secondo grado i componenti del collegio sindacale di una società di capitali, poi fallita, erano incorsi nella violazione dell'obbligo di verifica dell'operazione di versamento della quota di aumento di capitale sottoscritta da uno dei soci attraverso la compensazione con la somma di euro 1.040.000 oggetto di accollo da parte di quest'ultima del corrispettivo della vendita di un immobile (capannone), divenuta inefficace in quanto l'alienante non era il legittimo proprietario.

Ai sindaci veniva imputato l'omessa analisi della regolarità, sostanziale e non solo formale, dell'imputazione a capitale del socio mediante la verifica della effettiva esecuzione da parte di quest'ultima degli impegni assunti con l'accollo del debito del terzo verso la società venditrice del capannone.

Si evidenziava che il corretto adempimento da parte dei sindaci degli obblighi di controllo e di verifica dei fatti avrebbe consentito all'amministratore in carica o, se del caso, a quello nominato dal Tribunale ex art. 2409 c.c., di agire tempestivamente nei confronti della società per l'adempimento dell'obbligazione gravante sulla stessa per la sottoscrizione del capitale.

Le questioni

Analizziamo ora le questioni affrontate dalla Suprema Corte e le motivazioni della decisione: i giudici rilevano, ex lege, che compito essenziale dei sindaci è di verificare il rispetto dei principi di corretta amministrazione, che la riforma ha esplicitato e che già in precedenza potevano ricondursi all'obbligo di vigilare sul rispetto della legge e dell'atto costitutivo, secondo la diligenza professionale ex art. 1176 c.c.

In particolare, dovere del collegio sindacale è di controllare in ogni tempo che gli amministratori compiano la scelta gestoria nel rispetto di tutte le regole che disciplinano il corretto procedimento decisionale, alla stregua delle circostanze del caso concreto. La Suprema Corte ricorda come, tra i principi di corretta amministrazione, assume rilievo il dovere degli amministratori di salvaguardare l'integrità del patrimonio sociale, quale garanzia generica delle obbligazioni verso terzi ex art. 2740 c.c. con la conseguenza che l'azione di sorveglianza del collegio sindacale deve esplicarsi con riferimento alle decisioni e alla attività gestionale che possono arrecare danno al patrimonio (cfr. Cass. 18770/2019).

Si precisa altresì che la configurabilità dell'inosservanza del dovere di vigilanza imposto ai sindaci dall'art. 2407, comma 2, c.c. non richiede l'individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, essendo sufficiente che gli stessi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o, comunque, non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l'incarico con diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente anche segnalando all'assemblea dei soci le irregolarità di gestione riscontrate o denunciando i fatti al pubblico ministero per consentirgli di provvedere, ove possibile, ai sensi dell'art. 2409 c.c. (cfr. Cass. n. 32397 / 2019, 16314 / 2017 e 13517 /2014).

Nello specifico della causa oggetto di commento, viene rilevato come i sindaci abbiamo l'obbligo di controllo di operazioni di compensazione del credito di soci verso la società in quanto è ricavabile l'obbligo dell'organo di analizzare e verificare la effettiva regolarità, non solo formale ma sostanziale, dell'imputazione a capitale del credito del socio verso la società inizialmente precostituito come accollo di un inesistente debito della società e successivamente convertito contabilmente in un debito verso soci per finanziamento.

Sul punto, sia la dottrina che la giurisprudenza (tra le varie, si segnalano le sentenze: Cass. n. 32397 / 2019, 16314 / 2017 e 13517 /2014) affermano, in modo costante, che ai sindaci possa essere addebitato uno specifico profilo di inadempimento ai doveri di diligenza professionale previsti dalla legge consistente nel non avere verificato, limitandosi all'esame del dato formale e contabile, la documentazione sottostante l'operazione contabile, nella specie di versamento del capitale sociale incrementato, per come attuata mediante liberazione dall'esecuzione dell'obbligo da parte del socio di corrispondere alla società il valore dell'aumento di capitale sottoscritto con la compensazione dei crediti. Si è, quindi, al cospetto di condotte di omesso controllo, che non facendo emergere il mancato effettivo versamento del capitale sottoscritto al di là di quanto riportato dal bilancio, appaiono confliggenti con il principio, espressamente menzionato dall'art. 2403 c.c., di corretta amministrazione.

Altro profilo di rilievo nel commento della sentenza degli Ermellini è quello in tema di accertamento e qualificazione della responsabilità civile dei sindaci. In particolare, si argomenta, correttamente, come la responsabilità del sindaco, atteggiandosi come concorso omissivo nel fatto illecito altrui, richieda la prova di tutti gli elementi costitutivi del giudizio di responsabilità. La Corte rileva la necessità: (i) dell'inerzia del sindaco rispetto ai propri doveri di controllo; (ii) dell'evento da associare alla conseguenza pregiudizievole derivante dalla condotta dell'amministratore; (iii) del nesso causale, da considerare esistente ove il regolare svolgimento dell'attività di controllo del sindaco avrebbe potuto impedire o limitare il danno (in tal senso, cfr. Cass. 28357/2020).

La Suprema Corte ribadisce che il nesso teleologico, in particolare, debba essere provato da chi agisce in responsabilità nello specifico senso che l'omessa vigilanza sia stato causa del danno se, in base a un ragionamento controfattuale ipotetico, l'attivazione del controllo lo avrebbe ragionevolmente evitato (o limitato).

Osservazioni

Con la pronuncia in esame, La Suprema Corte chiarisce che il sindaco non risponde in modo automatico per ogni fatto dannoso che si sia determinato pendente societate, per una sorta di posizione generale di garanzia. Egli risponde ove sia possibile sostenere (e provare) che, se si fosse attivato utilmente (come suo dovere) in base ai poteri di vigilanza che l'ordinamento gli conferisce e alla diligenza che l'ordinamento pretende, il danno sarebbe stato evitato.

La sentenza presenta profili di interesse in merito al chiarimento che fornisce sul grado di controllo che il Collegio sindacale deve prevedere a favore della società: non basta limitarsi ad un controllo formale e cartaceo, dovendosi invece sempre procedere ad una indagine della singola e concreta fattispecie oggetto di criticità e contestazione.

Inoltre, la Corte rileva la necessità di accertare in concreto la responsabilità patrimoniale dei sindaci in quanto soggetti che avrebbero dovuto verificare e contrastare l'operato degli amministratori: si deve procedere per il tramite di un giudizio prognostico ex ante, capace di acclarare che il danno alla società (o a soci e terzi) non si sarebbe verificare laddove il sindaco (i.e., il Collegio sindacale) avesse correttamente e diligentemente controllato le attività rischiose o illecite dell'organo di amministrazione.

Conclusioni

La pronuncia in commento ha affrontato le tematiche dell'operato del Collegio sindacale, soffermandosi, in prima battuta, sulla qualificazione dell'attività di controllo e verifica dei sindaci di società di capitali e ricavando la corretta acquisizione per cui i sindaci devono entrare nella concretezza della singola attività o atto che risulti rischioso o illecito da parte degli amministratori. La Suprema Corte, poi, ribadisce la necessità – a livello processuale – che si dia la dimostrazione del nesso causale tra il danno patito e la condotta (omissiva) del sindaco. Infine, la sentenza torna ad affermare come l'accertamento di responsabilità del sindaco debba basarsi sul giudizio prognostico che riesca a verificare che il danno non si sarebbe potuto produrre in presenza di un valido controllo da parte dei sindaci.

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