Il deposito bancario nella prassi operativa

20 Novembre 2025

Il contributo offre una ricostruzione sistematica della disciplina del deposito bancario, illustrandone natura, funzione economica e principali ricadute operative. Sono esaminati gli obblighi restitutori, il regime prescrizionale, le diverse tipologie contrattuali (liberi, vincolati, a risparmio) e le relative implicazioni operative, incluse le regole probatorie, la pignorabilità del credito e la disciplina dei rapporti cointestati. L'analisi si estende al deposito titoli in amministrazione, contratto misto di custodia e mandato, con particolare attenzione agli obblighi dell'intermediario, alla ripartizione degli atti che richiedono istruzioni del cliente e agli effetti della dematerializzazione degli strumenti finanziari.

Nozione e inquadramento giuridico del deposito bancario

Il deposito bancario (artt. 1834-1838 c.c.) è una tipica operazione passiva della banca, finalizzata a raccogliere il denaro dei risparmiatori, che verrà successivamente impiegato dall'istituto di credito per la propria attività di finanziamento alle imprese e ai privati. La banca acquista la proprietà del denaro depositato (c.d. deposito irregolare) e si obbliga a restituire la somma ricevuta, alla scadenza pattuita ovvero a richiesta del depositante, maggiorata degli interessi concordati (la raccolta del risparmio rappresenta, dunque, un costo per la banca).

La natura del contratto di deposito bancario risulta controversa. Per taluni esso rientra nella categoria dei depositi c.d. irregolari, dalla quale si distinguerebbe per il solo fatto che il depositario è una banca; altri, pur riconoscendovi analogie con il deposito irregolare, propendono per accostarlo al mutuo; altri ancora vi intravedono un negozio complesso che, pur partecipando della struttura dell'uno e dell'altro contratto, è dotato di una propria autonomia.

Tale ultima tesi appare maggiormente condivisibile: se è vero che, come nel deposito irregolare, anche nel deposito bancario la consegna comporta l'acquisto in capo al depositario della proprietà della somma e il sorgere dell'obbligo di restituzione del tantundem, è altresì vero che quest'ultimo è costruito come un contratto d'impresa caratterizzato da profili speculativi, in cui l'interesse della banca alla raccolta e alla gestione del risparmio concorre con l'interesse del privato alla custodia e alla remuneratività della somma versata, cui si accompagna l'obbligo di restituzione del tantundem o di parte di esso nel corso del rapporto. Ancor più evidenti appaiono le differenze col mutuo, che non assicura la conservazione e la permanente disponibilità della somma, e con il deposito regolare, il cui oggetto principale è invece l'obbligo di custodia della res affidata (Cass. n. 23330/2019).

Caratteristiche, tipologie e profili contrattuali

 L'obbligo restitutorio della banca sorge, in mancanza di un termine convenzionale di scadenza del contratto, solo a seguito della richiesta del cliente, quale condizione di esigibilità del credito del medesimo; ne consegue che la prescrizione del diritto del depositante ad ottenere la restituzione delle somme depositate non inizia a decorrere prima che il cliente abbia richiesto la somma in restituzione, facendo sorgere il corrispondente obbligo della banca (Cass. n. 8998/2021; Cass. n. 14003/2018; Cass. n. 20761/2015).

Sui depositi di somme operati dal cliente e registrati sul libretto emesso dalla banca, gli interessi sono dovuti, in mancanza di specifica convenzione al riguardo, nella misura del saggio legale. Il credito vantato dal depositante, a titolo di interessi, si prescrive nel termine di cinque anni, che decorre dal giorno in cui gli interessi sono stati o avrebbero dovuto essere accreditati. Il termine prescrizionale per la restituzione delle somme depositate è di dieci anni. Per quanto concerne i depositi vincolati, il dies a quo coincide con la scadenza del termine. Nell'ipotesi di rinnovo automatico, la prescrizione inizia a decorrere dal momento del rifiuto, espresso o tacito, a ottenere il rimborso.

I depositi si distinguono: a) secondo lo scopo perseguito dal depositante: depositi liberi o a vista e depositi vincolati o a tempo; b) secondo l'elemento documentale: depositi ordinari e depositi a risparmio rappresentati da libretti o da documenti di conto corrente.

Il deposito vincolato rappresenta una forma di investimento per il depositante, in quanto, grazie al vincolo temporale, è previsto un tasso di interesse più elevato rispetto ai depositi rimborsabili a vista. È evidente che le somme così vincolate consentono alla banca di disporre del denaro in modo più stabile e redditizio. Il deposito a risparmio, invece, consente al depositante di effettuare operazioni di versamento e di prelievo, anche parziale, successivamente alla conclusione del contratto. Caratteristica tipica di tale forma è il rilascio di un libretto, che documenta l'insieme delle operazioni eseguite sul rapporto.

Di regola, rispetto al deposito libero o «a vista», che consente al cliente di richiedere in qualsiasi momento la restituzione totale o parziale delle somme depositate, il deposito vincolato — in cui è prestabilito un termine per la restituzione — è maggiormente remunerato, poiché la banca può fare affidamento stabile sulla disponibilità delle somme per la propria attività di finanziamento (i depositi vincolati svolgono perciò una funzione prevalentemente di investimento). In generale, gli interessi passivi corrisposti al risparmiatore sono, altresì, solitamente crescenti in rapporto all'ammontare della somma consegnata.

Il contratto di deposito è abitualmente ricondotto tra gli atti di ordinaria amministrazione, posto che la funzione di custodia costituisce l'elemento prevalente. Nella prassi, si tende a ricondurre nell'ambito dell'ordinaria amministrazione i soli contratti di deposito liberi, volti alla conservazione del patrimonio; mentre i depositi vincolati sono spesso considerati atti di straordinaria amministrazione, in quanto configurano operazioni di investimento del capitale (Campobasso).

Aspetti operativi del deposito bancario

Il contratto di deposito deve essere redatto in forma scritta e un esemplare deve essere consegnato al cliente (art. 117, comma 1, TUB). La giurisprudenza di merito ha evidenziato che l'esibizione del libretto nominativo offre prova certa della conclusione del contratto di deposito e, quindi, dell'esistenza e dell'oggetto del rapporto bancario. L'entità del deposito è, invece, dimostrata dalle annotazioni risultanti sul titolo stesso che, ai sensi dell'art. 1835 c.c., purché firmate dall'impiegato addetto al servizio, fanno piena prova nei rapporti tra banca e depositante (Trib. Bari 12.9.2006).

Nella prassi, il deposito bancario è documentato dal rilascio di un libretto di deposito a risparmio nominativo (noto anche come libretto di conto corrente), che registra le operazioni compiute, ossia versamenti e prelevamenti. Le annotazioni sul libretto, firmate dall'impiegato addetto al servizio, fanno piena prova, come già detto, nei rapporti tra banca e depositante; è nullo ogni patto contrario (art. 1835 c.c.). In caso di smarrimento del libretto, la L. n. 948/1951 disciplina la procedura di ammortamento finalizzata al rilascio di un duplicato.

Ai sensi dell'art. 50 del d.lgs. n. 231/2007, è vietata l'apertura in qualunque forma di conti o libretti di risparmio in forma anonima o con intestazione fittizia nonché l'emissione di prodotti di moneta elettronica anonimi. È altresì vietato l'utilizzo, in qualunque forma, di conti o libretti di risparmio in forma anonima o con intestazione fittizia nonché l'utilizzo di prodotti di moneta elettronica anonimi, aperti o emessi presso Stati esteri.

Il deposito bancario può essere abbinato a un conto corrente (deposito in c/c, ormai raro nella prassi): in tal caso, in esecuzione dello stesso contratto di deposito, il depositante può effettuare una pluralità di versamenti e prelevamenti anche mediante l'utilizzo di assegni (servizio cassa).

Il credito spettante al depositante è pignorabile nelle forme del pignoramento presso terzi (Cass. 13.5.2020, n. 8877: il pignoramento di somme giacenti su libretto di deposito bancario, vincolato all'ordine del giudice dell'esecuzione, non ha ad oggetto il documento in sé e per sé considerato, trattandosi di un documento di legittimazione e non di un titolo di credito, bensì il credito del debitore esecutato a ricevere tali somme da parte dell'amministrazione emittente e depositaria che, avendo acquisito la proprietà di detti importi in virtù del deposito, è titolare di quelli e del relativo debito restitutorio).

A tale riguardo, si applica l'art. 545, comma 8, c.p.c., il quale stabilisce che le somme dovute a titolo di stipendio, salario o altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute per licenziamento, nonché le somme dovute a titolo di pensione o di indennità che tengono luogo di pensione, o gli assegni di quiescenza, se accreditate su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate - per l'importo eccedente il triplo dell'assegno sociale - quando l'accredito sia anteriore al pignoramento. Se, invece, l'accredito è avvenuto alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti indicati dal terzo, quarto, quinto e settimo comma dell'art. 545 c.p.c. e dalle speciali disposizioni di legge.

In caso di deposito bancario cointestato, si distingue tra deposito semplice o a firma disgiunta (ogni depositante può prelevare nei limiti della propria quota) e deposito solidale o a firma congiunta (ogni depositante può prelevare anche l'intero importo). Qualora il rapporto sia intestato a più persone e sia prevista la facoltà per ciascuna di compiere, fino all'estinzione del rapporto, operazioni attive e passive anche disgiuntamente, si realizza una solidarietà dal lato attivo dell'obbligazione che sopravvive alla morte di uno dei contitolari; il contitolare superstite, pertanto, può chiedere anche dopo la morte dell'altro l'adempimento dell'intero saldo del libretto di deposito a risparmio, e l'adempimento così ottenuto libera la banca verso gli eredi dell'altro contitolare (Cass. n. 15231/2002).

La Cassazione ha più volte confermato tale principio (Cass. n. 12385/2014), precisando che, nella fattispecie in cui il deposito collegato a un conto corrente sia intestato a più persone con facoltà disgiunte di operare, si produce solidarietà attiva che sopravvive alla morte di uno dei contitolari; ne consegue il diritto del contitolare superstite di ottenere l'adempimento dell'intero saldo e la liberazione della banca verso gli eredi dell'altro contitolare.

È altresì obbligo specifico della banca, discendente dalla disciplina del contratto bancario, consentire al singolo cointestatario, anche dopo la morte dell'altro, di disporre pienamente delle somme depositate, salva la necessità di verificare, nell'ambito dei rapporti interni, la correttezza dell'operazione rispetto agli eredi del contitolare deceduto (Cass. n. 7862/2021).

L'art. 183 CCII regolamenta in modo specifico talune sorti del conto corrente bancario in caso di liquidazione giudiziale, senza estendere in modo automatico le stesse regole a tutti gli altri contratti bancari. Per il contratto di deposito collegato al conto corrente si applica la disciplina del conto corrente e, pertanto, il rapporto si scioglie automaticamente. Diversa è l'ipotesi del deposito non collegato al conto corrente: in tal caso il contratto non si scioglie automaticamente e il curatore può scegliere se subentrare nel rapporto o scioglierlo. Quanto alle forme di deposito vincolate, ai crediti del soggetto sottoposto a liquidazione giudiziale deve trovare applicazione la disciplina pattizia, rilevando che soltanto i debiti scadono alla dichiarazione di liquidazione giudiziale.

Deposito di titoli in amministrazione

Il deposito di titoli in amministrazione costituisce un servizio di custodia e gestione offerto dalla banca ai sensi dell'art. 1838 c.c. In forza di tale contratto, azioni, obbligazioni e titoli del debito pubblico - cartacei o dematerializzati - possono essere affidati in custodia alla banca, la quale assume l'incarico, remunerato, di provvedere all'esercizio dei diritti inerenti ai titoli (l'art. 1, comma 2, lett. f), n. 12 TUB e l'art. 1, comma 6, lett. a) TUF riconducono nei servizi accessori la custodia e amministrazione di strumenti finanziari).

In particolare, la banca cura il rinnovo e l'incasso delle cedole, l'incasso degli interessi e dei dividendi, verifica i sorteggi per l'attribuzione dei premi o per il rimborso del capitale, procede, su incarico espresso del cliente, a specifiche operazioni (esercizio del diritto di opzione, conversione, versamento di decimi) e, in generale, alla tutela dei diritti inerenti ai titoli stessi. La banca accredita o addebita le somme che, rispettivamente, siano da essa dovute al depositante o che siano ad essa dovute dal cliente in relazione ai titoli e agli strumenti finanziari presenti nel deposito.

La banca, nello svolgimento dell'attività di custodia e di gestione, è tenuta a osservare la diligenza richiesta dalla particolare natura dell'attività professionale esercitata (bonus argentarius). Ne consegue che è nulla qualsiasi previsione contrattuale che esonera la banca dall'osservare l'ordinaria diligenza nell'amministrazione dei titoli.

Si distinguono due categorie di obblighi di amministrazione: nella prima, l'intermediario può e deve svolgere in modo autonomo l'attività di gestione, senza cooperazione del cliente. Rientrano in questa categoria l'incasso: a) dei dividendi dei titoli azionari; b) le cedole relative agli interessi dei titoli obbligazionari o delle somme che costituiscono il rimborso del valore nominale di quest'ultimi; c) la partecipazione alle operazioni di sorteggio in occasione di premi o di rimborso del capitale; d) l'accreditamento delle somme riscosse sul conto del cliente; e) l'esercizio di ogni forma di tutela dei diritti inerenti al titolo).

Nella seconda categoria rientrano gli obblighi di amministrazione per i quali è richiesta la cooperazione del cliente. Appartengono a questa seconda categoria: a) i versamenti delle somme richieste a titolo di conferimento in società; b) l'esercizio del diritto di opzione o di altri diritti inerenti al titolo azionario; c) la conversione dei titoli). Ove necessario, per il compimento degli atti di gestione, la banca deve dunque chiedere in tempo utile istruzioni al depositante e deve eseguirle, qualora abbia ricevuto i fondi occorrenti. In mancanza di istruzioni, relativamente ai diritti di opzione, questi devono essere venduti per conto del depositante tramite intermediario finanziario.

Il contratto in discorso adempie quindi una duplice funzione, di deposito e di mandato: custodia dei titoli e amministrazione degli stessi. Sulla banca incombe, come detto, l'obbligo di agire con la diligenza professionale ex art. 1176 c.c. La dematerializzazione e la digitalizzazione degli strumenti finanziari hanno ridotto la funzione di custodia, accentuando quella di gestione.

È stato escluso che l'intermediario, nella compravendita di valori mobiliari, quando abbia stipulato con il cliente solo un contratto di deposito titoli in custodia e amministrazione, abbia un obbligo di informazione relativo all'aggravamento del rischio dell'investimento già effettuato, proprio del contratto di gestione del portafoglio (Cass. n. 32517/2018; Cass. n. 16318/2017; Cass. n. 4602/2017).

A differenza del contratto di conto corrente, nel quale è comunemente prevista l'obbligazione accessoria di inviare al correntista estratti conto periodici, nel conto di deposito la banca assume l'obbligazione di custodire i titoli acquistati dal correntista, ma non anche di informarlo periodicamente sulla consistenza dei titoli depositati (salvo espresse pattuizioni), la quale può anche non variare in assenza di acquisti (Cass. n. 15568/2020).

Qualora non sia previsto un termine di scadenza, la mancata richiesta di restituzione dei titoli non rappresenta un esercizio mancato del diritto alla restituzione, ma sottende l'interesse del depositante a che il rapporto, attraverso cui si soddisfano le finalità di custodia e amministrazione dei titoli, abbia corso (Cass. n. 8998/2021).

Considerazioni conclusive

Il deposito bancario costituisce un contratto autonomo, caratterizzato dall'interazione tra l'interesse dell'intermediario alla raccolta stabile delle risorse e quello del depositante alla custodia e alla remunerazione delle somme. Da tale struttura derivano obblighi restitutori articolati, doveri di diligenza qualificata e specifiche regole operative riguardanti documentazione, annotazioni, prescrizione e circolazione del credito.

Il deposito titoli in amministrazione evidenzia la crescente prevalenza della componente gestoria su quella di custodia (dematerializzazione e la digitalizzazione degli strumenti finanziari), con una responsabilità dell'intermediario modulata in base alla distinzione tra attività da svolgere autonomamente e attività che richiedono istruzioni del cliente.

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