Limiti e sanzioni della responsabilità del socio accomandante

24 Novembre 2025

Nella pronuncia in commento la Cassazione ha affermato che il  socio accomandante è privo di legittimazione passiva rispetto alle obbligazioni tributarie della società: l'Erario non può agire direttamente contro il socio accomandante per recuperare imposte o sanzioni dovute dalla società.

Massima

In tema di società in accomandita semplice, il socio accomandante è privo di legittimazione - attiva e passiva - rispetto alle obbligazioni tributarie (nella specie IVA e IRAP) riferibili alla società, salvo le deroghe alla regola di cui all'art. 2313 c.c., disposizione che, nel limitare la responsabilità dell'accomandante per le obbligazioni sociali alla quota conferita, non autorizza i creditori sociali, incluso l'erario, ad agire direttamente nei suoi confronti, disciplinando la citata disposizione i soli rapporti interni alla compagine sociale. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza di accoglimento del ricorso del socio accomandante avverso l'atto di irrogazione delle sanzioni per omessi versamenti di imposte ex art. 5, comma 1, d.lgs. n. 472/1997, non contenente un accertamento di maggiori redditi tratti dalla società normalmente imputati per trasparenza ai soci, difettando un profilo di colpa dell'accomandante consistente nell'omesso o insufficiente esercizio del potere di controllo sull'esattezza dei bilanci della società, ex art. 2320, comma 3, c.c.).

Il caso

La vicenda in commento prendeva le mosse all'esito di una verifica fiscale, da cui scaturiva l'emissione di un atto fiscale di irrogazione di sanzioni adottato nei confronti di un'associazione, quale socia accomandante di una società in accomandita semplice. Le sanzioni irrogate erano relative all'omesso versamento dell'Irap per due annualità e dell'Iva per un anno da parte della società.

L'associazione impugnava l'atto, ottenendo ragione in entrambi i gradi di merito della giustizia tributaria.

I giudici di secondo grado, in particolare, esaminando il motivo di appello con il quale era stato dedotto che l'Associazione, comunque, rispondeva per responsabilità solidale con la società in accomandita semplice e che, solo nella fase riscossiva sarebbe stata, poi, individuata l'entità della responsabilità nei limiti della quota conferita ai sensi dell'art. 2313 c.c., affermavano che:

1) in capo alle società in accomandita semplice la pretesa impositiva doveva essere rivolta solamente alla società e al socio accomandatario, in quanto, anche nell'ambito dell'obbligazione tributaria, il socio accomandante rispondeva solamente per la quota conferita ex art. 2740, comma primo, c.c., quale porzione di capitale sociale, sicché poteva essere destinatario solamente di uno specifico atto limitato all'entità della medesima e, nel caso di specie, non risultava individuata la quota conferita e l'Ufficio aveva proceduto illegittimamente in violazione dell'art. 2313 c.c.;

2) era ovvio e pacifico che, nella formazione dell'obbligazione tributaria, il quantum preteso doveva emergere dall'atto di natura accertativa o di irrogazione della sanzione, e non nella fase riscossiva, deputata, alla mera esecuzione del pagamento del tributo e che poteva contenere solamente le ulteriori spese connesse alla riscossione e gli interessi di legge.

A detta della CGT di 2° grado, per le obbligazioni tributarie di una s.a.s., la pretesa impositiva doveva essere rivolta esclusivamente alla società e al socio accomandatario, poiché la responsabilità del socio accomandante è limitata per legge alla sua quota di partecipazione.

Avverso tale decisione l'Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Per ciò che di interesse, col primo motivo di censura, la ricorrente deduceva la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 16 del D.Lgs. n. 472 del 1997 e dell'art. 13, comma 1, del D.Lgs. n. 471 del 1997, nonché degli artt. 2313, primo comma, c.c. e 2320 c.c., in relazione all'art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c.

Il motivo era dichiarato infondato ed il ricorso veniva rigettato, con conferma della decisione di 2° grado.

La questione giuridica

La questione giuridica sottesa nel caso in esame, verte nello stabilire se in tema di società in accomandita, il socio accomandante sia privo di legittimazione - attiva e passiva - rispetto alle obbligazioni tributarie riferibili alla società, salvo le deroghe alla regola di cui all'art. 2313 c.c..

Osservazioni

Prima di fornire soluzione alla questione giuridica in premessa, occorre una breve disamina degli istituiti coinvolti nel caso in commento.

Il fulcro della decisione si basa sull'art. 2313 c.c., che limita la responsabilità del socio accomandante alla quota conferita.

A mente della citata norma codicistica, nella società in accomandita semplice i soci accomandatari rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali e i soci accomandanti rispondono limitatamente alla quota conferita.

Il fatto che i soci accomandanti rispondano per le obbligazioni sociali limitatamente alla quota conferita, significa che essi sono obbligati esclusivamente ad eseguire il conferimento pattuito e lo sono soltanto nei confronti della società. Pertanto, nell'ipotesi di mancato adempimento, i creditori sociali non hanno azione diretta verso l'accomandante (v. Cass. 6017/2015), bensì soltanto azione surrogatoria, sempre che ricorrano i presupposti di cui all'art. 2900.

Dalla regola della limitazione della responsabilità dell'accomandante al conferimento (v. Cass. 7016/2003) deriva, altresì, il corollario che, dopo la cessione della quota, essi non possono subire alcun danno in relazione alle vicende pregresse della società (v. Cass. pen., Sez. V., 3.3.2000 n. 5098). Ciò detto, la limitazione della responsabilità ex art. 2313 c.c. opera come una barriera invalicabile per i creditori, incluso il Fisco.

Qualsiasi pretesa deve essere indirizzata alla società. Il socio accomandante non può essere considerato un coobbligato solidale per i debiti tributari della società.

La sua eventuale responsabilità emerge solo in una fase successiva ed eventuale, qualora il patrimonio sociale si riveli insufficiente, e comunque sempre e solo nei limiti della quota da lui sottoscritta e non ancora versata.

I soci accomandatari sono responsabili per le obbligazioni sociali, anche se contratte anteriormente al loro ingresso nella società illimitatamente e solidalmente fra loro, ma in via sussidiaria rispetto alla società in quanto godono del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale (in base al combinato disposto degli artt. 2304 e 2315 c. c.).

Si riconosce al socio accomandatario, in forza del beneficium excussionis, la facoltà di opporre al creditore sociale la mancata previa escussione del patrimonio sociale

La responsabilità, inoltre, si è affermato, investe anche le obbligazioni contratte anteriormente l'ingresso del socio nella società (v. Cass. 1781/1989). Con riferimento a illeciti amministrativi compiuti nell'interesse della società, si è precisato tuttavia che, ove l'illecito consista in un comportamento attivo, la responsabilità è riferibile al singolo socio, senza che sia invocabile la responsabilità dei soci accomandatari. Ove, invece, la violazione amministrativa consista in un'omissione, rispondono di essa i soci cui è stata attribuita l'amministrazione della società.

Conclusioni

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha stabilito che la responsabilità del socio accomandante per i debiti tributari di una società in accomandita semplice è strettamente limitata alla quota di capitale conferita.

Questo principio, valido per le obbligazioni civili, viene esteso dalla Corte anche a quelle di natura tributaria, incluse Iva e Irap.

La norma non autorizza i creditori sociali, Fisco compreso, a rivolgersi direttamente al socio accomandante. La sua funzione è quella di regolare i rapporti interni alla società, stabilendo un confine netto alla sua esposizione patrimoniale.

La Corte ha inoltre chiarito che le sanzioni amministrative tributarie hanno carattere personale. Secondo l'articolo 5 del D.Lgs. 472/1997, ciascuno risponde per la propria azione od omissione, cosciente e volontaria.

Di conseguenza, una sanzione non può essere automaticamente estesa al socio accomandante, che per sua natura è estraneo all'amministrazione della società. Sebbene al socio accomandante sia riconosciuto un potere di controllo sui bilanci, un'eventuale colpa per omesso controllo non è sufficiente a giustificare l'irrogazione di una sanzione per debiti della società, specialmente quando, come nel caso di specie, la violazione non deriva da un maggior reddito accertato e imputato per trasparenza al socio, ma da un omesso versamento di imposte da parte della società.

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