Le Sezioni Unite valuteranno la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio
28 Novembre 2025
La vicenda che ha dato origine all'ordinanza interlocutoria riguardava un giudizio instaurato dal marito nel 2023 per il riconoscimento dell'efficacia e dell'esecutività della sentenza ecclesiastica con la quale era stata dichiarata la nullità del matrimonio-atto, contratto dagli sposi con rito concordatario nel 1978. La moglie, costituendosi in giudizio nel procedimento di delibazione, aveva dedotto che la vita coniugale si era protratta per molti anni, fino alla comparizione dei coniugi dinanzi al presidente tribunale nel giudizio di separazione personale avviato dal marito nel 2002. La Corte d'appello non aveva preso in esame la lunga durata della vita matrimoniale perché, avendola ritenuta materia ed espressione di una eccezione in senso stretto, aveva rilevato la tardività della relativa proposizione. Le censure prospettate con il ricorso per cassazione miravano a contestare questa soluzione, lamentando che i fatti dedotti non erano stati ritenuti suscettibili di integrare una situazione di ordine pubblico, esaminabile d'ufficio dal giudice Sul punto, il Collegio della sezione rimettente intende sollecitare una rimeditazione del principio affermato dalle Sezioni Unite nel 2014 (sent. n. 16379/2014), e che costituisce diritto vivente (Cass. n. 26188/2016; Cass. n. 7923/2020; Cass. n. 11791/2021) – sulla riconducibilità, della convivenza come coniugi almeno triennale, nel novero della eccezione in senso stretto. La sezione osserva che, secondo la giurisprudenza, il regime normale delle eccezioni è quello della rilevabilità d'ufficio, in funzione dell'assolvimento del compito primario del processo, di servire all'attuazione di diritti esistenti e non alla creazione di diritti nuovi. L'ambito della rilevabilità a istanza di parte è quindi confinato ai casi specificamente previsti dalla legge e alle eccezioni corrispondenti alla titolarità di un'azione costitutiva (Cass., sez. un., n. 10531/2013). Proponendo una eccezione in senso stretto, ciascuna parte può estendere la cognizione del giudice a effetti giuridici di fatti che altrimenti non potrebbero essere posti a fondamento della sua decisione, nemmeno se risultanti dagli atti del processo. Sollevando una eccezione in senso lato, invece, la parte provoca il contraddittorio sulle conseguenze giuridiche di un fatto del quale, se già risultante agli atti del processo, il giudice dovrebbe comunque conoscere. La possibilità, per la Corte d'appello, di rilevare d'ufficio la sussistenza della durata ultra-triennale della convivenza come coniugi sembrerebbe discendere logicamente dal fatto che la prolungata convivenza come coniugi costituisce espressione dell'ordine pubblico matrimoniale e, come tale, impedisce il riconoscimento della sentenza ecclesiastica che abbia dichiarato la nullità del matrimonio. Affidare all'esclusiva iniziativa della parte il potere di rilevare quei fatti – ancorché risultanti dagli atti del procedimento di delibazione – che appaiono indispensabili per valutare l'eventuale incompatibilità della delibanda sentenza con l'ordine pubblico, equivarrebbe a rendere di fatto derogabile, a opera delle parti stesse, il limite di ordine pubblico connesso alla convivenza triennale. La natura di eccezione in senso stretto, con la connessa limitazione dei poteri spendibili sul punto dalla Corte d'appello in sede di delibazione, si poteva giustificare, allora, quando il principio è stato enunciato, nel 2014, in una logica complessiva dell'intervento nomofilattico delle Sezioni Unite. Il trascorrere del tempo, tuttavia, secondo il Collegio rimettente, dovrebbe sollecitare le Sezioni Unite, coadiuvate anche dalla esemplarità del caso, a rimeditare la conclusione raggiunta. L'eccezione in senso stretto porta con sé la decadenza da mancata tempestiva proposizione, conducendo ad una giustizia rapida, ma riduttiva della tutela del coniuge debole. |