Postergazione del credito derivante da finanziamenti eseguiti in direzione e coordinamento: irrilevanza della situazione di abuso

02 Dicembre 2025

La pronuncia in esame affronta il complesso tema relativo ai finanziamenti erogati in circostanza di rapporti di direzione e coordinamento di cui all'art. 2497-quinquies c.c. e di come tali finanziamenti, in caso di ammissione allo stato passivo della società beneficiaria, siano da considerarsi crediti postergati, non essendo necessaria, ai fini di tale qualificazione, la dimostrazione dell'eventuale natura abusiva del rapporto durante il quale è stato concesso il finanziamento; l'eventuale posizione di abuso rileva ai soli fini di un risarcimento del danno per la società o per i creditori della stessa.

Massima

Il presupposto per la postergazione del diritto al rimborso del finanziamento, di cui all'2497-quinques c.c., si individua esclusivamente nella circostanza che qualora chi l'ha erogato eserciti sulla beneficiaria un'attività di direzione e coordinamento, non essendo affatto necessario che di tale attività venga dimostrata la natura abusiva, dalla quale può derivare esclusivamente il risarcimento del danno eventualmente arrecato alla società eterodiretta, nonché ai relativi creditori e soci.

Il caso

Nel caso esaminato, veniva ammesso al passivo il credito vantato dalla società ALFA ma con la precisazione che il soddisfacimento di tale credito dovesse essere postergato ai sensi degli artt. 2467 e 2497-quiques c.c. in quanto la società creditrice controllava al 100% il socio unico della società BETA Srl e, successivamente a tale data, risultava essere il socio unico della fallita e, pertanto, era presumibile che il soggetto finanziatore svolgesse in via indiretta e diretta l'effettivo esercizio dell'attività di direzione e coordinamento.

Avverso tale ammissione veniva proposta opposizione allo stato passivo, chiedendo, tra l'altro, di mutare la propria collocazione “da chirografo postergato a chirografo senza postergazione”.

Il Fallimento, dal suo canto, resisteva all'opposizione obiettando che il credito azionato in giudizio originava da pagamenti effettuati per saldare crediti commerciali maturati da terzi verso la fallita e, quindi, aveva ad oggetto finanziamenti e tali finanziamenti erano stati effettuati in un momento in cui sussisteva uno squilibrio tra patrimonio netto e indebitamento della società, con la conseguente applicazione dell'art. 2467 c.c.; inoltre, la società opponente aveva assunto il controllo della società fallita, prima indiretto e poi diretto, per cui operava la presunzione di sussistenza dell'attività di direzione e coordinamento di cui all'art. 2467 c.c.

Il Tribunale rigettava l'opposizione in quanto riteneva che, in forza di quanto disposto dagli artt.  2497 sexies e 2359 c.c., dovesse presumersi che, al momento dell'esecuzione del finanziamento, la società opponente disponendo (prima in via indiretta e poi in via diretta) della totalità delle quote di partecipazione, esercitasse sulla società fallita un'attività di direzione e coordinamento, (sul punto, inoltre, si osservava che l'opponente non aveva offerto elementi di prova al fine di superare tale presunzione). Inoltre, il Tribunale evidenziava che la nozione di “finanziamento dei soci in favore della società”, prevista dall'art. 2467 c.c., non comprende solo i contratti di credito ma anche i finanziamenti effettuati in qualsiasi forma e, dunque, qualsivoglia attribuzione patrimoniale accompagnata dall'obbligo della sua futura restituzione e, pertanto, dovevano essere ricondotti nell'ambito di applicazione di tale disposizione non solo i versamenti direttamente eseguiti dalla società opponente a favore della società fallita, ma anche tutti i pagamenti eseguiti dall'opponente in favore dei creditori della società fallita.

Avverso la decisione del Tribunale veniva presentato ricorso in Cassazione basato su tre motivi: con il primo motivo e secondo motivo si contestava sostanzialmente la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. nonché dell'art. 8 del D.L. n. 23/2020, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., nonché la violazione e/o la falsa applicazione dell'art. 8 del D.L. n. 23/2020 e dell'art. 2704 c.c., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., per l'ammissione del credito come postergato; con il terzo motivo si lamentava, invece, la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 2467,2497 e 2497-quinquies c.c., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., per la sussistenza della fattispecie di direzione e coordinamento.

Tutti i motivi risultavano infondati e la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Le questioni

La principale questione affrontata dalla pronuncia in esame è quella relativa alla sussistenza della situazione di direzione e coordinamento e alla conseguente ammissibilità di un credito (anche derivante da finanziamento) allo stato passivo come postergato o meno. Sul punto l'art. 2467 c.c. prevede, infatti, che la soddisfazione del credito alla restituzione del finanziamento debba essere postergata (rispetto alla soddisfazione degli altri creditori) tutte le volte in cui il finanziamento sia stato concesso alla società o da un soggetto che, in quel momento, era socio della stessa (art. 2467, comma 1, c.c.), o in un momento di eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto della società oppure in circostanze che rendevano preferibile l'apporto di risorse a titolo di conferimento (art. 2467, comma 2, c.c.). Inoltre, l'art. 2497-quinquies c.c. estende l'applicazione dell'art. 2467 c.c., prevedendo che il diritto alla restituzione del finanziamento sia postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori, anche al caso in cui il finanziamento è concesso alla società da chi, nel momento dell'esecuzione del finanziamento, esercitava sulla stessa società un'attività di direzione e coordinamento.

In realtà, in relazione alla fattispecie esaminata, è bene osservare che la postergazione del diritto al rimborso presuppone soltanto che la società-socia che ha effettuato il finanziamento alla società (successivamente fallita) esercitasse sulla stessa un'attività di direzione e coordinamento e non anche (come invece obiettato dalla ricorrente) che tale finanziamento sia stato concesso abusando dell'attività di direzione e coordinamento esercitandola nell'interesse imprenditoriale proprio o altrui ed in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale (ex art. 2497, comma 1, c.c.); una simile circostanza rileva esclusivamente al fine di obbligare la società al risarcimento degli eventuali danni conseguentemente arrecati alla società eterodiretta nonché ai relativi creditori e soci.

Osservazioni

La pronuncia in esame offre la possibilità di soffermarsi non solo sulla dibattuta qualificazione dei rapporti di direzione e coordinamento e della regolamentazione dei rapporti di credito da essa derivanti, ma anche della più complessa fattispecie relativa all'esecuzione di tali finanziamenti eseguiti in una situazione di abuso della posizione di direzione e coordinamento.

Sul punto, è bene ribadire che l'art. 2467 c.c. articola la fattispecie dei “finanziamenti dei soci” nella forma più estesa possibile (“in qualsiasi forma effettuati”), così da includervi qualunque posizione giuridica soggettiva qualificabile come “diritto di credito” nei confronti della società, che comporti un'attribuzione patrimoniale accompagnata dall'obbligo della sua futura restituzione (sul punto, tra le tante, Cass. Civ. 31 gennaio 2019, n. 3017, nella quale si afferma il principio secondo cui le disposizioni di cui all'art. 2467 c.c. si applicano “ai “finanziamenti” effettuati da tutti i soci di s.r.l., indipendentemente dal peso delle quote dagli stessi possedute, posto che la ratio che giustifica tale norma è quella di assoggettare ad un trattamento differenziato e deteriore i “finanziamenti” di coloro che hanno il potere di informarsi in merito alla situazione patrimoniale e finanziaria della società, e tale potere compete ex art. 2476 c.c. a tutti i soci di s.r.l.”; inoltre, sempre nella pronuncia richiamata, si specifica che “il termine “finanziamento” contenuto nell'art. 2467 c.c. non rimanda alla categoria dei negozi di credito, intendendo piuttosto ricomprendere nel perimetro oggettivo della disciplina della postergazione i crediti derivanti da negozi tra socio e società che, a prescindere dalla loro conformazione causale, assurgano a rilevante strumento di agevolazione finanziaria per l'impresa sociale in considerazione delle circostanze del caso concreto”.).

Rientrano, di conseguenza, nell'ambito di applicazione della norma non solo i versamenti che il socio abbia fatto direttamente alla società ma anche, come nel caso in esame, il pagamento eseguito dallo stesso dei debiti della società nei confronti di terzi. Tali pagamenti, però, in caso di ammissione al passivo devono, quindi, considerarsi crediti postergati proprio perché considerati come una sorta di finanziamento del socio e a nulla rileva la circostanza che essi siano stati eseguiti in una situazione di abuso di posizione dominante.

Sul punto, anche la dottrina dominante è concorde nell'applicare la disciplina della postergazione anche a vicende negoziali caratterizzate da una diversa conformazione causale (quali, ad esempio le relazioni commerciali alla stregua delle quali il socio matura un diritto al corrispettivo verso la società (i.e. rapporti di fornitura), le dilazioni di rimborso o di pagamento, ecc.; sul tema si veda, tra i tanti, Santoni, Garanzie sostitutive di capitale e postergazione, in Riv. dir. comm., 2016, II, 580 ss.; Campobasso, sub art. 2467 c.c., in Commentario S.r.l., Portale, 2011, 245.). Nella qualificazione del finanziamento si rileva che l'art. 2467 c.c. specifica che si tratta di finanziamenti “in qualsiasi forma effettuati”, in tal modo la previsione viene intesa con “finalità antielusiva” della norma in questione (sul punto, così, Campobasso, sub art. 2467 c.c., in Commentario S.r.l., Portale, 2011, 245.).

Conclusioni

Con la pronuncia in commento, i giudici di legittimità, hanno affrontato il problema della disciplina dei rapporti di direzione e coordinamento con la conseguente qualificazione del credito derivante da un eventuale finanziamento effettuato dalla società che svolge l'attività di direzione e coordinamento come credito postergato in caso di ammissione al passivo del credito stesso, a nulla rilevando che tale credito sia sorto in circostanza di abuso di tale situazione.

Nel caso esaminato, infatti, la decisione assunta dai giudici di legittimità si è uniformata all'orientamento prevalente sul tema: l'elemento strutturale della direzione e coordinamento infragruppo assume rilevanza preponderante nella qualificazione del credito come postergato e nella categoria di “finanziamenti” si deve includere qualunque posizione giuridica soggettiva qualificabile come “diritto di credito” nei confronti della società, che comporti un'attribuzione patrimoniale accompagnata dall'obbligo della sua futura restituzione, a nulla rilevando la circostanza che tali finanziamenti siano stati concessi in una situazione di abuso della posizione dominante, situazione che assume rilevanza ai soli fini del risarcimento del danno per gli eventuali danni arrecati alla società e ai suoi creditori.

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