Delitto di femminicidio, aggravanti di discriminazione sessuale e nuovi diritti per le vittime
05 Dicembre 2025
L'iter della legge e la sua ratio La legge n. 181/2025, in vigore dal 17 dicembre 2025, introduce il delitto di femminicidio e numerose modifiche coordinata, sostanziali e processuali, finalizzate al rafforzamento della tutela delle donne vittime di violenza. L'iter legislativo, iniziato con il disegno di legge governativo presentato il 31 marzo 2025, si è concluso con l'approvazione unanime della Camera il 25 novembre 2025, data simbolicamente coincidente con la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Tale consenso trasversale riflette l'urgenza e la centralità del tema. La riforma si inserisce in un percorso pluriennale che mira a riconoscere la specificità della violenza contro le donne come fenomeno strutturale, e recepisce le indicazioni sovranazionali che richiedono agli Stati misure legislative specifiche per contrastare la violenza ai danni delle donne e domestica: la CEDAW, la Convenzione di Istanbul, la Direttiva 2024/1385/UE, le numerose sentenze della Corte EDU di condanna dell'Italia (recentemente, caso Scuderoni del 25 settembre 2025). Il delitto di femminicidio Il cuore della riforma è l'introduzione dell'art. 577-bis c.p., che tipizza il femminicidio come l'uccisione di una donna “come atto di odio o discriminazione o di prevaricazione, controllo, possesso o dominio in quanto donna, o in relazione al rifiuto [...] di mantenere un rapporto affettivo, o come limitazione delle sue libertà individuali”. La previsione autonoma di reato, anziché di una mera aggravante dell'omicidio, risponde alla volontà di nominare il fenomeno e riconoscerne il particolare disvalore sociale. L'uso esplicito del termine “donna” modernizza il codice penale, costituendo un punto di approdo che oscura fattispecie che prevedevano pene lievi per il cd. omicidio o lesioni personali per causa d'onore ai danni “del coniuge, della figlia o della sorella” (art. 587 c.p.), norme “cancellate” dalla Corte costituzionale. La selezione del bene giuridico tutelato — la vita della donna come persona colpita nella sua libertà e dignità da una specifica violenza “in quanto donna” — appare conforme alla Costituzione (artt. 2,3,24) e alle fonti internazionali. Le critiche che richiamano, tra l'altro, il rischio di “populismo penale”, sembrano superabili dalla natura peculiare del fenomeno, dalla sottovalutazione storica della violenza contro le donne e dalla specificità del fenomeno, riconoscendo uno specifico disvalore al bene giuridico violato, in linea con la giurisprudenza della Corte costituzionale secondo cui il principio di proporzionalità della pena esige che questa venga adeguatamente calibrata sia con riferimento al concreto contenuto di offensività del fatto di reato (sent. nn. 73 del 2020 e 55 del 2021). La Corte costituzionale, con la sentenza n. 197 del 2023, ha messo in risalto la necessità di riconoscere la differente gravità oggettiva e soggettiva dei diversi tipi di omicidio, sottolineando che «Le statistiche annue sui femminicidi…. dimostrano la necessità per il legislatore di intervenire con misure incisive, preventive e repressive, per contrastare efficacemente questo drammatico fenomeno». Prosegue la Corte, pur se «ogni omicidio lede in maniera definitiva una vita umana…da sempre il diritto penale distingue – nell'ambito degli omicidi punibili – tra fatti più e meno gravi…. il principio di proporzionalità della pena…esige che la pena sia adeguatamente calibrata non solo al concreto contenuto di offensività del fatto di reato per gli interessi protetti, ma anche al disvalore soggettivo espresso dal fatto medesimo». Il trattamento differenziato di ipotesi che potrebbero apparire uguali (omicidio e femminicidio) ha, invece, una giustificazione obiettiva e ragionevole: il legislatore intende riconoscere una effettiva e sostanziale protezione alla vita, all'integrità fisica, alla libertà e alla sicurezza delle donne, perché non sufficientemente tutelate a causa di tutti i rapporti discriminatori che subiscono (cd. discriminazioni positive che trovano fondamento anche nell'art. 3, secondo comma, Cost.). I termini utilizzati per descrivere le diverse condotte alternative (atto: di “odio”, “discriminazione”, “prevaricazione”, “controllo”, “possesso”, “dominio” in quanto donna; o in relazione al rifiuto di instaurare o di mantenere un rapporto affettivo) sono noti al diritto penale (ad esempio art. 604-bis c.p.) o oggetto di specifici approfondimenti da parte della Corte di cassazione con rifermento a omicidi definiti dalla stessa Corte femminicidi (Cass., n. 36686/2023) o al delitto di maltrattamenti (ad esempio, Cass. nn. 45400/2022, 14247/2023, 23322/2023, 37978/2023, 23204/2024, 32042/2024). Le “libertà individuali”, richiamate dall'ulteriore condotta alternativa, sono descritte puntualmente dagli artt. 13 ss. Cost. La pena dell'ergastolo appare proporzionata al disvalore della fattispecie e corrisponde a quella prevista da delitti di estrema gravità (ad esempio, art. 613-bis, quinto comma, ult. per. c.p., tortura da cui consegua la morte). Il delitto è a dolo generico. Non vi è un divieto di bilanciamento delle circostanze attenuanti e aggravanti, a rischio di incostituzionalità, ma sono previsti limiti alla riduzione della pena edittale nel caso di una attenuante (non inferiore a 24 anni di reclusione) o più attenuanti (non inferiore a 15 anni di reclusione) anche se ritenute prevalenti sulle aggravanti, disciplina che appare in linea con la giurisprudenza costituzionale che richiama l'importanza di tenere conto del contenuto di offensività del fatto di reato per gli interessi protetti e del disvalore soggettivo espresso dalla condotta (sentenze nn. 197/2023 e 2/2025). Ulteriori modifiche al codice penale Accanto al nuovo delitto, la riforma prevede aggravanti di “discriminazione sessuale” per numerosi reati violenti (artt. 572, quinto comma, 585, quarto comma, 593-ter, sesto comma, 612-bis, quarto comma, 612-ter, quinto comma, c.p.), riproducendo la struttura del femminicidio, segnando così un rafforzamento organico del contrasto alla violenza in esame. Alcune modifiche riguardano il delitto di maltrattamenti: integrato anche nel caso di convivenza cessata con figli, e introduzione della confisca obbligatoria degli strumenti del reato (art. 572-bis c.p.). Le modifiche al codice di procedura penale Numerosi gli interventi sul piano processuale, a partire dall'ampliamento degli obblighi informativi verso le vittime, in linea con la Direttiva 2012/29/UE e la giurisprudenza delle Corti interne e della Corte EDU. La vittima diventa soggetto processuale centrale, con diritti di informazione, protezione, partecipazione e assistenza, ad esempio nel caso di richiesta di patteggiamento o di misure cautelari non confermate dal tribunale del riesame (cfr. artt. 90-bis, 90-bis.1, 90-ter, 309,310,444 e 447 c.p.p.). Alcuni obblighi informativi sono estesi ai prossimi congiunti nel caso di femminicidio, omicidio aggravato, morte in conseguenza del reato (art. 90-ter c.p.p.) Si prevede la competenza del tribunale monocratico per alcuni delitti aggravati al fine di alleggerire il carico di lavoro del collegio (compreso l'art. 572, secondo comma, c.p, divenuto di competenza collegiale con la l. n. 69/2019); è estesa la deroga ai limiti sulle intercettazioni introdotti dalla l. n. 47/2025 per il delitto di femminicidio e per i delitti aggravati della “discriminazione sessuale; si estende il sequestro conservativo per i soli delitti codice rosso anche alla fase delle indagini preliminari (art. 316, comma 1-ter, c.p.p.); si ampliano i delitti per i quali la persona offesa deve essere sentita nei tre giorni, elencando numerosi delitti nell'art. 362, comma 1-ter, c.p.p., norma che diviene il riferimento per il legislatore quando vuole riconoscere una specifica disciplina ai delitti cd “codice rosso” e si prevede l'audizione personale del pubblico ministero, se richiesta tempestivamente e motivatamente dalla persona offesa, con possibilità (escluso l'art. 612-bis, quarto comma, c.p.) di deroga con decreto motivato e delega alla polizia giudiziaria. Plurimi gli interventi sulle misure cautelari, tutte finalizzate a garantire tempestività, protezione anticipata e riduzione del rischio di vittimizzazione secondaria della persona offesa: si introduca la presunzione di adeguatezza delle custodia in carcere o degli arresti domiciliari per numerosi delitti “codice rosso”, salvo che il giudice ritenga che non sussistano esigenze cautelari ovvero che una misura meno grave assicuri comunque che non vi sia “pericolo per la vita o l'integrità fisica o psichica della persona offesa” (art. 275, comma 3.1, c.p.p.); sono ampliati i casi di accelerazione della valutazione della misura cautelare (art. 362-bis c.p.p.); si rafforza il braccialetto elettronico, estendendo la distanza minima del divieto di avvicinamenti da 500 a 1000 metri (artt. 282-bis e 282-ter c.p.p.), con obbligo di comunicazione alla persona offesa nel caso di distacco temporaneo (art. 299 c.p.p.) La centralità dei diritti della persona offesa emerge anche dall'art. 499, comma 6, c.p.p. per cui, quando si procede per i delitti “codice rosso”, il presidente assicura che le domande e le contestazioni evitino che possa essere lesa la dignità o il decoro della persona offesa e, comunque, ogni altra forma di “vittimizzazione secondaria”, espressione che dalle fonti sovranazionali entra nel codice di rito. Ulteriori interventi La legge prevede plurimi interventi in linea con la sua ratio: la tutela degli orfani di femminicidio (modifica alla l. n. 12svariati 2/2016), la formazione obbligatoria per magistrati (con una disciplina dettagliata sul suo contenuto, a partire dalle fonti sovranazionali) e operatori sanitari; il potenziamento dei centri antiviolenza che potranno avvalersi dell'art. 91 c.p.p. per la costituzione di parte civile e ove potranno presentarsi le vittime ultraquattordicenni senza il consenso di chi ha la responsabilità genitoriale; l'estensione del gratuito patrocinio. Si riscrive l'art. 64-bis disp. att. c.p.p. individuando con precisione gli atti da trasmettere e le autorità penali competenti nel caso di concomitante procedimento civile di separazione o divorzio o regolazione della responsabilità genitoriale, ovvero procedimento minorile, per assicurare l'indispensabile conoscenza (e valutazione) degli atti penali da parte dei giudici civili e minorili. Consistenti modifiche sono apportate all'ordinamento penitenziario, principalmente all'art. 4-bis, comma 1-quater, in forza del quale per numerosi delitti “codice rosso”, compresi gli artt. 572, secondo comma, e 612-bis, terzo comma, c.p., da un lato l'ordine di esecuzione non può essere sospeso ai sensi dell'art. 656, comma 4-bis, c.p.p., dall'altro i benefici penitenziari possono essere concessi solo dopo un periodo di osservazione psicologica di un anno con esito positivo. Di conseguenza per i delitti compresi nel citato art. 4-bis, non potranno essere concesse le sanzioni sostitutive (art. 59, comma 1, lett. d), l. n. 689/1981). Conclusioni In sintesi, la legge n. 181/2025 rappresenta un intervento organico, strutturato e coerente, che integra prevenzione (pur se non oggetto di plurime norme), protezione e repressione. Introduce il femminicidio come delitto autonomo, rafforza le aggravanti di matrice discriminatoria, amplia i diritti della vittima e aggiorna il processo penale a una concezione moderna della violenza contro le donne come violazione dei diritti umani per contrastare un fenomeno (criminale) confermato dal dato statistico per cui il 31,9% delle donne tra 16 e 75 anni ha subito violenze fisiche o sessuali; le vittime sono prevalentemente donne e gli autori prevalentemente uomini; i femminicidi non diminuiscono nel tempo e rappresentano una quota costante degli omicidi volontari (ISTAT, report del novembre 2025). La riforma, dunque, risponde a un fenomeno radicato e persistente. Ancora una volta è prevista la clausola di invarianza finanziaria (art. 14) laddove numerosi interventi avrebbero richiesto un incremento delle risorse umane e materiali.
*Fonte: DirittoeGiustizia |