Codice di Procedura Civile art. 177 - Effetti e revoca delle ordinanze 1 .

Antonio Scarpa

Effetti e revoca delle ordinanze  1.

[I]. Le ordinanze, comunque motivate, non possono mai pregiudicare la decisione della causa.

[II]. Salvo quanto disposto dal seguente comma, le ordinanze possono essere sempre modificate o revocate [279 4] dal giudice che le ha pronunciate.

[III]. Non sono modificabili né revocabili [287] dal giudice che le ha pronunciate:

1) le ordinanze pronunciate sull'accordo delle parti, in materia della quale queste possono disporre; esse sono tuttavia revocabili dal giudice istruttore o dal collegio, quando vi sia l'accordo di tutte le parti;

2) le ordinanze dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge [53 2, 66 3, 179 2, 181 1, 192 3, 263 2, 264 3, 270 2, 279 4, 306 4, 308 2, 348 2, 373 1, 483, 593 3, 648 1, 649, 652, 665 1, 668 4, 669-terdecies 5, 684, 695, 736 3, 764 3, 779 3, 789 3, 129-bis 1, 133-bis 1, 168 3, 178 2, 188 3 att.];

3) le ordinanze per le quali la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo  23.

 

 

[1] Articolo così sostituito dall'art. 12 l. 14 luglio 1950, n. 581.

[2] Numero così sostituito dall'art. 14 l. 26 novembre 1990, n. 353. Il testo recitava: «3) le ordinanze per le quali la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo, diverso da quello previsto dall'articolo seguente».

[3] L'articolo recava il numero 4) abrogato dall'art. 89 l. 26 novembre 1990, n. 353. Il testo recitava: «4) le ordinanze per le quali sia stato proposto reclamo a norma dell'articolo seguente».

Inquadramento

La norma in esame afferma innanzitutto la regola che, le ordinanze, per quanto motivate, non possono mai pregiudicare la decisione della causa. Ciò significa che tali provvedimenti sono inidonei ad assumere contenuto decisorio e ad incidere con l'autorità del giudicato su posizioni di diritto sostanziale. Gli eventuali vizi dell'ordinanza devono essere fatti valere, quindi, nel giudizio di merito nel corso del quale essa venga adottata. Il comma 2 enuncia, invero, l'ulteriore principio della revocabilità o modificabilità di tutte le ordinanze, salvo quelle rientranti nelle ipotesi previste dal comma del medesimo art. 177.

Principio di revocabilità ed ordinanze irrevocabili

Le ordinanze emanate nel corso del giudizio hanno efficacia provvisoria, non hanno effetto preclusivo, e sono perciò sempre revocabili e modificabili, anche implicitamente, con la sentenza che definisce il merito del giudizio (Cass. I, n. 1596/2007).

Le ordinanze istruttorie non possono mai pregiudicare la decisione della causa e possono perciò essere sempre revocate dal giudice che le ha pronunciate, salvo che nei casi contemplati dall'art. 177; pertanto, il contrasto fra l'ordinanza e la successiva sentenza, emesse entrambe dallo stesso giudice, non dà luogo a contraddittorietà di motivazione, ma denota che il giudice ha implicitamente modificato o revocato l'ordinanza per le ragioni esposte nella sentenza (Cass. n. 718/1965).

E' dunque inammissibile l'impugnazione, benché proposta formalmente contro una sentenza, che tenda nella sostanza ad ottenere l'annullamento di una ordinanza di ammissione di prova. Un tale provvedimento, infatti, può essere, come detto, revocato o modificato dallo stesso giudice che ebbe ad emetterlo, ha un carattere del tutto mediato e strumentale rispetto alla successiva decisione di merito, rimanendo in quest'ultima assorbite le violazioni di legge e gli errori eventualmente commessi in istruttoria. Peraltro, una volta che il mezzo di prova sia stato ammesso non può essere posto in discussione il giudizio sulla sua rilevanza e decisività emesso nel corpo della pregressa attività istruttoria, poiché ogni critica o censura concernente quella valutazione non può che dirigersi contro la motivazione della sentenza, investendo l'apprezzamento dei fatti oggetto di prova compiuto dal giudice nel decidere la controversia (Cass. II, n. 2602/2001).

La sentenza può anche rigettare la domanda, ritenendola non provata, facendo utilmente richiamo dell'ordinanza istruttoria che abbia respinto una richiesta inammissibile di prove, in quanto espressione del giudizio che la parte avrebbe dovuto dare impulso alla prova con la richiesta di mezzi ammissibili e concludenti.

Le ordinanze emesse dal giudice istruttore nel corso del processo divengono inefficaci, infatti, nell'ipotesi di successiva pronunzia che disponga in tal senso non soltanto in modo esplicito (come nel caso della loro modifica da parte dello stesso giudice istruttore ovvero della loro revoca da parte sua o del collegio), ma anche implicito (come nel caso in cui sia reso, in senso contrario ad esse, un provvedimento che definisca il merito della controversia).

Nella vigenza della disciplina operante per i giudizi iniziati in primo grado in epoca anteriore al 30 aprile 1995, ai quali non è, cioè, applicabile il regime introdotto dalla l. n. 353/1990, si affermava che la mancata proposizione del reclamo immediato ex art. 178 avverso l'ordinanza che avesse respinto l'istanza di ammissione di una prova non impediva il successivo controllo del collegio sull'ordinanza stessa (non essendo la decisione finale del giudice, del resto, vincolata dai provvedimenti inerenti all'istruzione della causa), sempre che la parte interessata avesse, però, riproposto la questione in sede di precisazione delle conclusioni o altrimenti richiesto espressamente la revoca di detta ordinanza, restando in caso contrario la questione sull'ammissibilità della prova preclusa anche in sede di impugnazione (Cass. II, n. 5618/1995; Cass. I, n. 3773/1995; Cass. II, n. 7672/1994;Cass. II, n. 9083/1991).

L'art. 177, comma 2, attribuisce al giudice un potere di revoca o modifica discrezionale, il cui esercizio può essere sollecitato con un'istanza della parte, alla quale legittimamente può non darsi seguito.

Il principio generale, stabilito dal comma 2 dell'art. 177, trova un limite nel comma 3 della stessa norma, che preclude la modifica o la revoca di tali provvedimenti in tre casi tassativi. Un'ulteriore limitazione alla regola generale si desume, poi, dall'art. 153, nel senso che non essendo, per tale disposizione, i termini perentori suscettibili di abbreviazione o di proroga nemmeno sull'accordo delle parti, le ordinanze che, per un determinato adempimento, fissano un termine dalla legge ritenuto perentorio, non possono essere più modificate in relazione allo spostamento di detto termine (Cass. III, n. 1283/1963).

Sono, di regola, revocabili, in applicazione del generale principio posto dalla norma in commento, le ordinanze pronunciate nel corso del giudizio di cassazione (Cass. II, n. 3409/2011), come quelle del procedimento davanti al giudice di pace (Cass. III, n. 25825/2009). Pure revocabile è l'ordinanza con la quale il giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo concede la provvisoria esecuzione, ai sensi dell'art. 648 (Cass. S.U., n. 10132/2012)

È altresì revocabile l'ordinanza-ingiunzione emessa ai sensi dell'art. 186-ter, non potendosi essa considerare come decisione sul merito (Cass. S.U., n. 26937/2013); come il provvedimento con cui sia stata disposta, ai sensi dell'art. 102, l'integrazione del contraddittorio (Cass. II, n. 21353/2005).

Ordinanze irrevocabili: casistica

Non sono revocabili: le ordinanze pronunziate sull'accordo delle parti, salvo che vi sia l'accordo di tutte le parti (ma tale non può considerarsi l'ordinanza di ammissione — sull'accordo delle parti — del giuramento decisorio, la quale non preclude al giudice una nuova valutazione delle condizioni per l'ammissibilità del giuramento stesso, in quanto mezzo istruttorio per il quale la legge pone limiti non derogabili dalle parti e dunque non rimessi alla loro disponibilità; Cass. II, n. 9927/2004); le ordinanze dichiarate dalla legge espressamente non impugnabili (quali, ad esempio, l'ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo per la mancata comparizione delle parti: Cass. I, n. 11014/2005; l'ordinanza di correzione di errori materiali: Cass. II, n. 16205/2013); le ordinanze per le quali sia previsto uno speciale mezzo di reclamo (quale la declaratoria di estinzione del processo, a differenza dell'ordinanza di rigetto dell'eccezione di estinzione: Cass. II, n. 8670/2005; come pure il provvedimento di sospensione del processo, ex art. 295, la cui revocabilità confliggerebbe con la previsione della sua impugnabilità mediante regolamento necessario di competenza, sicché è inammissibile il regolamento proposto il rigetto dell'istanza di revoca dell'ordinanza di sospensione; Cass. VI, n. 17129/2015). Neppure è revocabile l'ordinanza di rinvio della causa per conclusioni, in quanto essa produce, fra l'altro, la preclusione istruttoria, della quale neppure il giudice può disporre (Cass. II, n. 14110/2013; Cass. III, n. 16571/2002).

Bibliografia

Cordopatri, Per la chiarezza delle idee in tema di forma del provvedimento dichiarativo dell'estinzione del processo e del suo regime impugnatorio, in Riv. trim. dir e proc. civ., 2014, 785 ss.; Liebman, Manuale di diritto processuale civile, Principi, VI ed., a cura di Colesanti-Merlin-Ricci, Milano, 2002; Punzi, Il processo civile. Sistema e problematiche, II, Torino, 2010; Saletti, voce Estinzione del processo: 1) dir. proc. civ., in Enc. giur., XIII, Roma, 1989.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario