Codice di Procedura Civile art. 221 - Modo di proposizione e contenuto della querela.


Modo di proposizione e contenuto della querela.

[I]. La querela di falso può proporsi [9 2, 313; 65 att.] tanto in via principale [99 1 att.] quanto in corso di causa in qualunque stato e grado di giudizio [355], finché la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato [324].

[II]. La querela deve contenere, a pena di nullità, l'indicazione degli elementi e delle prove della falsità, e deve essere proposta personalmente dalla parte oppure a mezzo di procuratore speciale [83, 84], con atto di citazione o con dichiarazione da unirsi al verbale d'udienza.

[III]. È obbligatorio l'intervento nel processo del pubblico ministero [70 1 n. 5, 158].

Inquadramento

Gli articoli da 221 a 227 regolano le modalità di proposizione della querela di falso, in via principale o incidentale, il contenuto tassativo della stessa, le forma del relativo procedimento, i poteri del giudice, i provvedimenti relativi alla custodia del documento e gli esiti decisori possibili. Lo scopo del procedimento di falso consiste nell'accertare la genuinità di un documento, ovvero la sua effettiva provenienza o attribuzione alla persona che se ne dichiara autore, al fine di predisporre uno strumento probatorio irrefutabile. Tale giudizio presuppone una res dubia, o una contestazione, la quale, in concomitanza dell'altro requisito relativo alla rilevanza dell'atto, integra l'interesse della parte all'affermazione della verità e quindi al provvedimento giudiziale.

Ad esempio, le attestazioni contenute nel verbale di accertamento delle infrazioni al codice della strada fanno piena prova, fino a querela di falso, con riguardo all'avvenuto accadimento dei fatti e delle dichiarazioni ricevute alla presenza del pubblico ufficiale, non estendendosi la fede privilegiata all'intrinseca veridicità del contenuto delle informazioni in tal modo apprese (Cass. VI-3, n. 31107/2022).

Parimenti, il referto del pronto soccorso di una struttura ospedaliera pubblica è atto pubblico assistito da fede privilegiata e, come tale, fa piena prova sino a querela di falso della provenienza dal pubblico ufficiale che lo ha formato, delle dichiarazioni rese al medesimo, e degli altri fatti da questi compiuti o che questi attesti avvenuti in sua presenza restando, invece, non coperte da fede privilegiata le valutazioni, le diagnosi o, comunque, le manifestazioni di scienza o di opinione in essa espresse (Cass. III, n. 27288/2022).

L'atto notorio fa fede, fino a querela di falso, solo con riferimento all'attestazione dell'ufficiale rogante di aver ricevuto le dichiarazioni in esso contenute dai soggetti indicati, previa loro identificazione, mentre, in relazione al contenuto delle dichiarazioni, esso ha un'efficacia meramente indiziaria (Cass. II, n. 25646/2022).

Viceversa, in tema di notifica ex art. 140, la dichiarazione con la quale l'ufficiale giudiziario o quello postale dichiari di non avere trovato nessuno all'indirizzo del destinatario non costituisce attestazione dotata di pubblica fede, ma mera presunzione, superabile con qualsiasi mezzo di prova e senza necessità di impugnazione con querela di falso, che in quel luogo si trovi la residenza effettiva del notificando o la sua dimora o il domicilio (Cass. III, n. 25885/2022).

Il valore di prova legale della scrittura privata riconosciuta o da considerarsi tale, è limitato alla provenienza della dichiarazione del sottoscrittore e non si estende al contenuto della medesima, sicché la querela di falso è esperibile unicamente nei casi di falsità materiale per rompere il collegamento, quanto alla provenienza, tra dichiarazione e sottoscrizione e non in quella di falsità ideologica per impugnare la veridicità di quanto dichiarato, al qual fine può farsi invece ricorso alle normali azioni atte a rilevare il contrasto tra volontà e dichiarazione ( Cass. V, n. 24841/2020; Cass. VI, n. 20214/2019; Cass. III, n. 12707/2019; Cass. I. n. 8766/2018; Cass. III, n. 5383/2018 ).

Così, in tema di testamento pubblico, lo stato di sanità mentale del testatore, seppure ritenuto e dichiarato dal notaio per la mancanza di segni apparenti di incapacità del testatore medesimo, può essere contestato con ogni mezzo di prova, senza necessità di proporre querela di falso, proprio perché, ai sensi dell'art. 2700 c.c., l'atto pubblico fa piena prova delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, ma nei limiti della sola attività materiale, immediatamente e direttamente richiesta, percepita e constatata dallo stesso pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni (Cass. II, n. 2702/2019).

La querela di falso finalizzata a confutare la veridicità dell'attestazione del pubblico ufficiale con riferimento alla presenza continuativa dei testimoni non è idonea a fornire l'effettiva prova della nullità dell'atto pubblico, perché non ne dimostra l'assenza al momento dell'attività di lettura e di sottoscrizione dell'atto stesso (Cass. II, n. 18042/2020).

È inammissibile la querela di falso proposta non allo scopo di togliere ad un documento l'idoneità a far fede e servire come prova di determinati rapporti, ma per eliminare un errore materiale incorso nell'atto (Cass. VI, n. 19626/2020).

Va superata con querela di falso altresì la prova della sottoscrizione con firma digitale  (a proposito di sentenza redatta in formato elettronico, Cass. I, n. 11306/2021), come quella della data del deposito telematico di un atto processuale digitale attestata dal cancelliere (Cass. n. 2829/2023).

 

Preclusioni

La legge non pone preclusioni temporali, in linea di principio, alla proposizione della querela di falso, ma preclusione certamente sussiste quando la parte tiene un comportamento che suona conferma del contenuto dell'atto, o comunque non interviene il dovuto disconoscimento, nonostante che l'altra parte produca il documento a prova di una sua formale affermazione (Cass. III, n. 8711/1994). Il riconoscimento tacito, ai sensi dell'art. 215, comma 1, n. 2, di una scrittura privata prodotta nel corso del giudizio non costituisce accertamento non impugnabile di autenticità di essa e perciò non preclude la successiva proponibilità della querela di falso (Cass. II, n. 10287/1998).

La previsione secondo cui la querela di falso può essere sempre proposta in qualsiasi stato e grado del giudizio deve essere comunque intesa nel senso che la relativa istanza, in primo o in secondo grado, se non è impedita dallo spirare delle preclusioni istruttorie, deve comunque intervenire prima della rimessione della causa in decisione, quindi, al più tardi entro l'udienza di precisazione delle conclusioni (Cass. III, n. 10402/2017; Cass. I, n. 1870/2016; Cass. II, n. 17900/2011).

Inoltre, la disposizione dell'art. 221, comma 1, secondo cui, appunto, la querela può proporsi in ogni stato e grado del giudizio, si riferisce al giudizio rispetto al quale potrebbe rilevare il documento falso e non al giudizio per falso; perciò, non è ammissibile, in forza di tale previsione, l'indicazione, all'udienza di precisazione delle conclusioni in primo grado, di nuovi elementi di falsità del documento (Cass. I, n. 18622/2005).

Peraltro, ove sia stata proposta in via principale querela di falso, non è consentito in corso di causa avanzare un'istanza di disconoscimento della scrittura, poiché la nuova domanda, introducendo elementi costitutivi ed oneri per le parti ben diversi da quelli che integrano quella originariamente formulata, realizzerebbe una inammissibile mutatio libelli (Cass. I, n. 27515/2008).

Così pure, nel giudizio promosso con querela di falso in via principale, costituisce domanda nuova, per novità del "petitum", la richiesta di accertamento della falsità di un documento ulteriore e diverso rispetto a quelli in relazione ai quali la domanda è stata inizialmente introdotta, ancorché tale documento abbia pur esso rilevanza nel diverso processo nel corso del quale è stato esibito (Cass. II, n. 24843/2022).

La querela di falso proposta in via principale dà luogo, malgrado la peculiarità del suo oggetto, ad un giudizio ordinario di cognizione nel quale trova applicazione il meccanismo delle memorie integrative, senza che a ciò osti l'art. 221, che ha la propria "ratio" esclusiva nel consentire al giudice di valutare preliminarmente, in omaggio al principio della ragionevole durata del processo, la sussistenza dei presupposti per la proposizione della querela (Cass. I, n, 1966/2016).

Quanto poi alla querela di falso proposta in appello, sebbene, di regola, il giudice debba limitarsi ad accertare la sussistenza dei presupposti necessari per instaurare il relativo giudizio, essa può essere dichiarata manifestamente infondata, mediante un'interpretazione restrittiva dell'art. 355 c.p.c., in virtù del principio della ragionevole durata del processo (Cass. II, n. 23899/2016).

Forma e contenuto dell'atto di querela

Ai fini della valida proposizione della querela di falso, l'obbligo di indicazione degli elementi e delle prove della falsità (previsto dall'art. 221) non impone necessariamente la completa e rituale formulazione della prova testimoniale, essendo sufficiente l'indicazione di tale prova e delle circostanze che ne dovrebbero costituire l'oggetto; peraltro, il suddetto obbligo può essere assolto con l'indicazione di qualsiasi tipo di prova idoneo all'accertamento del falso, e quindi anche a mezzo di presunzioni (Cass. III, n. 4720/2019; Cass. lav., n. 1537/2001; tuttavia, per Cass. I, n. 2790/1991, l'art. 221 imporrebbe l'indicazione degli elementi e delle prove a supporto della querela di falso secondo i modi stabiliti dalla legge processuale e, perciò, ove si tratti di prova testimoniale, mediante indicazione specifica, ai sensi dell'art. 244, delle persone da interrogare e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuna di esse deve essere interrogata). Ai fini dell'ammissibilità della querela di falso, la richiesta di consulenza tecnica d'ufficio con riserva di formare scritture di comparazione, può ritenersi valida indicazione di prove della falsità, tutte le volte che il querelante, estraneo al documento e alle persone coinvolte nel falso, non sia in condizione di offrire prove specifiche precostituite (Cass. II, n. 3131/1980).

Nello stesso senso, si è ritenuto che sia la richiesta di consulenza tecnica d'ufficio (implicitamente mirata a formare scritture di comparazione), sia la richiesta al giudice di rilevare "ictu oculi" la falsità della sottoscrizione apposta sul documento impugnato soddisfano il requisito dell'indicazione delle prove della falsità, prescritto dall'art. 221, comma 2, ai fini di ammissibilità della querela (Cass. II, n. 8718/2023).

La possibilità di operare nelle memorie integrative l'indicazione di mezzi di prova e per le produzioni documentali non fa venir meno il requisito di validità previsto dall'art. 221, comma 2 (Cass. III, n. 27408/2023).

Nel procedimento di falso, l'idoneità di una scrittura privata alla funzione di comparazione richiede non già il dato negativo della mancanza di un formale disconoscimento nei tempi e nei modi di cui agli artt. 214 e 215, bensì quello positivo del riconoscimento, espresso o tacito (per non essere, cioè, mai stata contestata l'autenticità della scrittura), atteso che, dovendo fungere da fonte di prova della verità di altro documento, è indispensabile che sia certa la provenienza della scrittura da colui al quale quel documento si intende attribuire (Cass. VI, n. 13078/2016).

L'indicazione degli elementi e delle prove della falsità, che il comma 2 dell'art. 221 richiede a pena di nullità (e, quindi, di inammissibilità della querela), non è necessaria allorquando la falsità sia rilevabile ictu oculi e quindi non occorrano indagini istruttorie, diverse dall'esame del documento e dalla considerazione di fatti la cui certezza sia fuori discussione (Cass. II, n. 10874/2018;Cass. II, n. 8230/1990).

La procura speciale soddisfa i requisiti di cui all'art. 221, comma 2, ove dall'atto risulti che il rappresentato abbia consapevolezza della falsità di taluni documenti essenziali prodotti in giudizio e nel mandato siano specificati i documenti da impugnare con la volontà esplicita di proporre querela, senza, peraltro, che occorra individuare i documenti allorché la procura sia conferita al difensore a margine o in calce alla citazione per la proposizione della querela in via principale poiché il collegamento con l'atto su cui è apposta elimina ogni incertezza sull'oggetto di essa (Cass. II, n. 16919/2015).

L'atto di citazione con il quale è proposta in via principale querela di falso relativa a un determinato documento può essere sottoscritto, invece, anche dal solo difensore munito di procura ad litem rilasciata in calce o a margine dell'atto, perché la procura speciale ad litem è astrattamente idonea a conferire il potere di proporre la querela di falso in via principale, mentre va in concreto accertato se, in considerazione del contenuto e dell'oggetto dell'atto di citazione, la volontà della parte di proporre querela possa ritenersi univocamente espressa con il conferimento della procura «ad litem», e tale volontà deve ritenersi sussistente allorché la citazione sia esclusivamente diretta a proporre querela di falso in via principale, dato che non può — in virtù del principio della inscindibilità della procura dall'atto in calce o a margine del quale è apposta — sollevarsi alcun dubbio in ordine alla manifestazione della volontà della parte di proporre querela e di conferire al procuratore speciale il relativo potere, non essendo individuabile una diversa domanda, e tenuto conto anche del criterio ermeneutico di cui all'art. 1367 c.c. (principio di conservazione del negozio) (Cass. I, n. 20415/2006).

La querela di falso in corso di causa, deve essere prima «proposta» ai sensi dell'art. 221, cioè portata all'attenzione del giudice affinché valuti la rilevanza e l'ammissibilità della relativa istanza, e, quindi, «presentata» ai sensi dell'art. 222, il che può avvenire solo dopo l'autorizzazione del giudice che ne abbia positivamente valutato l'ammissibilità. Solo la «presentazione», e non la «proposizione» della querela dà origine al subprocedimento incidentale di falso, con la conseguenza che la mera proposizione della querela stessa non comporta alcuna necessità di sospendere il giudizio principale (Cass. III, n. 12263/2009).

Si è precisato che la competenza territoriale sulla querela di falso proposta nel giudizio di appello appartiene al foro generale della persona, mancando una specifica disposizione normativa sulla forza attrattiva della causa di merito (Cass. VI, n. 13032/2016).

Le parti del procedimento

La querela di falso — la quale ha il fine di togliere ad un atto pubblico o ad una scrittura privata riconosciuta l'idoneità a far fede ed a servire come prova di fatti o rapporti — è proponibile contro chi possa avvalersi del documento, per fondare su di esso una pretesa giuridica, sia o meno l'autore della falsificazione (Cass. I. 18323/2007).

L'autore del falso, ovvero chi abbia comunque concorso nella falsità, ha al più la possibilità di intervenire in via adesiva nel giudizio (Cass. VI, n. 19281/2019).

È legittimato a proporre querela di falso chiunque abbia interesse a contrastare l'efficacia probatoria di un documento munito di fede privilegiata in relazione ad una pretesa che su di esso si fondi, ovvero chiunque intenda conseguire una certezza, quanto alla falsità o genuinità di un documento, nei confronti di chi abbia inteso concretamente avvalersi di esso, non esclusa la stessa parte che l'abbia prodotto in giudizio; sicché difetta l'interesse ad agire, con riferimento al tema della certezza dell'autenticità dello scritto, quando essa è già esistente, in quanto consacrata in un provvedimento giurisdizionale divenuto cosa giudicata   (Cass. I, n. 3305/1997; Cass. I, n. 19413/2017;Cass. I, n. 8483/2018; Cass. II, n. 8575/2019).

Al fine dell'osservanza delle norme che prevedono l'intervento obbligatorio del P.M. nel processo civile —come nel caso di procedimento per querela di falso — è sufficiente che al P.M. siano inviati gli atti del giudizio, ponendolo in condizione di intervenire, non sussistendo, in caso di omessa partecipazione, ulteriori oneri di comunicazione (Cass. II, n. 21065/2006; Cass. VI, n. 22567/2013). L'intervento del P.M. è, peraltro, necessario nella fase relativa all'accertamento del falso e non anche nella fase preliminare in cui si decide dell'ammissibilità dell'azione e della rilevanza del documento, poiché soltanto con l'effettiva promozione di accertamenti della falsificazione denunciata si coinvolge il generale interesse all'intangibilità della pubblica fede dell'atto, che l'organo requirente è chiamato a tutelare (Cass. III, n. 21232/2023Cass. III, n. 15142/2022Cass. II, n. 22979/2017; Cass. II, n. 12444/2000). L'obbligatorietà dell'intervento del pubblico ministero non richiede, peraltro, la partecipazione del rappresentante di quell'ufficio alle varie udienze o anche alle operazioni di consulenza tecnica, né la formulazione di conclusioni, essendo sufficiente che il P.M., mediante l'invio degli atti, sia informato del giudizio e posto in condizione di sviluppare l'attività ritenuta opportuna (Cass. VI, n. 22567/2013).

La querela di falso è ammissibile nel giudizio di cassazione quando concerna documenti attinenti al relativo procedimento, ossia quando riguardi la nullità della sentenza impugnata, l'ammissibilità del ricorso o del controricorso, l'autenticazione delle firme sugli stessi atti e, come nel caso in esame, le notificazioni di essi (spettando alla Suprema Corte, davanti alla quale sia stata proposta la querela di falso in via incidentale, il preliminare accertamento sulla rilevanza della denunciate falsità), mentre è improponibile qualora investa atti del procedimento che si è svolto dinanzi al giudice di merito  (Cass. II, n. 8537/2018;Cass. L, n. 8377/2018; Cass. III, n. 986/2009Cass. II, n. 24007/2017).

La rilevanza del documento

La proponibilità della querela di falso in via incidentale presuppone la rilevanza del documento della cui autenticità si controverte; ciò non esclude che — accertata, all'esito del giudizio incidentale, la falsità di un documento — il giudice possa accogliere la domanda della parte, che si è avvalsa del medesimo, sulla base delle complessive risultanze processuali e senza attribuire valore di prova legale al documento dichiarato falso (Cass. I, n. 26149/2006).

Per valutare la rilevanza del documento prodotto per la decisione della causa, al fine di autorizzare la proposizione della querela di falso in via incidentale, il giudice deve esaminare se i mezzi di prova offerti sono idonei, astrattamente considerati ed indipendentemente dal loro esito, a privare di efficacia probatoria il documento impugnato e tale valutazione è ammissibile solo laddove la parte che intenda impugnare il documento ne indichi, con univocità e tempestività, gli elementi di irregolarità (Cass. I, n. 28514/2008).

La rilevanza del documento, condizione di ammissibilità della querela di falso ex art. 222, rimane a priori esclusa quando il giudice emetta una sentenza con la quale definisca il giudizio decidendo questioni preliminari attinenti al processo, ovvero questioni preliminari di merito di carattere impediente od assorbente rispetto alla pretesa fatta valere, senza poter entrare quindi nell'esame della pretesa stessa, sulla cui prova influisca il documento impugnato di falso (Cass. II, n. 2271/1995).

La questione della rilevanza dell'eventuale falsità del documento, impugnato con la querela in via incidentale di cui all'art. 221, ai fini della decisione di merito è, tuttavia, devoluta esclusivamente al giudice del merito e non a quello della querela, il cui unico compito è quello di affermare o negare la falsità dell'atto, come si evince dal disposto dell'art. 222, secondo il quale solo se il giudice istruttore valuta rilevante il documento in funzione della sentenza attinente al giudizio di merito può autorizzare la proposizione della querela (Cass. II, n. 12399/2007).

Si è osservato come la formulazione dell'art. 221, quanto al contenuto necessario dell'atto di querela, indichi in modo non equivoco che il giudice davanti al quale sia stata proposta la querela di falso è tenuto a compiere un accertamento preliminare per verificare la sussistenza o meno dei presupposti che ne giustificano la proposizione, finendosi diversamente dilatare i tempi di decisione del processo principale, in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111, comma 2, Cost. (Cass. S.U., n. 15169/2010; Cass. VI, n. 6220/2018).

Ove, peraltro, la querela di falso sia proposta in via principale, il giudice non è tenuto al preliminare vaglio, al fine della valutazione dell'ammissibilità della domanda, della rilevanza del documento, come richiede invece l'art. 222 per il caso di querela incidentale, dopo avere prescritto l'interpello della controparte, ma deve, ai soli fini del riscontro della fondatezza o non della querela, controllare che sulla genuinità del documento sia insorta contestazione, che di esso sia stato fatto uso, anche al di fuori di un determinato processo e che, per il suo contenuto, esso sia suscettibile di costituire mezzo di prova contro l'istante, mentre non ha rilievo l'ammissione della falsità da parte del soggetto nei cui confronti la querela è stata proposta (Cass. lav., n. 12130/2011).

Benché sia affidato all'istruttore il giudizio sulla rilevanza processuale dell'atto inciso dalla querela e sull'ammissibilità della proposizione della stessa, non è precluso al collegio il riesame dei presupposti suddetti, ai sensi dell'art. 178, comma 1, in sede di decisione della causa (Cass. I, n. 988/2021).

Al fine di disattendere le risultanze di un atto pubblico non è comunque necessaria la proposizione dell'impugnativa di falso qualora dal contesto del documento risulti in modo palese ed inequivoco la ricorrenza di elementi tali da lasciar ragionevolmente presumere la mancanza di un preordinato intento di immutazione del vero, potendo la divergenza dei dati ricondursi ad un mero errore materiale (Cass. I, n. 9313/1995).

Anche la scrittura privata disconosciuta ai sensi dell'art. 214 può formare oggetto di querela di falso, salvo il potere del giudice di negare, nel solo caso di proposizione della querela in via incidentale, l'autorizzazione prevista dall'art. 222 stesso codice, con provvedimento la cui eventuale erroneità, siccome astrattamente idonea a spiegare effetti soltanto nel giudizio di produzione della scrittura, non determina comunque la inammissibilità della querela incidentale in ipotesi proposta (Cass. II, n. 3990/2017).

La querela di falso, avendo lo scopo di privare il documento dell'efficacia probatoria qualificata che gli è attribuita dalla legge, può investire anche una sentenza, purché attenga a ciò di cui la stessa fa fede quale atto pubblico, ossia alla provenienza del documento dall'organo che l'ha sottoscritta, alla conformità al vero di quanto risulta dalla veste estrinseca del documento (data, sottoscrizione, composizione del collegio giudicante, ecc.) ed a ciò che il giudicante attesta essere avvenuto in sua presenza, mentre non è ammessa ove proposta nell'ambito del giudizio di impugnazione della sentenza della quale si adduce la falsità (Cass. II, n. 24007/2017).

Si è precisato che è ammissibile la querela di falso proposta direttamente contro la copia del documento prodotta in causa, senza previo disconoscimento della sua conformità all'originale, dal momento che l'efficacia probatoria (piena) della copia fotostatica della scrittura privata conforme all'originale alterato o contraffatto si presta ad essere rimossa con il giudizio di falso (Cass. II, n. 8718/2023).

Prova della falsità

Nel giudizio di falso la prova della falsità del documento impugnato con apposita querela deve essere fornita dal querelante, che può valersi di ogni mezzo ordinario di prova e quindi anche delle presunzioni, utilizzabili in particolare quando il disconoscimento dell'autenticità non si estenda alla sottoscrizione e sia lamentato il riempimento del documento fuori di qualsiasi intesa, con conseguente contestazione del nesso tra il testo ed il suo autore (Cass. VI, n. 2126/2019; Cass. III, n. 6050/1998).

Abusivo riempimento di foglio firmato in bianco

La denuncia dell'abusivo riempimento di un foglio firmato in bianco postula il rimedio della querela di falso tutte le volte in cui il riempimento risulti avvenuto absque pactis o sine pactis — ipotesi che ricorre anche quando la difformità della dichiarazione rispetto alla convenzione sia tale da travolgere qualsiasi collegamento tra la dichiarazione e la sottoscrizione — mentre tale rimedio non è necessario nell'ipotesi di riempimento contra pacta, ossia in caso di mancata corrispondenza tra quanto dichiarato e quanto si intendeva dichiarare (Cass. III, n. 18234/2023; Cass. III, n. 12118/2020;Cass. II, n. 21587/2019 ; Cass. II, n. 18059/2007; Cass. III, n. 18989/2010). Nel primo caso, infatti, il documento esce dalla sfera di controllo del sottoscrittore completo e definitivo, sicché l'interpolazione del testo investe il modo di essere oggettivo dell'atto, tanto da realizzare una vera e propria falsità materiale, che esclude la provenienza del documento dal sottoscrittore; nel secondo caso, invece, tale provenienza non può essere esclusa, in quanto attraverso il patto di riempimento il sottoscrittore fa preventivamente proprio il risultato espressivo prodotto dalla formula che sarà adottata dal riempitore. Ciò che però rileva, ai fini dell'esclusione della querela di falso, è che il riempitore sia stato autorizzato al riempimento, mentre nessuna importanza ha il fatto che egli miri a far apparire il documento come collegato ad un'operazione economica diversa da quella alla quale si riferisce l'autorizzazione (Cass. III, n. 5245/2006).

Il riempimento “contra pacta” (o abuso di biancosegno) consiste, pertanto, in un inadempimento derivante dalla violazione del “mandatum ad scribendum”, il quale può avere un contenuto sia positivo che negativo; ne deriva che anche la violazione di un accordo sul riempimento avente contenuto negativo (quale è quello che prevede, a carico di chi riceve il documento, l'obbligo di non completarlo) integra un abuso di biancosegno, la cui dimostrazione non onera la parte che lo deduca alla proposizione di querela di falso (Cass. n. 11422/2024Cass. III, n. 899/2018).

Si è di recente così deciso che, in caso di partecipazione di un condomino all'assemblea a mezzo di rappresentante, il condomino rappresentato, il quale  impugni la deliberazione dell'assemblea, assumendo che la stessa sia stata adottata in forza del voto di un proprio  “infedele” delegato per abusivo riempimento della delega firmata in bianco, deve fornire la prova di un accordo di contenuto diverso da quello del foglio sottoscritto, non essendo sufficiente il mero disconoscimento del contenuto della delega (Cass. VI-2, n. 16673/2018).

Anche la denuncia dell'abusivo riempimento di un foglio firmato in bianco proveniente da un terzo (nella specie, un delegato) postula la proposizione della querela di falso tutte le volte in cui il riempimento risulti avvenuto "absque pactis" e la scrittura abbia un'incidenza sostanziale e/o processuale intrinsecamente elevata (Cass. I, n. 11028/2016).

La condotta di “ chi, abusando di un foglio firmato in bianco, del quale abbia il possesso per un titolo che importi l'obbligo o la facoltà di riempirlo, vi scrive o fa scrivere un atto privato produttivo di effetti giuridici, diverso da quello a cui era obbligato o autorizzato, se dal fatto di farne uso o di lasciare che se ne faccia uso, deriva un danno ad altri” è ora prevista come ipotesi di illecito civile sottoposto a sanzione pecuniaria dall'art. 4, comma 4, lett. b, del d.lgs. n. 7/2016.

Differenza dal procedimento penale di falso

Il giudizio civile di falso ed il procedimento penale di falso, pur conducendo entrambi ad un'eliminazione dell'efficacia rappresentativa del documento risultato falso, sono sostanzialmente differenti tra loro: il primo tende soltanto a dimostrare la totale o parziale non rispondenza al vero di un determinato documento nel suo contenuto obiettivo o nella sua sottoscrizione; il secondo, mira anche ad identificare l'autore, al fine di assoggettarlo alle pene stabilite dalla legge. La querela di falso di cui all'art. 221 e la denuncia in sede penale hanno, quindi, funzioni diverse, salvo l'obbligo del giudice civile di sospendere il giudizio civile sulla querela allorché sia iniziato il procedimento penale, in relazione al disposto di cui all'art. 295 e, considerata l'efficacia propria della sentenza penale sul giudizio civile, ai sensi dell'art. 654 c.p.p. (Cass. III, n. 2524/2006 ; Cass. I, n. 1814/1969). Ai sensi del medesimo art. 654 c.p.p., l'efficacia vincolante del giudicato penale di assoluzione, è infatti invocabile nel giudizio civile tra coloro che parteciparono al processo penale, purché la soluzione del primo dipenda dagli stessi fatti materiali del secondo. Di tal che ha efficacia di giudicato nel giudizio civile di falso la sentenza penale che, ad esempio, abbia accertato l'autenticità della sottoscrizione della parte certificata dall'avvocato ai fini della procura alle liti, assolvendolo dall'imputazione di falso ideologico in certificati commesso da persona esercente un servizio di pubblica necessità (art. 481 c.p.), stante l'identità dei fatti materiali accertati ai fini della decisione penale e di quelli in relazione ai quali sia stata proposta querela di falso (cfr. Cass. II, n. 8393/2015; Cass. II, n. 27161/2018).

Bibliografia

Luiso-Sassani, La riforma del processo civile, Milano, 2006.

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