Codice di Procedura Civile art. 362 - Altri casi di ricorso.Altri casi di ricorso. [I]. Possono essere impugnate con ricorso per cassazione, nel termine di cui all'articolo 325 secondo comma, le decisioni in grado d'appello o in unico grado del giudice amministrativo o di un giudice speciale, per motivi attinenti alla giurisdizione del giudice stesso [37 1]1. [II]. Possono essere denunciati in ogni tempo con ricorso per cassazione: 1) i conflitti positivi o negativi di giurisdizione tra giudici speciali, o tra giudice amministrativo e giudice speciale, o tra questi e i giudici ordinari2; 2) i conflitti negativi di attribuzione tra la pubblica amministrazione e il giudice ordinario.
[III]. Le decisioni dei giudici ordinari passate in giudicato possono altresì essere impugnate per revocazione ai sensi dell'articolo 391-quater quando il loro contenuto e' stato dichiarato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo contrario alla Convenzione ovvero ad uno dei suoi Protocolli3. [1] Comma modificato dall'art. 3, comma 27, lett. b) num. 1) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, che dopo le parole «o in unico grado» sono aggiunte le seguenti: «del giudice amministrativo o». Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come sostituito dall'art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "5. Salvo quanto disposto dal comma 6, le norme del capo III del titolo III del libro secondo del codice di procedura civile e del capo IV delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, come modificati dal presente decreto, hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2023 e si applicano ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere da tale data.". [2] Numero modificato dall'art. 3, comma 27, lett. b) num. 2) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, che dopo le parole «tra giudici speciali,» ha aggiunto le parole «o tra giudice amministrativo e giudice speciale,». Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come sostituito dall'art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "5. Salvo quanto disposto dal comma 6, le norme del capo III del titolo III del libro secondo del codice di procedura civile e del capo IV delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, come modificati dal presente decreto, hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2023 e si applicano ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere da tale data.". [3] Comma aggiunto dall'art. 3, comma 27, lett. b) num. 2) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149. Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come sostituito dall'art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "5. Salvo quanto disposto dal comma 6, le norme del capo III del titolo III del libro secondo del codice di procedura civile e del capo IV delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, come modificati dal presente decreto, hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2023 e si applicano ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere da tale data.". InquadramentoLa norma sembrerebbe unificare il regime del ricorso per cassazione contro le decisioni di tutti i giudici speciali: in verità, il limite dell'impugnazione ai soli “motivi di giurisdizione” sussiste per le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei conti (art. 111, comma 8, Cost.), non di altri giudici speciali (come Tribunale superiore delle acque pubbliche, CSM e CNF per le funzioni disciplinari). La Suprema Corte non è giudice sovraordinato rispetto a quello amministrativo o contabile, avendole il legislatore attribuito solo un potere di sindacato sulle decisioni circoscritto all'osservanza dei limiti esterni delle attribuzioni giurisdizionali, senza alcun controllo sul concreto esercizio della funzione (Cass. S.U., n. 25246/2008, in motivazione). La riforma del 2022 (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149) parallelamente alla modifica lessicale apportata all'articolo 37, ha modificato la disposizione con l'introduzione della specifica considerazione del giudice amministrativo accanto al giudice ordinario e ai «giudici speciali». La norma in commento ha subito un'ulteriore modifica per includere fra le ragioni di ricorso innanzi alla Corte di cassazione anche il rimedio della revocazione (come disciplinato dal nuovo art. 391-quater) avverso le decisioni dei giudici ordinari passate in giudicato il cui contenuto sia stato dichiarato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo contrario alla Convenzione ovvero ad uno dei suoi Protocolli. I “motivi inerenti alla giurisdizione” ex art. 111, comma 8, Cost.La norma, discorrendo di «motivi attinenti alla giurisdizione», ripete nella sostanza il dettato dell'art. 111, comma 8, Cost., ove si parla di «soli motivi inerenti alla giurisdizione». Al riguardo dispone ora, del pari, l'art. 110 d.lgs. n. 104/2010 (Codice del processo amministrativo), secondo cui «Il ricorso per cassazione è ammesso contro le sentenze del Consiglio di Stato per i soli motivi inerenti alla giurisdizione». Al riguardo dispongono, del pari, l'art. 110 c.p.a., secondo cui «Il ricorso per cassazione è ammesso contro le sentenze del Consiglio di Stato per i soli motivi inerenti alla giurisdizione», e l'art. 177 d.lgs. n. 174/2016, Codice di giustizia contabile, il quale prevede, fra i mezzi di impugnazione delle sentenze, anche «il ricorso per cassazione per i soli motivi inerenti alla giurisdizione». Sul piano sistematico, il motivo attinente alla giurisdizione è una forma speciale di violazione di legge, perché riguarda specificamente le leggi che disciplinano la giurisdizione (Cass. S.U., n. 19786/2015; Cass. S.U., n. 23464/2012). Si può impugnare una decisione dei giudici speciali per aver violato o i confini che distinguono le funzioni dello Stato (legislativa, amministrativa, giurisdizionale), o, all'interno della funzione giurisdizionale, i confini tra giudice ordinario, giudice amministrativo ed altri giudici speciali. I motivi inerenti alla giurisdizione si identificano quindi, secondo il principio tradizionalmente affermato dalla Corte di cassazione nelle sue sezioni unite – quale organo regolatore della giurisdizione e non nell'esercizio della funzione nomofilattica – in una delle seguenti ipotesi, la prima relativa alla delimitazione delle funzioni dello Stato e la seconda alle varie sfere interne alla giurisdizione: a) vizi attinenti la stessa esistenza della giurisdizione: quando non sussista alcuna giurisdizione, in quanto il giudice speciale abbia deciso in un ambito riservato al legislatore o alla discrezionalità amministrativa (c.d. difetto assoluto di giurisdizione), oppure quando abbia negato la propria giurisdizione sull'erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in modo assoluto di funzione giurisdizionale (c.d. diniego di giustizia o rifiuto di giurisdizione); b) vizi attinenti i limiti esterni della propria giurisdizione: quando il giudice speciale abbia giudicato su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, oppure abbia negato la propria giurisdizione nell'erroneo presupposto che essa appartenga ad altro giudice (c.d. diniego di giurisdizione), o, in materia attribuita alla propria giurisdizione di legittimità, abbia invece compiuto un sindacato di merito. Si è, dunque, al di fuori dalla ricorribilità per cassazione tutte le volte che, in definitiva, si tratti di un semplice error in procedendo o in iudicando. L'orientamento tradizionale è consolidato (fra le tante, Cass. S.U., n. 32175/2018;Cass. S.U. , n. 21617/2017; Cass. S.U., n. 13976/2017; Cass. S.U., n. 3037/2013; Cass. S.U., n. 5943/2012; Cass. S.U., n. 14211/2005). In particolare, l'eccesso di potere giurisdizionale, in relazione al profilo dello sconfinamento nella sfera del merito, è configurabile soltanto quando l'indagine svolta dal giudice amministrativo finisca per valutare l'opportunità e convenienza dell'atto (Cass. S.U., n. 14264/2019, che non lo riscontra nel caso di specie; Cass. S.U., n. 30526/2018; v. Cass. S.U., n. 18829/2019, con riguardo alla deliberazione del consiglio dei ministri emessa all'esito del procedimento indicato dall'art. 14-quater l. n. 241/1990, qualificata non atto politico, ma di alta amministrazione). L'eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore postula che il giudice applichi non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un'attività di produzione normativa che non gli compete (Cass. S.U. , n. 22784/2012, secondo cui non sussiste il vizio se il g.a. abbia ricavato la voluntas legis non dal tenore letterale delle disposizioni, ma dalla loro ratio; v. Cass.S.U., n. 22711/2019;Cass. S.U. , n. 32175/2018; Cass. S.U. , n. 16974/2018), onde finisce per avere rilievo meramente teorico, in quanto ipotizzabile solo a condizione di poter distinguere un'attività di produzione normativa inammissibilmente esercitata dal giudice da un'attività interpretativa, la quale, in realtà, non ha una funzione meramente euristica, ma si sostanzia in un'opera creativa della volontà della legge nel caso concreto (Cass. S.U. , n. 2068/2011; Cass. S.U., n. 24175/2004). Le S.U. hanno dichiarato inammissibile il ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione sotto il profilo dell'eccesso di potere giurisdizionale (nella specie, nei confronti del legislatore) avverso la sentenza resa, nell'esercizio della propria funzione nomofilattica, dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, a norma dell'art. 99, comma 4, d.lgs. n. 104/2010, abbia enunciato uno o più principi di diritto e restituito per il resto il giudizio alla sezione remittente, non avendo detta statuizione carattere decisorio e definitorio, neppure parzialmente, del giudizio di appello (Cass. S.U., n. 27842/2019). Con talune decisioni, peraltro, la C.S. ha inteso ampliare i limiti del suo sindacato anche alle norme che stabiliscono «le forme di tutela» attraverso cui la giurisdizione si estrinseca. Si è, così, affermato che è norma sulla giurisdizione non solo quella che individua i presupposti dell'attribuzione del potere giurisdizionale, ma anche quella che dà contenuto a quel potere stabilendo le forme di tutela attraverso le quali esso si estrinseca: si tratta di una evoluzione del concetto di giurisdizione e la conseguente mutazione del giudizio rimesso alle Sezioni Unite (Cass. S.U. , n. 2242/2015; Cass. S.U., n. 30254/2008; v. altresì Cass. S.U., n. 31226/2017; Cass. S.U., n. 15428/2012; Cass. S.U., n. 24468/2013; Cass. S.U., n. 27847/2013; Cass. S.U., n. 2403/2014; Cass. S.U., n. 2242/2015; Cass. S.U., n. 11380/2016; Cass. S.U., n. 964/2017;C ass. S.U., n. 21620/2017). In tal modo, tali decisioni hanno esteso il concetto di controllo sulla giurisdizione del Consiglio di Stato e della Corte dei conti anche al caso della erronea negazione, in concreto, di tutela della situazione soggettiva vantata.Si finisce così per sindacare, da parte delle Sezioni unite, il cattivo esercizio della propria giurisdizione da parte del giudice, che provveda perché investito di essa e, dunque, ritenendo esistente la propria giurisdizione e, tuttavia, nell'esercitarla, applichi regole di giudizio che lo portino a negare tutela alla situazione giuridica azionata. L'estensione del concetto di limite esterno in chiave «dinamica» e di «effettività della tutela» giurisdizionale operata attiene, cioè, a quei casi in cui la tutela si assuma negata dal giudice speciale in conseguenza di errori di giudizio commessi in relazione allo specifico caso sottoposto al suo esame. In tal senso pure una parte della dottrina (fra gli altri, v. Lamorgese, Eccesso di potere giurisdizionale e sindacato della Cassazione sulle sentenze del Consiglio di Stato, in federalismi.it, 2018; Calzolaio, L'elusione dell'obbligo di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, in Foro it., 2017, I, 584; Patrito, I «motivi inerenti alla giurisdizione» nell'impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato, Napoli, 2016; Corpaci, Note per un dibattito in tema di sindacato della Cassazione sulle sentenze del Consiglio di Stato, in Dir. pubbl., 2013, 341; Oggianu, Giurisdizione amministrativa e funzione nomofilattica, Milano, 2011; Gasperini, Il sindacato della Cassazione sulla giurisdizione tra rito e merito, Padova, 2002). In senso critico con tale ampliamento “dinamico”, invece, sono altri Autori v. Sigismondi, Questioni di giurisdizione in senso dinamico e nuovi limiti all'impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato con ricorso per cassazione: una via percorribile?, in Foro it., 2018, I, 1721. Più in generale, sui limiti per l'interprete rispetto all'enunciato, guidata dalla pre-scelta di valori o principi funzionali al risultato voluto, v., si vis, Nazzicone, Etica del giudice e certezza del diritto. De secreto conflictu curarum mearum, in giustiziacivile.com, 2018. L'interpretazione ampliativa, negli ultimi anni proposta in Cassazione, è stata, tuttavia, smentita dalla Corte costituzionale (Corte cost. n. 6/2018, la quale su ciò ha fondato la statuizione di irrilevanza della questione innanzi a sé). Il giudice delle leggi, dopo avere premesso – forse a scongiurare, a sua volta, dubbi di sconfinamento dal sindacato suo proprio o di “conflitto tra corti” – che la questione sollevata, concernendo l'interpretazione e l'applicazione di norme costituzionali (art. 111, comma 8, Cost.), rientra nella sua «competenza naturale», ha alquanto duramente censurato la detta interpretazione, poiché non compatibile con la lettera e lo spirito della norma costituzionale. Quest'ultima, infatti, si determina in contrapposizione con il precedente comma 7, rifiutando ogni interpretazione che, sconfinando dall'ambito tradizionale, comporti una più o meno completa assimilazione dei due tipi di ricorso: mentre la scelta di fondo dei costituenti (quanto lungimirante, diremmo noi, è tutto da verificare, se solo si guardi alla superfetazione dei problemi processuali indotti) fu nel senso dell'assetto pluralistico delle giurisdizioni. Suggerisce pure la Corte costituzionale, nella citata sentenza, che, nell'ipotesi, ad esempio, di sopravvenienza di una decisione contraria delle Corti sovranazionali, il problema dovrebbe trovare la sua soluzione all'interno di ciascuna giurisdizione, eventualmente anche con un nuovo caso di revocazione di cui all'art. 395 c.p.c. Infine, il giudice delle leggi ha rifiutato anche la soluzione intermedia proposta, secondo cui la lettura estensiva dovrebbe essere limitata ai casi in cui si sia in presenza di sentenze «abnormi» o «anomale» o di uno «stravolgimento radicale delle norme di riferimento» in quanto incompatibile con la definizione degli ambiti di competenza e foriero di incertezze. La Corte costituzionale ha evidenziato che attribuire rilevanza al dato qualitativo della gravità del vizio è, sul piano teorico, incompatibile con la definizione degli ambiti di competenza e, sul piano fattuale, foriero di incertezze, in quanto affidato a valutazioni contingenti e soggettive. Alla stregua del così precisato ambito di controllo sui “limiti esterni” alla giurisdizione, non è quindi consentita la censura di sentenze con le quali il giudice amministrativo o contabile adotti una interpretazione di una norma processuale o sostanziale tale da impedire la piena conoscibilità del merito della domanda: il cattivo esercizio della propria giurisdizione da parte del giudice, che provveda perché investito di essa e, dunque, ritenendo esistente la propria giurisdizione e che nell'esercitarla applichi regole di giudizio che lo portino a negare tutela alla situazione giuridica azionata, si risolve soltanto nell'ipotetica commissione di un errore all'interno ad essa e, se tale errore porta a negare tutela alla situazione fatta valere, ciò si risolve in una valutazione di infondatezza della richiesta di tutela. Secondo un orientamento ormai costante delle Sezioni Unite, dunque, il ricorso per cassazione avverso le decisioni del Consiglio di Stato, in applicazione dell’ottavo comma dell’art. 111 Cost. è ammesso nel solo caso in cui la sentenza del giudice amministrativo abbia violato l’ambito della giurisdizione in generale, esercitando la giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, ovvero, al contrario, negando la giurisdizione sull’erroneo presupposto che la domanda non possa formare oggetto, in modo assoluto, della funzione giurisdizionale, ovvero, ancora, qualora abbia violato i cosiddetti limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, o negandola o compiendo un sindacato di merito, pur trattandosi di materia attribuita alla propria giurisdizione, limitatamente al solo controllo di legittimità degli atti amministrativi, così da invadere arbitrariamente il campo dell’attività riservata alla pubblica amministrazione. Tale orientamento si armonizza con la citata C. cost. n. 6/2018, la quale, come si è visto, ha negato la configurabilità di un concetto ampio di giurisdizione (cosiddetto «dinamico», o «funzionale», o «evolutivo»), secondo cui rivelerebbero non solo le norme sulla giurisdizione dettate ai fini dell’individuazione dei «presupposti dell’attribuzione del potere giurisdizionale», ma anche quelle che stabiliscono «le forme di tutela» attraverso cui la giurisdizione si estrinseca e, quindi, la violazione di legge in relazione alla giurisdizione, ogni qual volta ricorrano interpretazioni «abnormi o anomale», ovvero uno «stravolgimento» delle «norme di riferimento». La giurisprudenza successiva ha evidenziato trattarsi «di riaffermazione di principi già enunciati dalle Sezioni Unite» (Cass. S.U. n. 20529/2018), sicché la nozione di «motivi di giurisdizione» va letta in coerenza con quella esplicitata dalla Corte costituzionale (Cass. S.U., n. 31023/2019), la cui decisione esercita «carattere vincolante, dato che essa ha identificato gli ambiti dei poteri attribuiti alle differenti giurisdizioni dalla Costituzione, nonché i presupposti ed i limiti del ricorso ex art. 111 Cost., comma 8, così decidendo una questione che involge l’interpretazione di norme costituzionali e identificazione dei confini tra poteri da queste stabiliti … che non può non spettare alla Corte costituzionale, quale interprete ultimo delle norme costituzionali» (Cass. S.U., n. 15388/2019; Cass. S.U., n. 15744/2019). Dopodiché, le decisioni nel medesimo senso sono state innumerevoli, tant’è che sarebbe frustraneo l’intento di elencarle con completezza. È stato ad esempio ribadito, in tempi più recenti, a sintetizzare l’indirizzo accolto, che il sindacato delle Sezioni Unite «esercitato sulle sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei conti ha per oggetto l’osservanza dei soli limiti esterni della giurisdizione (a fronte di pronuncia su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale), non già dei suoi limiti interni, che ricomprendono, in genere, gli errori in iudicando o in procedendo, ossia le violazioni delle norme sostanziali o processuali, che pertanto non costituiscono vizio attinente alla giurisdizione …, ancorché si siano concretati in violazioni dei principi del giusto processo consacrati nel novellato art. 111 Cost. In particolare, alla luce della pronuncia della C. Cost. n. 6/2018 …, "il sindacato della Corte di cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione concerne le ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione per "invasione" o "sconfinamento" nella sfera riservata ad altro potere dello Stato ovvero per "arretramento" rispetto ad una materia che può formare oggetto di cognizione giurisdizionale, nonché le ipotesi di difetto relativo di giurisdizione, le quali ricorrono quando la Corte dei Conti o il Consiglio di Stato affermino la propria giurisdizione su materia attribuita ad altro giudice o la neghino sull’erroneo presupposto di quell’attribuzione. L’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al legislatore è configurabile solo allorché il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete, e non invece quando si sia limitato al compito interpretativo che gli è proprio, anche se tale attività ermeneutica abbia dato luogo ad un provvedimento "abnorme o anomalo" ovvero abbia comportato uno "stravolgimento" delle "norme di riferimento", atteso che in questi casi può profilarsi, eventualmente, un error in iudicando, ma non una violazione dei limiti esterni della giurisdizione" … Il controllo del limite esterno della giurisdizione ― che l’art. 111 Cost., comma 8, affida alla Corte di cassazione ― non include quindi il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori in iudicando o in procedendo, senza che rilevi la gravità o intensità del presunto errore di interpretazione, il quale rimane confinato entro i limiti interni della giurisdizione amministrativa, considerato che l’interpretazione delle norme costituisce il proprium distintivo dell’attività giurisdizionale» (Cass. S.U., n. 11444/2023). Profili processualiIl termine per ricorrere è indicato in quello breve di sessanta giorni ex art. 325, salvo disposizioni speciali. Così, la proposizione del ricorso contro le decisioni del Consiglio nazionale forense è soggetta al termine breve di trenta giorni, decorrente dalla notificazione della pronuncia contestata, ai sensi dell'art. 56 r.d.l. n. 157/1933, convertito in l. n. 36/1934, e confermato dall’art. 36 l. n. 247/2012 (Cass. S.U., n. 9031/2014; Cass. S.U., n. 19565/2011, salva l’applicabilità del termine annuale nell'ipotesi in cui non vi sia stata notificazione della decisione impugnata, né d’ufficio né ad iniziativa di parte). Si ricorda che, con riguardo alle decisioni del Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare, la valutazione dell’adeguatezza della sanzione irrogata non può essere oggetto del controllo di legittimità da parte delle S.U., se non nel limite di una valutazione di ragionevolezza, ma non allorché detto limite non sia stato oltrepassato (Cass. S.U., n. 19367/2019). Anche per il ricorso in commento si applica il comma 3 dell’art. 360, cui si rinvia. Il dimezzamento dei termini processuali nelle controversie relative all'affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, previsto dagli artt. 119-120 d.lgs. n. 104/2010, Codice del processo amministrativo, non riguarda il giudizio in questione (Cass. S.U., n. 8568/2015; Cass. S.U., n. 9688/2013). La decisione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica conforme al parere del Consiglio di Stato ripete da esso la natura di atto giurisdizionale in senso sostanziale ed è impugnabile per motivi di giurisdizione (Cass. S.U., n. 23464/2012). Si rinvia, al riguardo, sub art. 360. CasisticaL'esegesi della norma conduce, inevitabilmente, alla casistica. Sussiste vizio di giurisdizione per violazione dei limiti esterni in ipotesi di: - contrasto con il diritto dell'UE, solo ove l'errore si sia tradotto in una interpretazione delle norme europee non aderente a quella fornita dalla Corte di giustizia nel senso di un radicale stravolgimento delle norme europee di riferimento, così come interpretate dalla Corte di giustizia (Cass. S.U. , n. 2242/2015); onde non costituiscono diniego di giurisdizione da parte del consiglio di stato (o della corte dei conti), gli errori in procedendo o in iudicando, ancorché riguardanti il diritto dell'Unione europea, salvo i casi di radicale stravolgimento delle norme di riferimento (nazionali o dell'Unione) tali da ridondare in denegata giustizia (Cass. S.U., n. 32773/2018; Cass. S.U., n. 31226/2017; ancora in tal senso, Cass. S.U., n. 7215/2020); - negazione della tutela risarcitoria degli interessi legittimi sul presupposto che l'illegittimità dell'atto debba essere stata precedentemente dichiarata in sede di annullamento (Cass. S.U., n. 30254/2008); - illegittima composizione dell'organo giudicante qualora se ne denuncino alterazioni strutturali per numero o qualità dei membri, che ne precludano l'identificazione con quello delineato dalla legge, ma non nei casi di mera incompatibilità (Cass. S.U., n. 9099/2015; Cass. S.U., n. 16246/2011, nel caso di consigliere compreso nell'organico tabellare di una sezione consultiva; Cass. S.U., n. 5900/2006); - omessa pronuncia sull'accertamento della regolarità del c.d. Durc, certificazione attestante la regolarità contributiva delle imprese partecipanti alla gara di appalto nell'ambito di una procedura di affidamento di lavori, servizi o forniture a soggetti tenuti al rispetto delle regole di evidenza pubblica, negando così il Consiglio di stato la propria giurisdizione (Cass. S.U., n. 8117/2017); - secondo alcune pronunce, l'eventuale formazione di un giudicato sulla giurisdizione, essendo sindacabile dalla C.S. anche l'errore sull'interpretazione e sulla conseguente applicazione delle norme che regolano la rilevabilità del difetto di giurisdizione, al pari di quelle correlate attinenti al sistema delle impugnazioni, che in quanto tali contribuiscono a delineare nel suo complesso il regime del rilievo della questione di giurisdizione (Cass. S.U. , n. 8363/2013; Cass. S.U., n. 20727/2012;Cass. S.U., n. 23306/2011), onde è impugnabile per cassazione la decisione che abbia erroneamente ritenuto l'esistenza di un giudicato interno sulla giurisdizione (Cass. S.U., n. 27845/2019; Cass. S.U., n. 4682/2015); decisione adottata dal Consiglio di stato in sede di giudizio di ottemperanza, qualora si ponga in discussione la possibilità stessa di farvi ricorso (limiti esterni), ma non ove oggetto del ricorso sia il modo con cui il potere di ottemperanza è stato esercitato (limiti interni della giurisdizione) (Cass., S.U., n. 16016/2018;Cass.S.U., n. 13699/2018; Cass. S.U. , n. 15275/2017; Cass.S.U. , n. 26274/2016;Cass. S.U., n. 2289/2014; Cass. S.U., n. 10060/2013; Cass. S.U., n. 736/2012; Cass. S.U., n. 25344/2009, sull'interpretazione del giudicato, che non è sindacabile; Cass. S.U., n. 20565/2013, sul rispetto del giudicato). Non sussiste, invece, eccesso di potere giurisdizionale, restandosi nei limiti interni della giurisdizione, ad esempio in caso di: - rilevata mancanza di una condizione dell'azione, quali la legittimazione e l'interesse ad agire (Cass. S.U., n. 24858/2019;Cass. S.U., n. 475/2015); - vizi processuali relativi a violazioni dei principi costituzionali del giusto processo, trattandosi di errores in procedendo (Cass. S.U. , n. 10416/2014; Cass. S.U. , n. 1774/2013; Cass. S.U. , n. 16165/2011); - difetto di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (Cass. S.U., n. 9687/2013; Cass. S.U., n. 16849/2012; Cass. S.U., n. 1378/2006); - sospensione del processo, nell'attesa della soluzione di un incidente di costituzionalità sollevato dal medesimo organo giurisdizionale in un diverso processo (Cass. S.U., n. 5943/2012); e, specularmente, mancata sospensione del giudizio (Cass.S.U., n. 15573/2021, nella specie, del giudizio erariale innanzi alla Corte dei conti in attesa dell'esito di processo penale) - mancata concessione di un termine per la presentazione della querela di falso innanzi al tribunale ordinario, ritenendosi che la controversia possa essere decisa indipendentemente dal documento (Cass. S.U., n. 8056/2014); - declaratoria di insussistenza del diritto soggettivo, in materia riservata alla giurisdizione esclusiva del g.a. (Cass. S.U., n. 11075/2012); - pronuncia, resa ai sensi dell'art. 122 c.p.a., di inefficacia del contratto seguito ad aggiudicazione definitivamente annullata e di subentro del ricorrente nel rapporto contrattuale (Cass. S.U. , n. 14437/2018); - rigetto della domanda per avere il g.a. ritenuto non sussistere una giurisdizione esclusiva (Cass. S.U., n. 20590/2013); - dichiarazione di tardività dell'appello incidentale qualificato autonomo (Cass. S.U., n. 7847/2014); - declaratoria di inammissibilità della revocazione di una sentenza (Cass. S.U., n. 23101/2019; Cass. S.U. , n. 3037/2013; Cass. S.U., n. 14258/2012), o contro la sentenza resa dal Consiglio di stato sulla richiesta di revocazione (Cass. S.U. , n. 3200/2014); ed è inammissibile il ricorso alle S.U. della Cassazione contro la sentenza emessa dal giudice speciale a definizione del giudizio di revocazione, avverso la quale non possono essere svolte doglianze relative al potere giurisdizionale esercitato con la precedente pronuncia del giudice medesimo, oggetto dell'impugnazione per revocazione (Cass. S.U., n. 28214/2019; Cass. S.U., 23101/2019, che precsa come tale principio trovi applicazione, in particolare, allorché si censuri la valutazione delle condizioni di ammissibilità dell'istanza di revocazione da parte del giudice speciale; Cass. S.U., n. 20180/2019); - rigetto della questione di costituzionalità di una norma (Cass.S.U. , n. 20168/2018;Cass. S.U., n. 7929/2013); - inosservanza dell'obbligo di rinvio pregiudiziale ex art. 267, comma 3, TFUE (Cass. S.U., n. 2403/2014; Cass. S.U., n. 16886/2013); si rileva, al riguardo, che, se il ricorso per cassazione sia dichiarato inammissibile, non è accoglibile la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte UE formulata nel ricorso per cassazione, per difetto di rilevanza della questione, potendo il giudice unionale rifiutarsi di statuire se è manifesto che l'interpretazione richiesta non ha rapporto con l'effettività o l'oggetto del giudizio principale (Cass. S.U., n. 10116/2021); - violazione del giudicato esterno (Cass. S.U., n. 300/2013); - omesso rilievo della prescrizione dell'azione erariale (Cass. S.U. , n. 7660/2013), o allorché il ricorrente si dolga dell'erronea individuazione del dies a quo del termine quinquennale dell'azione di responsabilità promossa (Cass. S.U., n. 22251/2017); o ancora della non rilevata causa di interruzione della prescrizione (Cass. S.U., n. 25208/2020); - questione della presenza, o no, di una specifica e concreta notizia di danno, ai fini della proponibilità dell'azione di responsabilità erariale (Cass. S.U. , n. 5490/2014); - decisione dell'azione di responsabilità erariale in unico grado innanzi al giudice contabile in sede di gravame, senza rimessione della causa al primo giudice, a seguito della declaratoria di nullità della statuizione di primo grado per violazione del diritto di difesa (Cass. S.U., n.15342 /2018). - rigetto della domanda di pensione, di cui all'art. 42, comma 1, d.P.R. n. 1092/1973, a seguito di dispensa dal servizio per superamento del periodo di comporto, per ritenuta insussistenza dei relativi presupposti (Cass. S.U. , n. 14438/2018); - prospettazione di un vizio concernente l'interpretazione della complessa normativa sulle notifiche a mezzo Pec con riferimento ai procedimenti presso la Corte dei conti, vizio che esula dal ristretto ambito di impugnabilità delle sue sentenze (Cass. S.U., n. 10248/2019 e Cass. S.U., n. 10247/2019). Non comporta, poi, una invasione della sfera del merito amministrativo: - la decisione con cui il giudice amministrativo interpreti le clausole di una convenzione urbanistica alla luce delle regole di buona fede e correttezza (Cass. S.U., n. 774/2014); o abbia annullato un atto di alta amministrazione, ove si assuma la mancata osservanza della riduzione che la valutazione del vizio di motivazione subisce in tali ipotesi (Cass. S.U., n. 9687/2013); - l'esercizio del sindacato giurisdizionale di legittimità del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche delle commissioni esaminatrici dei pubblici concorsi, di cui possono essere rilevate l'irragionevolezza, l'arbitrio o la violazione del principio della par condicio tra i concorrenti (Cass. S.U., n. 27283/2011; Cass., S.U., n. 10065/2011; Cass. S.U., n. 14893/2010); - il sindacato di legittimità del g.a. sui provvedimenti dell'Antitrust con verifica diretta dei fatti e dei profili tecnici, il cui esame sia necessario per giudicarne della legittimità, salvo includano valutazioni ed apprezzamenti che presentano un oggettivo margine di opinabilità (Cass. S.U., n. 1013/2014; cfr., tra le altre, Cass. S.U., n. 19048/2010 e Cass. n. 30254/2008), o sulla deliberazione dell'Agcom, ove il g.a. si sia limitato ad enunciare, con un'operazione ermeneutica delle disposizioni normative interne e comunitarie nella materia, i parametri di legittimità entro i quali l'autorità deve esercitare la sua discrezionalità (Cass. S.U., n. 13904/2011); - la valutazione dell'operato della p.a.,da parte del giudice contabile, con riferimento ai parametri di razionalità, economicità, efficienza ed efficacia, declinazioni del principio di rango costituzionale del «buon andamento» sancito dall'art. 97, comma 2, Cost., dovendosi escludere un'invasione della sfera del merito con conseguente travalicamento dei limiti esterni della giurisdizione contabile (Cass. S.U., n. 3159/2019;Cass. S.U., n. 29921/2017;Cass. S.U., n. 10814/2016;Cass. S.U, n. 21217/2015). Conflitti di giurisdizioneIl conflitto di giurisdizione in esame è c.d. reale e si verifica quando tutti i giudici in conflitto abbiano affermato o negato la propria giurisdizione con un provvedimento avente natura e contenuto decisorio, distinguendosi dal conflitto cd. virtuale, risolvibile con l'istanza ex art. 41. L'identità del petitum sostanziale è il presupposto per la denuncia di un conflitto reale, positivo o negativo (Cass. S.U., n. 15855/2009), di giurisdizione, da intendere ricorrere anche nel caso in cui fra i giudizi vi sia parziale diversità di parti e petitum, allorché la prima non incida sulla sostanziale identità soggettiva e la seconda sia in relazione alla medesima causa petendi (Cass. S.U., n. 21928/2008; Cass. S.U., n. 7108/2007), in sostanza richiedendosi che le due cause, pur non presentando assoluta identità di petitum o implicando la richiesta di provvedimenti diversi postulino la soluzione della medesima questione di giurisdizione (Cass. S.U. , n. 1258/2000). Per configurare un conflitto negativo, denunciabile per cassazione, occorre che vi sia una doppia declinatoria di giurisdizione con decisioni di piena cognizione, risultando così inammissibile il ricorso, ove anche una sola di esse sia stata pronunciata in sede cautelare (Cass. S.U., n. 19892/2019; Cass. S.U. , n. 5356/2011). È ammissibile il ricorso per conflitto negativo di giurisdizione nell'ipotesi in cui il giudice ordinario ed il giudice amministrativo abbiano entrambi negato con sentenza la propria giurisdizione sulla medesima controversia, pur senza sollevare essi stessi d'ufficio il conflitto, essendosi in presenza di un conflitto reale negativo di giurisdizione, denunciabile alle sezioni unite in ogni tempo e, quindi, indipendentemente dalla circostanza che una delle due pronunce in contrasto sia passata in giudicato (Cass. S.U., n. 1919/2021; Cass. S.U., n. 8246/2017). L'art. 59 l. n. 69/2009 prevede la traslatio iudicii, se il giudice adìto declina la giurisdizione indicando l'altro, ed in tal caso la pronuncia vincola le parti; però, quando la tutela sia contemporaneamente richiesta a diversi giudici e metta capo a plurime declinatorie, o se il secondo giudice declina la sua giurisdizione omettendo di sottoporre la questione alle Sezioni unite, la parte interessata può proporre il ricorso ai sensi della norma in commento (Cass. S.U., n. 9841/2011), sebbene una delle due pronunce sia passata in giudicato (Cass. S.U., n. 16883/2013; Cass. S.U., n. 150/2013; Cass. S.U., n. 10139/2012; Cass. S.U., n. 24904/2011).Infatti, non avendo detto art. 59 l. n. 69/2009 coperto l'intero arco delle situazioni processuali provocate da una dichiarazione di difetto di giurisdizione, nel caso in cui il giudice, adìto all'esito di una pronuncia declinatoria della giurisdizione, dichiari a sua volta il proprio difetto di giurisdizione, mancando di sottoporre la relativa questione alle Sezioni unite della Corte di cassazione, resta ferma la possibilità di far valere, in ogni tempo, il conflitto reale negativo di giurisdizione ai sensi dell'art. 362, comma 2, n.1, c.p.c., e ciò anche allorché una delle due sentenze sia passata in giudicato (così, fra le altre, Cass. S.U., n. 3334/2019; Cass. S.U., n. 11017/2018; Cass. S.U., n. 2479/2017). La denuncia del conflitto reale negativo è stata ritenuta ammissibile anche nel caso in cui, dopo una sentenza puramente declinatoria, il giudice adìto abbia, a sua volta, indicato una terza giurisdizione (Cass. S.U., n. 14660/2011; Cass. S.U., n. 5681/2011). Il conflitto, positivo o negativo, è ammissibile quando una od entrambe le decisioni siano ancora impugnabili ovvero siano state già impugnate nel merito (Cass. S.U., n. 21196/2009). Ma è inammissibile, per tardività, il conflitto di giurisdizione, sollevato dal giudice amministrativo a seguito di declinatoria di competenza territoriale da parte di altro T.a.r., davanti al quale la causa era stata riassunta dopo la declinatoria di giurisdizione da parte del giudice ordinario, atteso che la decisione sulla competenza territoriale postula il necessario riconoscimento della giurisdizione del giudice amministrativo (Cass. S.U., n. 22772/2019); del pari, è inammissibile per tardività il sollevato conflitto ove il giudice amministrativo, adito in riassunzione a seguito di declinatoria di giurisdizione di altro giudice, assuma la controversia in decisione alla prima udienza fissata per la discussione, exart. 71 d.lgs 104/2010 (c.p.a.), senza manifestare alle parti l'intenzione di sollevare conflitto di giurisdizione exart. 11, comma 3, d.lgs. n. 104/2010, né esternare dubbi sulla propria giurisdizione ‒ indicando di volerli sciogliere con la decisione riservata ‒ né, ancora, precisando di volersi riservare exart. 186 (Cass. S.U., n. 22576/2019). Ancora in tema di translatio iudicii, si è chiarito come il processo che, dopo la pronuncia declinatoria della giurisdizione, si instaura, per effetto della tempestiva riassunzione, davanti al giudice indicato come munito di giurisdizione non è un nuovo ed autonomo procedimento, ma la naturale prosecuzione dell'unico giudizio; ne consegue che non può essere proposto regolamento preventivo di giurisdizione, poiché la pronuncia declinatoria emessa nella prima fase integra una decisione sulla giurisdizione assunta nell'unitario giudizio, in quanto tale impeditiva della proposizione del regolamento preventivo; pertanto, nella seconda fase processuale conseguente alla riassunzione, solo il giudice davanti al quale è riassunta la causa può sollevare d'ufficio tale questione davanti alle Sezioni unite (Cass. S.U., n. 9683/2019; Cass. S.U., n. 23596/2010). Al contrario, il regolamento preventivo di giurisdizione è ammissibile, qualora il giudizio non sia stato riassunto dalle parti innanzi al giudice dichiarato da quello adìto come competente, dato che in tal caso gli effetti della pronuncia sulla giurisdizione non si conservano (Cass. S.U., n. 26155/2017). È inammissibile il conflitto negativo di giurisdizione sollevato dal T.a.r., dinanzi al quale, a seguito della declinatoria di giurisdizione da parte del tribunale ordinario, il processo sia stato tardivamente riassunto oltre il termine di sei mesi, ai sensi dell'art. 50 nella formulazione anteriore alla l. n. 69/2009, e che quindi non può considerarsi prosecuzione dell'altro (Cass. S.U., n. 19893/2019). Mentre resta ferma la possibilità delle parti di far valere in ogni tempo il conflitto reale negativo di giurisdizione, anche quando il T.a.r. abbia omesso di sottoporre la questione di giurisdizione alle Sezioni unite, una volta declinata la giurisdizione in favore del giudice ordinario, che a sua volta l'avesse declinata in favore del giudice amministrativo (Cass. S.U., n. 9951/2019). Ma, qualora il T.a.r. abbia declinato la propria giurisdizione, avverso tale sentenza non solo non può proporsi ricorso per cassazione, essendo la sentenza impugnabile soltanto con l'appello dinanzi al Consiglio di Stato, ma neppure il ricorso può essere convertito in regolamento preventivo di giurisdizione o in denuncia di conflitto negativo reale di giurisdizione, in mancanza, per quest'ultima ipotesi, di una previa declinatoria di giurisdizione anche di un altro giudice (Cass. S.U., n. 14435/2018). Perché sussista il conflitto, occorre che vi sia la previa declinatoria della propria giurisdizione da parte di altro giudice, mentre così non è dove il tribunale ordinario si sia limitato a dichiarare l'estinzione del procedimento dinanzi a sé, sicché, in tal caso, il T.a.r. non è legittimato ad investire direttamente le S.U. della risoluzione della questione di giurisdizione, ma è tenuto a provvedere sulla stessa, non potendo essere considerato il giudice dinanzi al quale la causa è stata riassunta a seguito di pronuncia declinatoria della giurisdizione da parte del giudice ordinario (Cass. S.U., n. 26207/2019 ; Cass. S.U.,n. 19892/2019 ; Cass. S.U., n. 23224/2016;Cass. S.U., n. 15868/2011; Cass. S.U.,n. 19256/2010). Il conflitto è denunciabile con un atto avente gli stessi requisiti formali del ricorso per cassazione (Cass. S.U., n. 10139/2012), ma, non trattandosi di mezzo di impugnazione in senso proprio, esso va notificato alla parte personalmente (Cass. S.U., n. 16040/2010; Cass. S.U., n. 23384/2008). Occorre che, unitamente al ricorso per cassazione che denunci il conflitto, sia depositata, a pena di improcedibilità, copia autentica dei provvedimenti che lo hanno determinato, in quanto indispensabili a risolvere la questione di giurisdizione, con l'annullamento dell'una o dell'altra delle statuizioni in contrasto (Cass. S.U., n. 21196/2009). Il ricorso avverso una sentenza di primo grado, inammissibile quale ricorso ordinario, nonché quale istanza di regolamento preventivo, è suscettibile di conversione in denuncia di conflitto di giurisdizione ove ne presenti i requisiti formali e sussistano i relativi presupposti (Cass. S.U., n. 16040/2010). Conflitti di attribuzioneÈ tra p.a. e giudice ordinario, ma si prevede solo quello negativo, in quanto, se positivo, si applica l'art. 41, comma 2. È rimasta norma inoperante, avendo l'art. 134 Cost. rimesso la risoluzione dei conflitti tra poteri dello Stato alla Corte costituzionale. 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