Codice di Procedura Civile art. 391 - Pronuncia sulla rinuncia.

Loredana Nazzicone
aggiornato da Mauro Di Marzio

Pronuncia sulla rinuncia.

[I]. Sulla rinuncia e nei casi di estinzione del processo disposta per legge la Corte provvede con ordinanza in camera di consiglio, salvo che debba decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento fissati per la pubblica udienza. Provvede il presidente, con decreto, se non è stata ancora fissata la data della decisione 1.

[II]. Il decreto, l'ordinanza o la sentenza che dichiara l'estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese [91] 2.

[III]. Il decreto ha efficacia di titolo esecutivo [474 2 n. 1] se nessuna delle parti chiede la fissazione dell'udienza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione 3.

[IV]. La condanna non è pronunciata, se alla rinuncia hanno aderito le altre parti personalmente o i loro avvocati autorizzati con mandato speciale [84 1].

 

[1]  Comma così sostituito dall'art. 15 d.lg. 2 febbraio 2006, n. 40, a far data dal 2 marzo 2006. Per la disciplina transitoria v. il secondo comma dell'art. 27. Precedentemente il secondo comma era stato sostituito dall'art. 6 l. 18 ottobre 1977, n. 793. Fino a tale data il testo dei primi tre commi recitava: «[I]. Sulla rinuncia la Corte provvede con sentenza quando deve decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento, altrimenti provvede con ordinanza. [II]. L'ordinanza o la sentenza, che provvede sulla rinuncia, condanna il rinunciante alle spese. [III]. L'ordinanza ha efficacia di titolo esecutivo». Comma successivamente sostituito dall'art. 1-bis, comma 1, lett. i), numero 1)  del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, conv., con modif., in l. 25 ottobre 2016, n. 197.  A norma del comma 2 dell'art. 1-bis cit., « Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai ricorsi depositati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nonche' a quelli gia' depositati alla medesima data per i quali non e' stata fissata udienza o adunanza in camera di consiglio».​ Il testo precedente recitava: «Sulla rinuncia e nei casi di estinzione del processo disposta per legge, la Corte provvede con sentenza quando deve decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento, altrimenti provvede il presidente con decreto».

[2]  Comma così sostituito dall'art. 15 d.lg. 2 febbraio 2006, n. 40, a far data dal 2 marzo 2006. Per la disciplina transitoria v. il secondo comma dell'art. 27. Precedentemente il secondo comma era stato sostituito dall'art. 6 l. 18 ottobre 1977, n. 793. Fino a tale data il testo dei primi tre commi recitava: «[I]. Sulla rinuncia la Corte provvede con sentenza quando deve decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento, altrimenti provvede con ordinanza. [II]. L'ordinanza o la sentenza, che provvede sulla rinuncia, condanna il rinunciante alle spese. [III]. L'ordinanza ha efficacia di titolo esecutivo». Comma successivamente modificato dall'art. 1-bis, comma 1, lett. i), numero 2)  del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, conv., con modif., in l. 25 ottobre 2016, n. 197  che ha inserito, dopo le parole »Il decreto» le seguenti: «, l'ordinanza». A norma del comma 2 dell'art. 1-bis cit., « Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai ricorsi depositati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nonche' a quelli gia' depositati alla medesima data per i quali non e' stata fissata udienza o adunanza in camera di consiglio».​

[3] Comma così sostituito dall'art. 15 d.lg. 2 febbraio 2006, n. 40, a far data dal 2 marzo 2006. Per la disciplina transitoria v. il secondo comma dell'art. 27. Precedentemente il secondo comma era stato sostituito dall'art. 6 l. 18 ottobre 1977, n. 793. Fino a tale data il testo dei primi tre commi recitava: «[I]. Sulla rinuncia la Corte provvede con sentenza quando deve decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento, altrimenti provvede con ordinanza. [II]. L'ordinanza o la sentenza, che provvede sulla rinuncia, condanna il rinunciante alle spese. [III]. L'ordinanza ha efficacia di titolo esecutivo».

Inquadramento

La riforma del 2006 ha previsto un procedimento estremamente semplificato per la pronuncia di estinzione mediante un decreto presidenziale.

La previsione è legata, in verità, all'esigenza di concludere in tal modo — più che i singoli casi di rinuncia al ricorso — le molte liti pendenti sul c.d. condono fiscale. La stessa ratio fonda la modifica avvenuta nel regime delle spese, che ora sono solo discrezionalmente imputate al rinunciante.

La novella del 2016 ha stabilito che sulla rinuncia provveda il collegio (“la Corte”) con ordinanza in camera di consiglio, salvo che debba decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento fissati  per la pubblica udienza.

Mentre, qualora non sia fissata la data della decisione, provvede direttamente il presidente. Si tratta, dunque, di un’ulteriore compito affidato a tale figura, che la recente novella ha reso più delicata e pregnante.

Estinzione con decreto

La norma contempla una duplice fattispecie: quella di rinuncia (v. art. 390) e quelle di estinzione del processo disposta per legge, che vanno riferite, oltre che alle ipotesi in cui l'estinzione del processo è disposta direttamente dalla legge, a quelle ove vi sia necessità di comportamenti diretti ad integrare la fattispecie estintiva, in quanto l'effetto dipende da fatti esterni del processo che poi in esso vanno rappresentati: in entrambi i casi, è possibile la dichiarazione di estinzione con decreto (Cass. S.U., n. 19980/2014, in tema di condono fiscale).

L'ordinanza o il decreto in commento può contenere la condanna alle spese.

Nel caso di atto di rinuncia al ricorso per cassazione con richiesta di compensazione delle spese, l'apposizione del visto senza riserve da parte del difensore della controparte denota la volontà di rinunciare alla condanna alle spese (Cass. n. 18368/2022).

Il rimedio ad hoc previsto avverso il decreto di estinzione è quello del deposito di un'istanza di sollecitazione alla fissazione dell'udienza collegiale per la trattazione del ricorso, tutte le volte in cui le parti non ritengano esaustivo il provvedimento presidenziale ed intendano chiedere alla corte di pronunciarsi sulla controversia; tale istanza non ha carattere impugnatorio, onde non si impone di motivarla, anche se va depositata nel termine perentorio previsto dalla norma (Cass. S.U., n. 19980/2014).

La richiesta della parte non rinunciante di fissazione dell'udienza ex art. 391, comma 3, produce ipso facto la vanificazione del decreto presidenziale di estinzione, anche in ordine alla statuizione sulle spese in esso eventualmente contenuta; ne consegue che, una volta proposta la suddetta istanza, viene meno ogni effetto del decreto presidenziale e resta affidata al collegio giudicante ogni decisione sia sull'estinzione del giudizio, sia sulle spese (Cass. n. 31318/2022).

L'istanza in questione, cioè, consente alle parti di chiedere il passaggio ad una fase successiva per un esame completo della controversia, nell'ambito della quale la Corte può valutare se l'istanza di estinzione sia stata correttamente emanata oppure, in caso contrario, procedere all'esame del ricorso per cassazione (Cass. n. 24433/2011; Cass. n. 3353/2010; Cass. n. 15817/2009).

Nel caso in cui, poi, il decreto presidenziale di estinzione abbia riguardato un primo ricorso depositato, e non il secondo pure iscritto dalla parte nell'ambito del precedente, l'istanza per la fissazione dell'udienza di trattazione del ricorso non coinvolto soggiace, parimenti, al termine di dieci giorni, di cui al terzo comma (Cass. n. 4553/2018).

Ove, invece, il decreto presidenziale ex art. 391 c.p.c. determini un'estinzione soggettivamente parziale, concernendo solo alcune delle parti, l'istanza per la fissazione dell'udienza di trattazione del ricorso presentata da uno dei soggetti non coinvolti nella fattispecie estintiva non soggiace al termine perentorio di dieci giorni (Cass. n. 23751/2015).

Il termine di dieci giorni dalla comunicazione del decreto è perentorio (Cass. n. 16625/2015; Cass. S.U. n. 19980/2014), ma è consentita la rimessione in termini (Cass. n. 16625/2015; Cass. S.U. n. 19980/2014).

Il termine decorre dalla comunicazione del decreto al difensore e, in mancanza di essa, dall'effettiva conoscenza dell'avvenuta estinzione del giudizio di cassazione, ad es. per presa visione del fascicolo da parte del difensore costituito (Cass. n. 4553/2018).

La norma prevede che, in mancanza di richiesta di fissazione dell'udienza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione, il decreto diviene esecutivo.

Estinzione con ordinanza

La S.C. si era già attestata sull'orientamento secondo cui la rinuncia, ove avvenga dopo la fissazione della pubblica udienza o dell'adunanza con la sua comunicazione agli avvocati delle parti, ai sensi dell'art. 377, comma 1 e 2, preclude l'applicazione dell'art. 391 e l'estinzione va pronunciata dal collegio con ordinanza.

Infatti, la norma originaria, come configurata prima della novella del 2016, è stata ritenuta afferente i soli casi in cui non abbia ancora avuto inizio il procedimento di trattazione con una delle due forme consuete per la Corte, in quanto al contrario — una volta avviato il medesimo — non è più possibile l'emissione del decreto presidenziale, sebbene esso, sulla base della lettera della norma, sembri l'unico prospettabile: ed invero, si dovrebbe allora pensare ad una improbabile sostituzione al relatore del presidente stesso e di esclusione della causa dal ruolo dell'udienza o dell'adunanza, da comunicare alle parti: dunque, provvederà il collegio.

La forma del provvedimento, poi, è quella dell'ordinanza. Invero, in tal senso depone l'art. 375, n. 3, il quale per la dichiarazione di estinzione al di fuori del caso di rinuncia prevede l'ordinanza come forma di decisione collegiale della Corte (Cass. S.U., n. 19169/2017;Cass. n. 14922/2015; Cass. n. 1878/2011; Cass. S.U., n. 19051/2010).

A tale giurisprudenza si è adeguata la disciplina introdotta nel 2016 nella norma in esame.

Bibliografia

Amoroso G., La Corte di cassazione ed il precedente, in Aa.Vv., La Cassazione civile. Lezioni dei magistrati della Corte suprema italiana, Bari, 2015, 47; Briguglio A., Appunti sulle sezioni unite civili, in Riv. dir. proc., 2015, 16; Briguglio, in Commentario alla riforma del processo civile a cura di A. Briguglio E B. Capponi, vol. III, tomo I, Ricorso per cassazione, Padova, 2009; Fornaciari M., La decisione della cassazione a seguito della riforma del 2006: l’enunciazione del principio di diritto, l’accoglimento con rinvio ed il vincolo delle sezioni semplici al precedente delle sezioni unite, in Giusto processo civ., 2013, 1091; Ianniruberto G., Le attribuzioni delle sezioni unite civili e l’efficacia del principio di diritto, in Corriere giur., 2008, 722; Miscione M., Nomofilachia, sezioni unite, «diritto vivente» (leggendo la relazione 2016 del primo presidente della cassazione), in Lavoro giur., 2016, 329; Mondini, La nuova, limitata, ipotesi di revocazione straordinaria di decisioni contrarie alla CEDU, in judicium.it, 17 gennaio 2023; Morelli M., L’enunciazione del principio di diritto, in Aa.Vv., La Cassazione civile. Lezioni dei magistrati della Corte suprema italiana, Bari, 2015, 415; Prestipino G., La funzione nomofilattica del processo di legittimità e il vincolo per le sezioni semplici al precedente delle sezioni unite civili, in Legalità e giustizia, 2005, fasc. 2, 104; Zorzetto S., Le sezioni unite civili e la giurisprudenza della cassazione, in Riv. dir. privato, 2011, 399.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario