Codice di Procedura Civile art. 418 - Notificazione della domanda riconvenzionale 1 2 .

Mauro Di Marzio

Notificazione della domanda riconvenzionale 12.

[I]. Il convenuto che abbia proposta una domanda in via riconvenzionale [36] a norma del secondo comma dell'articolo 416 deve, con istanza contenuta nella stessa memoria, a pena di decadenza dalla riconvenzionale medesima, chiedere al giudice che, a modifica del decreto di cui al secondo comma dell'articolo 415, pronunci, non oltre cinque giorni, un nuovo decreto per la fissazione dell'udienza.

[II]. Tra la proposizione della domanda riconvenzionale e l'udienza di discussione non devono decorrere più di cinquanta giorni.

[III]. Il decreto che fissa l'udienza deve essere notificato all'attore, a cura dell'ufficio, unitamente alla memoria difensiva, entro dieci giorni dalla data in cui è stato pronunciato.

[IV]. Tra la data di notificazione all'attore del decreto pronunciato a norma del primo comma e quella dell'udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di venticinque giorni.

[V]. Nel caso in cui la notificazione del decreto debba farsi all'estero il termine di cui al secondo comma è elevato a settanta giorni, e quello di cui al comma precedente è elevato a trentacinque giorni.

 

[1] Articolo sostituito dall'art. 1, comma 1, l. 11 agosto 1973, n. 533.

[2] La Corte cost., con sentenza 14 gennaio 1977, n. 13, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale del presente articolo, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.

Inquadramento

La disposizione in commento, che va letta in collegamento con l'art. 416, comma 2, stabilisce che con la memoria difensiva il convenuto deve a pena di decadenza spiegare le eventuali domanda riconvenzionali, chiedendo a tal fine l'apposito spostamento dell'udienza.

Ne discende che è inammissibile la domanda riconvenzionale la cui formulazione non è accompagnata dalla richiesta di spostamento dell'udienza, ai sensi degli artt. 416 e 418 (Cass. n. 23815/2007; Cass. n. 9965/2001; contra isolatamente Cass. n. 16955/2007). La decadenza — merita altresì sottolineare — oltre a non essere impedita dalla circostanza che il giudice abbia pronunciato il decreto di posticipazione dell'udienza, come previsto dalla norma, quantunque l'istanza in tal senso non fosse stata formulata, è senz'altro rilevabile, attenendo alla regolarità della instaurazione del contraddittorio, anche d'ufficio e in sede di legittimità (Cass. n. 9965/2001).

Né la decadenza, con conseguente inammissibilità della domanda, rimane sanata per il fatto che l'attore non abbia formulato la relativa eccezione, difendendosi nel merito (Cass. n. 12857/1992; Cass. n. 2027/1985). È pertanto da ritenersi inammissibile in quanto tardiva la domanda proposta con memoria aggiunta della parte resistente, la quale formuli solo in corso di causa un'istanza risarcitoria nei confronti della controparte (Cass. n. 12214/2004). Nondimeno, la decadenza prevista dall'art. 418 per la mancata proposizione dell'istanza di fissazione di nuova udienza relativamente alla domanda riconvenzionale non esclude che quest'ultima, seppure dichiarata inammissibile, possa essere riproposta in altro giudizio, sia per la natura processuale della suddetta previsione, sia per la natura autonoma della domanda in questione, diretta non ad ottenere il rigetto della pretesa avversaria ma una diversa pronuncia giurisdizionale a sé favorevole (Cass. n. 18125/2016).

Il menzionato congegno, tuttavia, trova applicazione con riguardo alla domanda riconvenzionale, ma non alla eccezione riconvenzionale, la quale, attesa tale sua qualità, soggiace alla previsione di cui all'art. 416 — e deve perciò essere formulata a pena di decadenza nella memoria difensiva — ma non a quella di cui all'art. 418, sicché non richiede l'istanza di spostamento dell'udienza (Cass. n. 14432/2000; Cass. n. 9965/2001).

Ed inoltre la domanda riconvenzionale formulata con la memoria ex art. 416 senza richiesta, ex art. 418 di spostamento dell'udienza è inammissibile, ma non preclude la valutazione, da parte del giudice, del fatto integratore della stessa che assuma valore di eccezione, quale fatto impeditivo, estintivo o modificativo del fatto costitutivo della pretesa dell'attore, ai fini della decisione sulla domanda principale, risultando rispettata la relativa preclusione fissata dall'art. 416 (Cass. n. 11679/2014).

Altri aspetti procedurali

Altra peculiare fattispecie sulla quale occorre soffermarsi si ha nel caso della causa di lavoro introdotta con citazione, ai sensi dell'art. 163, anziché con ricorso. Dell'argomento si è discorso già nel commento all'art. 414 e si è visto che l'errore nella scelta del rito non si ripercuote (sempre che siano stati rispettati i termini) sulla validità della domanda proposta, ma impone esclusivamente la pronuncia dell'ordinanza di trasformazione del rito di cui all'art. 426. Occorre quindi domandarsi, ora, se il convenuto, nel proporre la riconvenzionale a fronte di una domanda principale introdotta con citazione, debba richiedere lo spostamento dell'udienza: il che sembra da escludere, dal momento che il processo rimane disciplinato dalle regole proprie del rito prescelto fin tanto che l'ordinanza di trasformazione del rito non venga pronunciata (Cass. n. 10335/2005).

A fronte della domanda riconvenzionale — va poi rammentato — l'attore viene a trovarsi nella posizione di convenuto, sicché egli può a sua volta avanzare domanda riconvenzionale nei confronti del convenuto (reconventio reconventionis), purché tempestivamente nel primo atto difensivo successivo alla comparsa di costituzione del convenuto, e purché tale domanda dipenda dal titolo dedotto in causa o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione di domanda riconvenzionale ritualmente proposta, ai sensi dell'art. 36 (Cass. n. 11180/2002).

Quanto all'identificazione del primo atto difensivo, occorre dire che l'attore, nel caso considerato, può svolgere la sua attività difensiva — e dunque deve svolgerla, se non intende rinunciarvi — con una memoria, integrativa dell'atto introduttivo, da depositare dieci giorni prima dell'udienza nuovamente stabilita (Cass. n. 2672/1981). Inoltre, l'attore convenuto in via riconvenzionale ha gli stessi poteri e correlativamente incorre nelle stesse preclusioni che l'art. 416 prevede per il convenuto in via principale, con la differenza che il termine di riferimento per l'attore convenuto in riconvenzione non è l'udienza di discussione fissata ex art. 415, bensì la nuova udienza da fissarsi in base al meccanismo previsto dall'art. 418 dello stesso codice: ne consegue che il convenuto in riconvenzionale non ha diritto ad ottenere un nuovo termine per la formulazione dei mezzi di prova, oltre la nuova udienza prevista dall'art. 418 (Cass. n. 22289/2009).

Con riguardo alla prevista notifica all'attore del decreto che fissa la nuova udienza di discussione (art. 418, comma 3), si deve infine rammentare che l'eventuale omissione o vizio della notificazione deve essere sollevato dall'attore, non potendo essere rilevato d'ufficio dal giudice (Cass. n. 4347/1995).

Ed inoltre, l'istanza di spostamento dell'udienza prescritta per la riconvenzionale, non sarebbe invece richiesta — secondo l'opinione espressa in un'occasione dai giudici di legittimità — nelle ulteriori diverse ipotesi in cui sia consentito inserire, nel processo soggetto al rito del lavoro, domande nuove rispetto a quelle originariamente proposte. In tal senso la S.C. ha escluso che l'onere previsto dall'art. 418 sia estensibile all'ipotesi di domanda in via di regresso proposta da un convenuto nei confronti di altro convenuto (Cass. n. 12300/2003). Altre volte, più persuasivamente, è stato affermato che l'onere di chiedere al giudice l'emissione di un nuovo decreto di fissazione dell'udienza, posto dall'art. 418, a pena di decadenza, a carico del convenuto che abbia proposto domanda riconvenzionale, si applica anche nei confronti del terzo chiamato in causa, che, con la memoria di costituzione, abbia proposto una autonoma domanda riconvenzionale nei confronti di una delle parti in giudizio (Cass. n. 20176/2008, con cui la S.C., nel cassare la sentenza impugnata, ha rilevato che l'INPS, chiamato in causa dal ricorrente dopo la costituzione del convenuto, oltre ad aderire alla domanda attorea di accertamento della natura subordinata del rapporto, aveva chiesto la condanna del convenuto al pagamento delle omissioni contributive, senza, tuttavia, chiedere la fissazione di una nuova udienza ed incorrendo, quindi, nella relativa decadenza processuale).

L'attore che non chiede l'accertamento del suo diritto di proprietà e non agisce affermando che il convenuto è possessore del suo bene, ma che lo detiene senza titolo, esercita un'azione personale di restituzione per mancanza originaria o sopravvenuta del titolo e, se la domanda è introdotta con ricorso, fermo restando l'onere dell'attore di dimostrare la ricorrenza degli elementi di fatto della fattispecie legale soggetta al rito prescelto, il convenuto, ancorché ne adduca l'erroneità, ha l'onere di osservare le norme proprie di quel rito, onde evitare di incorrere in decadenze e preclusioni (Cass. n. 17941/2013, che ha confermato la sentenza che, sulla base della proposta domanda di rilascio per occupazione senza titolo e della difesa della convenuta in ordine alla concessione dell'immobile all'ex coniuge a titolo di abitazione familiare, aveva qualificato il rapporto in termini di comodato, come tale correttamente assoggettato al rito locatizio, avviato dagli attori con ricorso, con conseguente inammissibilità della domanda riconvenzionale non proposta entro il termine di cui all'art. 418).

Bibliografia

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