Codice di Procedura Civile art. 445 bis - Accertamento tecnico preventivo obbligatorio 1 .

Mauro Di Marzio

Accertamento tecnico preventivo obbligatorio 1.

[I]. Nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, disciplinati dalla legge 12 giugno 1984, n. 222, chi intende proporre in giudizio domanda per il riconoscimento dei propri diritti presenta con ricorso al giudice competente ai sensi dell'articolo 442 [codice di procedura civile], presso il Tribunale nel cui circondario risiede l'attore, istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere. Il giudice procede a norma dell'articolo 696 - bis [codice di procedura civile], in quanto compatibile nonché secondo le previsioni inerenti all'accertamento peritale di cui all'articolo 10, comma 6-bis, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e all'articolo 1952.

[II]. L'espletamento dell'accertamento tecnico preventivo costituisce condizione di procedibilità della domanda di cui al primo comma. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che l'accertamento tecnico preventivo non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dell'istanza di accertamento tecnico ovvero di completamento dello stesso.

[III]. La richiesta di espletamento dell'accertamento tecnico interrompe la prescrizione.

[IV]. Il conferimento dell'incarico al consulente o, se successivo, il giuramento di quest'ultimo determina la sospensione del procedimento fino alla scadenza del termine previsto dal quarto periodo. La sospensione non impedisce l'espletamento della consulenza. Il deposito della consulenza tecnica di ufficio è comunicato dalla cancelleria alle parti. Queste ultime, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione, se intendono contestare le conclusioni del consulente tecnico dell'ufficio, devono depositare la relativa dichiarazione3.

[V]. In assenza di contestazione, il giudice, se non procede ai sensi dell'articolo 196, con decreto pronunciato fuori udienza entro trenta giorni dalla scadenza del termine previsto dal comma precedente omologa l'accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del consulente tecnico dell'ufficio provvedendo sulle spese. Il decreto, non impugnabile né modificabile, è notificato agli enti competenti, che provvedono, subordinatamente alla verifica di tutti gli ulteriori requisiti previsti dalla normativa vigente, al pagamento delle relative prestazioni, entro 120 giorni.

[VI]. Nei casi di mancato accordo la parte che abbia dichiarato di contestare le conclusioni del consulente tecnico dell'ufficio deve depositare, presso il giudice di cui al comma primo, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla formulazione della dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio, specificando, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione.

[VII]. La sentenza che definisce il giudizio previsto dal comma precedente è inappellabile  4.

 

 

[1] Articolo inserito dall'art. 38, comma 1, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modif., in l. 15 luglio 2011, n. 111. Ai sensi dell'art. 38, comma 2, del d.l. 98 del 2011, cit., la disposizione entra in vigore a partire dal 1° gennaio 2012.

[2] Comma così modificato dall'art. 7, comma 1, lett. a), d.l. 8 agosto 2025, n. 117, iconv., con modif. in l. 3 ottobre 2025, n. 148, che ha soppresso le parole tra parentesi quadre.

[3] Comma così sostituito dall'art. 7, comma 1, lett. b), d.l. 8 agosto 2025, n. 117, conv., con modif. in l. 3 ottobre 2025, n. 148, Ai sensi del comma 2 dell'art. 7 d.l. n. 117, cit. le presenti modifiche si applicano anche ai procedimenti pendenti nei quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, non e' stato ancora conferito l'incarico al consulente tecnico di ufficio. Il testo del comma, come modificato dall'art. 3, comma 5, lett. i) ,  d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164,  era il seguente: «Il giudice, terminate le operazioni di consulenza, con decreto comunicato alle parti, fissa un termine perentorio non superiore a trenta giorni, entro il quale le medesime [devono dichiarare, con atto scritto depositato in cancelleria], se intendono contestare le conclusioni del consulente tecnico dell'ufficio , devono depositare la relativa dichiarazione» .

[4] Comma inserito dall'art. 27 della l. 12 novembre 2011, n. 183 . Ai sensi dell'art. 36 della legge n. 183, cit., la modifica ha vigore a decorrere dai trenta giorni successivi al 1° gennaio 2012.

 

 

 

 

Inquadramento

La disposizione in commento (alla quale il Correttivo alla c.d. Riforma Cartabia ha apportato modifiche dirette ad armonizzala con le regole del processo telematico)

ha apportato una importante modifica al processo previdenziale, in materia sanitaria, perché valorizza il momento dell'accertamento medico-legale e lo rende obbligatorio e potenzialmente idoneo a definire la controversia, tanto che, in assenza di contestazioni delle parti, esso può escludere ogni ulteriore attività giurisdizionale di valutazione del diritto vantato. L'accertamento tecnico diventa in tal modo definitivo, e fa sorgere negli enti competenti, l'obbligo di erogare la prestazione, previa verifica degli ulteriori requisiti.

Solo nei casi di mancato accordo, la parte interessata a contestare le conclusioni dell'accertamento preventivo, introduce il ricorso giudiziale vero e proprio. Quest'ultimo dovrà contenere, a pena di inammissibilità, le ragioni specifiche della contestazione, e ciò al fine di evidenziare al giudice i profili controversi su cui concentrare la valutazione. Il nuovo sistema processuale è poi completato dall'ultimo comma della norma (introdotto dall'art. 27, comma 1, lett. f) della l. n. 183/2011), che ha reso inappellabili le sentenze pronunciate all'esito del nuovo procedimento.

Occorre aggiungere che la norma è stata ulteriormente novellata dal d.l. 8 agosto 2025, n. 117 rubricato “Misure urgenti in materia di giustizia”, nei termini sopra trascritti. La novella, che si applica non solo ai nuovi procedimenti, ma anche a quelli già pendenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge, a condizione che in essi non sia stato ancora conferito l'incarico al consulente tecnico d'ufficio, persegue lo scopo di ridurre i tempi del processo e razionalizzarne il funzionamento, in armonia con gli obiettivi del (PNRR).

Sul piano pratico, la sospensione del procedimento si produce automaticamente al momento del conferimento dell'incarico al consulente tecnico d'ufficio o, se successivo, al giuramento dello stesso, senza la necessità di un provvedimento del giudice. Inoltre, la sospensione dispiega i suoi effetti sul processo senza interferire con l'espletamento della consulenza.

Pertanto, il giudice non deve svolgere alcuna adempimento nel corso di svolgimento della consulenza, dal che discende un effetto di semplificazione della procedura.

Soprattutto, la cancelleria è tenuta a comunicare alle parti il deposito della consulenza, e dalla comunicazione decorre un termine perentorio di 30 giorni entro il quale ciascuna parte può contestare le conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, mediante deposito di apposita dichiarazione in cancelleria. E cioè, sulla base della novella il giudice non deve fissare un termine per le osservazioni delle parti rispetto alla consulenza tecnica d'ufficio, né queste possono essere volte sine die: detto termine è ora fissato direttamente dalla legge in modo uniforme, nella misura di trenta giorni dalla comunicazione del deposito della relazione da parte della cancelleria. Ne discende che, in assenza di contestazioni tempestive da parte dei contraddittori, le conclusioni del consulente si consolidano, precludendo ogni successiva contestazione. Una volta decorso il termine di 30 giorni il procedimento riprende automaticamente, parrebbe senza necessità di istanza di riassunzione da parte delle parti

La Corte Cost. n. 243/2014 ha ritenuto infondate una pluralità di q.l.c. dell'art. 445-bis.

La norma delinea un quadro complessivo assai mutato e improntato, nella prima fase, al raggiungimento dell'accertamento finale nell'accordo delle parti, e, solo nella eventuale fase successiva, all'intervento valutativo del giudice. La presenza del controllo giudiziale anche nella scelta del consulente investito dell'accertamento preventivo, assicura poi la terzietà del tecnico sanitario. La duplice fase introdotta dalla norma, ed il controllo giudiziale in entrambe, dà garanzia della piena tutela dei diritti sottesi alle domande azionate, e rende equilibrato il nuovo sistema in cui viene meno la appellabilità delle sentenze pronunciate in materia. La scelta legislativa ha escluso un secondo grado di giudizio di merito, nell'evidente presupposto che il mancato accordo delle parti sull'esito dell'accertamento obbligatorio, fosse assoggettato all'ulteriore controllo e valutazione del giudice, nel procedimento a cognizione piena. Se l'esigenza accelerativa del processo, dichiarata dal legislatore della novella, troverà, nel nuovo sistema così delineato, una risposta adeguata, sarà possibile valutarlo solo nel tempo. Certamente le Corti di appello vedranno diminuire il contenzioso.

Con la novella del 2011 il legislatore ha introdotto un accertamento giudiziale delle condizioni sanitarie, ma sempre strumentale e preordinato all'adozione del provvedimento di attribuzione di una prestazione previdenziale o assistenziale che deve essere indicata nel ricorso. Tale accertamento, qualora divenuto definitivo con il decreto di omologa, sarà poi vincolante anche nei confronti del soggetto competente per l'erogazione, il quale dovrà limitarsi all'accertamento dei requisiti giuridico-economici. Non di meno l'ammissibilità dell'accertamento tecnico preventivo presuppone - come proiezione dell'interesse ad agire ai sensi dell'art. 100  - che l'accertamento medico legale risponda ad un concreto interesse del ricorrente, dovendo escludersi che esso possa essere totalmente avulso dalla sussistenza di qualsivoglia ulteriore presupposto richiesto dalla legge per il riconoscimento dei diritti corrispondenti allo stato di invalidità allegato dal ricorrente (Cass. n. 8533/2015).

Il giudice adito ai sensi dell'art. 445-bis deve accertare il requisito sanitario mediante la consulenza medico-legale anche se risultino ostacoli pregiudiziali o preliminari che precludono il diritto alla prestazione richiesta (Cass. n. 6085/2014).

La sentenza emessa all'esito del giudizio di merito conseguente all'accertamento tecnico preventivo di cui all'art. 445 bis è soggetta all'ordinario ricorso per cassazioneex art. 360 c.p.c., e non al ricorso straordinario exart 111 Cost., trattandosi di sentenza pronunciata, la cui appellabilità è esclusa dall'art. 445-bis, ultimo comma (Cass. n. 12332/2015). Non è ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost. l'ordinanza di inammissibilità del ricorso per difetto dei relativi presupposti, trattandosi di provvedimento che non incide con effetto di giudicato sulla situazione soggettiva sostanziale - attesa la possibilità per l'interessato di promuovere il giudizio di merito - ed è comunque idoneo a soddisfare la condizione di procedibilità di cui all'art. 445-bis, comma 2, essendo il procedimento sommario già giunto a conclusione (Cass. n. 8932/2015). Il ricorso straordinario per cassazione è inammissibile avverso l'ordinanza che, per effetto della mancata comparizione delle parti alla prima udienza, dichiari l'estinzione dell'accertamento tecnico preventivo in materia di invalidità previdenziale e assistenziale (Cass. n. 8932/2015). Il decreto di omologazione del requisito sanitario ritenuto sussistente dal c.t.u. nell'accertamento tecnico preventivo, emesso dal giudice ai sensi dell'art. 445-bis, comma 5, non è impugnabile con ricorso per cassazione exart. 111 Cost., poiché le conclusioni dell'accertamento divengono intangibili se non contestate dalle parti, nel termine fissato dal giudice ai sensi del comma 4 dello stesso articolo, prima dell'emissione del decreto e ciò in ragione della necessità di contemperare le esigenze di tutela del diritto di difesa con quelle di garanzia della ragionevole durata del processo. (Cass. n. 8878/2015, che ha ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione proposto dall'Inps avverso il decreto di omologazione dell'accertamento delle condizioni sanitarie, in quanto l'Istituto non aveva avanzato tempestive contestazioni, così da impedire l'emissione stessa del decreto di omologa). Il ricorso straordinario per cassazione è inammissibile avverso il decreto di omologa conclusivo dell'accertamento tecnico preventivo previdenziale, nella specie, era stata accertata l'invalidità "non inferiore all'ottanta per cento" ai fini del pensionamento anticipato di vecchiaia (Cass. n. 8878/2015).

Il procedimento di accertamento tecnico preventivo

L'ambito di applicazione del nuovo istituto, entrato in vigore dal 1° gennaio 2012, riguarda le controversie in materia di invalidità civile, di prestazioni assistenziali, per le quali è presupposto essenziale l'accertamento del requisito sanitario, nonché le controversie in tema di invalidità ed inabilità di cui alla l. n. 222/1984. Chi intenda richiedere una delle suindicate prestazioni deve presentare ricorso che contenga istanza di accertamento tecnico per la verifica delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa azionata.

L'ammissibilità dell'accertamento tecnico preventivo ex art. 445-bis presuppone, come proiezione dell'interesse ad agire ai sensi dell'art. 100 c.p.c., che l'accertamento medico-legale, richiesto in vista di una prestazione previdenziale o assistenziale, risponda ad una concreta utilità per il ricorrente - la quale potrebbe difettare ove siano manifestamente carenti, con valutazione prima facie, altri presupposti della predetta prestazione -, al fine di evitare il rischio della proliferazione smodata del contenzioso sull'accertamento del requisito sanitario. (Cass. n. 14629/2021, che ha negato la sussistenza dell'interesse ad agire del soggetto carente del requisito anagrafico per fruire dell'assegno mensile di invalidità).

Il ricorso deve contenere l'esatta indicazione della prestazione richiesta e deve essere presentato con l'assistenza di un legale, in sintonia con le regole generali (art. 82). Nel ricorso occorre dare atto della previa presentazione della domanda in sede amministrativa e dell'esaurimento (a pena di improcedibilità, ex art. 443, del giudizio di accertamento tecnico preventivo) del procedimento amministrativo. Il ricorso deve essere presentato al tribunale del lavoro nel cui circondario ha sede l'attore. Per la individuazione del giudice competente devono ritenersi anche applicabili le disposizioni di cui all'art. 444.

Per la nomina del consulente il giudice fissa con decreto l'udienza di comparizione e stabilisce il termine perentorio per la notificazione del decreto (art. 694 richiamato dall'art. 696, comma 3); si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli artt. 191-197, che regolano le indagini del consulente tecnico.

Anche se non espressamente richiamato deve ritenersi applicabile l'art. 125 r.d. n. 1422/1924, in tema di anticipo delle spese a carico dell'ente previdenziale.

L'accertamento tecnico preventivo costituisce condizione di procedibilità della domanda relativa al riconoscimento della prestazione invocata. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto o rilevata dal giudice, non oltre la prima udienza. Nel caso in cui il giudice rilevi che l'accertamento tecnico preventivo non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dell'istanza relativa.

In particolare, qualora sia proposta una domanda volta a ottenere una delle prestazioni indicate dall'art. 445-bis, comma 1, senza che sia stato espletato l'accertamento tecnico preventivo obbligatorio, il giudice, davanti al quale sia tempestivamente sollevata l'eccezione di improcedibilità, è tenuto ad assegnare alle parti il termine di quindici giorni per la sua presentazione, previsto dal comma 2 dello stesso art. 445-bis; è invece nulla, poiché determina un concreto impedimento all'accesso alla tutela giurisdizionale della parte istante, l'ordinanza con cui il giudice dichiari il ricorso immediatamente improcedibile, ed al giudice d'appello, in ossequio al principio di cui all'art. 162, si impone di rinnovare l'atto procedendo esso stesso all'assegnazione del termine, non potendo né limitarsi a una pronuncia di mero rito dichiarativa della nullità, né rimettere la causa al primo giudice (Cass. n. 24134/2020).

In materia di accertamento tecnico preventivo, ai sensi dell'art. 445-bis, le spese di consulenza tecnica di ufficio non possono gravare sul ricorrente che si trovi nelle condizioni reddituali di cui all'art. 152 disp. att., salvo che la sua pretesa sia manifestamente infondata e temeraria (Cass. n. 16515/2016). In materia di accertamento del diritto a prestazioni d'invalidità, la sentenza passata in giudicato, se non consente una nuova valutazione, mediante diverso parere medico-legale, delle circostanze di fatto da essa già considerate, e come tali, divenute inoppugnabili verità processuali, non impedisce, però, di tenere conto dei mutamenti intervenuti successivamente, che comportino eventualmente la perdita del requisito sanitario da parte del ricorrente, con conseguente legittimità, di una decisione difforme dalla prima sentenza, che confermi l'intervenuta revoca del beneficio in favore della parte che ne ha chiesto il ripristino. (Cass. n. 14140/2016). La previsione della pronuncia sulle spese, di cui all'art. 445-bis, comma 5, deve essere coordinata con il principio generale sulla soccombenza di cui all'art. 91, sicché la parte totalmente vittoriosa non può essere in alcun caso condannata al pagamento delle spese in favore della controparte. (Cass. n. 12028/2016).

Peraltro, le spese della consulenza tecnica d'ufficio possono essere compensate anche in presenza di una parte totalmente vittoriosa, costituendo tale statuizione una variante verbale della tecnica di compensazione espressa per frazioni dell'intero (Cass. n. 26849/2019).

La statuizione sulle spese, contenuta nella sentenza che chiude il procedimento instaurato a seguito del dissenso della parte ricorrente, è impugnabile con ricorso ordinario per cassazione, trattandosi di provvedimento non appellabile ma per il quale non è precluso il ricorso per cassazione (Cass. n. 13550/2015).

Si è recentemente precisato che il decreto di omologa che, in assenza di contestazione delle parti, si discosti dalle conclusioni del consulente tecnico di ufficio, risulta viziato da una difformità che costituisce mero errore materiale emendabile con la procedura di correzione, a condizione, però, che la predetta difformità non sia frutto di consapevole attività valutativa del giudice, nel qual caso - assumendo il provvedimento giudiziale, esorbitante dallo schema delineato per il procedimento a cognizione sommaria, natura decisoria e, quindi, di sentenza - è ammissibile il rimedio generale del ricorso straordinario per cassazione exart. 111, comma 7, Cost., a garanzia dell'esercizio del diritto di difesa - altrimenti precluso per mancanza di rimedi endoprocedimentali - della parte pregiudicata dalle conclusioni imprevedibilmente adottate dal giudice all'atto dell'emissione del decreto (Cass. n. 29096/2019).

Inoltre, in tema di accertamento tecnico preventivo ex art. 445-bis, è improponibile il ricorso, di cui al comma 6 dello stesso articolo, presentato avverso il decreto di omologa dell'accertamento sanitario, che sia stato emesso dal giudice in assenza di contestazioni ai sensi del comma 5, non potendo essere equiparate al dissenso le semplici osservazioni alla relazione tecnica del c.t.u. formulate dal consulente di parte (Cass. n. 2163/2021).

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