Codice di Procedura Civile art. 630 - Inattività delle parti 1 .Inattività delle parti 1. [I]. Oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge [562 1], il processo esecutivo si estingue quando le parti non lo proseguono o non lo riassumono nel termine perentorio [153] stabilito dalla legge o dal giudice [547-549, 627]. [II]. L’estinzione opera di diritto ed è dichiarata, anche d’ufficio, con ordinanza del giudice dell’esecuzione, non oltre la prima udienza successiva al verificarsi della stessa. L’ordinanza è comunicata a cura del cancelliere, alle parti, se è pronunciata fuori dall’udienza e, in ogni caso, ai terzi pignorati i cui indirizzi di posta elettronica certificata risultano dai pubblici elenchi o che hanno eletto domicilio digitale speciale ai sensi dell'articolo 3-bis, comma 4-quinquies, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. 2 [III]. Contro l'ordinanza che dichiara l'estinzione ovvero rigetta l'eccezione relativa è ammesso reclamo da parte del debitore o del creditore pignorante ovvero degli altri creditori intervenuti nel termine perentorio di venti giorni dall'udienza o dalla comunicazione dell'ordinanza e3 con l'osservanza delle forme di cui all'articolo 178 terzo, quarto e quinto comma. Il collegio provvede in camera di consiglio con sentenza [130 att.] 4.
[1] Articolo così sostituito dall'art. 12 d.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857. [2] Comma modificato dall'art. 25, comma 1, lett. d), d.l. 2 marzo 2024, n. 19, conv., con modif., in l. 29 aprile 2024, n. 56 che ha inserito le parole «alle parti,» dopo le parole «a cura del cancelliere» e le parole «e, in ogni caso, ai terzi pignorati i cui indirizzi di posta elettronica certificata risultano dai pubblici elenchi o che hanno eletto domicilio digitale speciale ai sensi dell'articolo 3-bis, comma 4-quinquies, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.» dopo le parole «fuori dall'udienza». Precedentemente il comma è stato sostituito dall'art. 49, comma 4, della l. 18 giugno 2009, n. 69(legge di riforma 2009), con effetto a decorrere dal 4 luglio 2009, per i giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore. Il testo precedente recitava: «L'estinzione opera di diritto, ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa, salvo il disposto dell'articolo successivo. L'estinzione è dichiarata con ordinanza del giudice dell'esecuzione, la quale è comunicata a cura del cancelliere, se è pronunciata fuori dall'udienza». [3] Le parole « da parte del debitore o del creditore pignorante ovvero degli altri creditori intervenuti nel termine perentorio di venti giorni dall'udienza o dalla comunicazione dell'ordinanza e » sono state inserite, in sede di conversione, dall'art. 23 lett. e) n. 43 d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv., con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80, con effetto dalla data indicata sub art. 476. Per la disciplina transitoria v. art. 2 3-sexies d.l. n. 35, cit., sub art. 476. [4] La Corte cost., con sentenza 17 marzo 2023, n. 45 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma dichiara l’illegittimità costituzionale nella parte in cui stabilisce che, contro l’ordinanza che dichiara l’estinzione del processo esecutivo ovvero rigetta la relativa eccezione, è ammesso reclamo al collegio con l’osservanza delle forme di cui all’art. 178, commi quarto e quinto, cod. proc. civ., senza prevedere che del collegio non possa far parte il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato. Precedentemente la Corte cost., con sentenza 17 dicembre 1981, n. 195, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non estende, in relazione all'art. 629 c.p.c., il reclamo previsto dall'art. 630 ultimo comma, all'ordinanza del giudice dell'esecuzione dichiarativa dell'estinzione del processo esecutivo per rinuncia agli atti. InquadramentoL'estinzione del processo esecutivo per inattività delle parti si verifica nelle ipotesi previste dalla legge (v. art. 567) ovvero per l'omessa prosecuzione o riassunzione del processo esecutivo nel termine stabilito dalla legge o dal giudice. Tali fattispecie sono ritenute tassative (Cass. n. 6391/2004). L'ordinanza di estinzione può essere emanata anche d'ufficio dal giudice ma entro la prima udienza successiva al verificarsi dell'evento. Il rimedio avverso i provvedimenti che estinguono il processo o rigettano la relativa estinzione sia per rinuncia che per inattività delle parti è il reclamo al collegio. Detto rimedio non è ammesso nell'ipotesi di estinzione c.d. atipica (Cass. n. 25421/2013). Il reclamo al collegio è invece ammissibile anche solo per contestare la statuizione sulle spese resa nell'ordinanza di estinzione (Cass. n. 10836/2014). Fatti estintiviL'estinzione dell'esecuzione per inattività delle parti consegue, come stabilito dalla norma in esame, oltre che alle ipotesi specificamente previste, all'omessa tempestiva riassunzione o prosecuzione del processo esecutivo entro il termine stabilito dal giudice o dalla legge. Tale elencazione è tassativa (Cass. n. 6391/2004). In tale prospettiva, la S.C. ha evidenziato che poiché il termine di dieci giorni per presentare istanza di assegnazione, di cui all'art. 588, ha natura non perentoria, ma ordinatoria, il giudice dell'esecuzione non può discrezionalmente decretare l'estinzione della procedura esecutiva con provvedimento anticipatorio che prefiguri tale estinzione quale conseguenza del decorso della decade dall'udienza infruttuosa di incanto, in assenza di fissazione di nuova udienza, e perciò al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, giusta disposto dell'art. 630 (Cass. n. 8857/2011). In sede applicativa si è poi ritenuto che l'inerzia del creditore procedente (che omette di ottemperare al provvedimento giudiziale di aprire il libretto della procedura e di depositarci le somme stabilite per le spese di procedura) entro il termine già prorogato non può essere inclusa tra le fattispecie di inattività descritte dall'art. 630 (estinzione c.d. «tipica» della procedura) ma tra i provvedimenti che conducono alla «chiusura anticipata» del processo esecutivo, espressamente considerata dall'art. 187-bis disp. att. dopo la riforma del 2006 (Trib. Reggio Emilia I, 22 febbraio 2010). Pronuncia dell'estinzioneDopo la riforma realizzata dalla l. n. 69/2009, anche con riguardo all'analogo disposto dell'art. 307 (in tema di estinzione per inattività delle parti nel processo di cognizione) per la produzione dell'effetto estintivo, a seguito del verificarsi del relativo evento, non occorre l'eccezione di parte, potendo dichiarare il giudice dell'esecuzione d'ufficio, entro la prima udienza successiva al verificarsi di detto evento, l'estinzione della procedura. La Corte di Cassazione ha evidenziato che nel processo esecutivo non vi è necessità di decisione immediata sulla istanza di estinzione (cfr. Cass., n. 24355/2015, la quale ha precisato che resta altresì esclusa, ove il giudice adotti un provvedimento interlocutorio di sospensione dell'esecuzione, la reclamabilità al collegio, ex art. 630, comma 3, perché tale ordinanza non costituisce un provvedimento implicito di rigetto dell'eccezione di estinzione, ma è interpretabile come atto interlocutorio prodromico all'accoglimento dell'istanza medesima). L'art. 25 del d.l. n. 19 del 2024, conv., con modif., in l. 29 aprile 2024, n. 56, ha stabilito che l'ordinanza di estinzione è comunicata a cura del cancelliere, alle parti, se è pronunciata fuori dall'udienza e, in ogni caso, ai terzi pignorati i cui indirizzi di posta elettronica certificata risultano dai pubblici elenchi o che hanno eletto domicilio digitale speciale ai sensi dell'articolo 3-bis, comma 4-quinquies, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. ReclamoRimedio previsto dalla norma in esame, dopo la declaratoria di illegittimità costituzionale in parte qua, anche con riguardo ai provvedimenti che dichiarano l'estinzione del processo per rinuncia o rigettano la relativa istanza, è costituito dal reclamo al collegio. Ha anzi precisato la recentissima Cass. VI, n. 10238/2022, che tutti i provvedimenti del giudice dell'esecuzione in tema di estinzione sono assoggettati esclusivamente al reclamo nelle forme previste dall'art. 630, commi 2 e 3, c.p.c., a prescindere dal fatto che essi abbiano accolto o respinto la relativa istanza proposta dal debitore, ovvero che il giudice abbia omesso di pronunziarsi su di essa, restando pertanto escluso che il debitore possa proporre opposizione all'esecuzione, ex art. 615 c.p.c., per far valere l'improseguibilità della stessa dopo la verificazione della causa di estinzione, ovvero agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c., per contestare tanto il provvedimento del giudice dell'esecuzione che abbia dichiarato l'estinzione (ovvero abbia omesso di farlo), quanto gli atti del processo esecutivo adottati successivamente alla verificazione di una causa di estinzione non dichiarata. Il reclamo può essere proposto dal debitore e dai creditori entro venti giorni dall'udienza nella quale è stata dichiarata l'estinzione ovvero dalla comunicazione dell'ordinanza emanata fuori udienza. Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno chiarito che ol reclamo avverso il provvedimento dichiarativo dell'estinzione del processo esecutivo, proposto ai sensi dell'art. 630, comma 3, c.p.c., non ha natura di atto cd. endoprocessuale, bensì di atto introduttivo di un procedimento di natura cognitiva, con conseguente inoperatività dell'obbligo di deposito telematico di cui all'art. 16-bis, commi 1 e 2, del d.l. n. 179/2012, conv. con modif. dalla l. n. 221 del 2012 (Cass. S.U., n. 7877/2022). Le forme sono quelle previste dai commi 3, 4 e 5 dell'art. 178 in tema di reclamo avverso i provvedimenti in tema di estinzione nel processo di cognizione. Occorre considerare che, peraltro, rispetto proprio al rifermento a dette norme che comportava che del collegio in sede di reclamo avverso il provvedimento reso sull'estinzione dal giudice dell'esecuzione dovesse far parte anche quest'ultimo, ossia la stessa persona fisica che aveva emesso la misura gravata, è intervenuta la recente sentenza n. 45 del 2023 della Corte Costituzionale. Mediante tale pronuncia, riconducendosi alla valenza fondamentale del diritto all'imparzialità del giudice, riguardato anche in senso oggettivo (ossia rispetto agli altri ruoli che il giudice persona-fisica abbia assunto nell'ambito di uno stesso procedimento), la predetta sentenza ha dichiarato costituzionalmente illegittimo in parte qua il terzo comma dell'art. 630 c.p.c. Ne deriva che, a seguito della decisione della Corte Costituzionale, il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato non potrà più far parte del collegio che decide in sede di reclamo avverso lo stesso. Nella parte motiva della decisione la Corte Costituzionale non ha trascurato di osservare né il percorso compiuto dal legislatore in fattispecie analoghe (ad esempio, con la previsione dell'art. 186-bis disp. att. c.p.c. che non consente al giudice dell'esecuzione di essere il giudice dell'opposizione agli atti esecutivi dallo stesso emessi nella fase di merito del relativo giudizio) né l'incidenza, sulla problematica in esame, della qualificazione, ad opera della recente pronuncia n. 7877 del 2022 della Corte di cassazione, del rimedio del reclamo ex art. 630 c.p.c. in termini sostanzialmente impugnatori. Il procedimento di reclamo è definito con sentenza collegiale assoggettata agli ordinari mezzi di impugnazione. Quanto all'appello, la S.C. ha chiarito che In materia di esecuzione forzata, l'appello avverso la sentenza che abbia provveduto sul reclamo proposto ai sensi dell'art. 630 destinato a svolgersi secondo le forme del rito camerale previsto dall'art. 130 disp. att. fin dal momento della proposizione del gravame, che va quindi introdotto con ricorso da depositarsi in cancelleria entro i termini perentori prescritti dagli artt. 325 e 327 (Cass. S.U., n. 22848/2013; conf. Cass. n. 14646/2016). È costante in giurisprudenza la tesi per la quale in caso di declaratoria di estinzione del processo esecutivo in ipotesi diverse da quelle tipizzate dal codice, è inammissibile il reclamo ai sensi dell'art. 630, e ciò anche quando il provvedimento da impugnare indichi la necessità di tale rimedio, dovendosi esperire l'opposizione agli atti esecutivi (Cass. III, n. 8905/2022; Cass. n. 25421/2013; conforme Trib. Napoli V, 29 marzo 2013). Ne deriva che avverso detti provvedimenti non è esperibile neppure il rimedio del ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. (Cass. III, n. 2674/2011). È stato ad esempio affermato, in tale prospettiva, che l'estinzione del processo esecutivo per rinuncia e la cessazione della materia del contendere, relativamente al processo, non sono statuizioni equipollenti, differenziandosi sia per la forma, che per i rispettivi rimedi. Infatti, l'estinzione per rinuncia, in forza di quanto stabilito dagli artt. 629 e 630, è dichiarata con ordinanza reclamabile, mentre la cessazione della materia del contendere, non espressamente prevista dal codice di rito, ove non dia luogo ad una rinuncia avente i requisiti previsti dall'art. 629 citato, si configura come ordinanza di chiusura del processo esecutivo, eventualmente opponibile ai sensi dell'art. 617 (Cass., n. 15374/2011). Tale orientamento è stato criticato da autorevole dottrina (Bellé, 413). Sotto altro profilo, modificando la propria giurisprudenza pregressa, la S.C. ha di recente chiarito che l'impugnazione del solo capo di condanna alle spese dell'ordinanza che dichiari l'estinzione del processo esecutivo va promossa nelle forme del reclamo ex art. 630 e non con ricorso straordinario per cassazione (Cass. n. 10836/2014). In una recente decisione, la S.C. ha evidenziato che l'ordinanza che dichiari l'estinzione parziale, anziché totale, del processo esecutivo malgrado le rinunce, pure intervenute in tempi diversi, di tutti i creditori, è suscettibile di reclamo ex art. 630, comma 3, sicché, ove il debitore, a fronte della prosecuzione dell'esecuzione, proponga opposizione — qualificata dal giudice ex art. 615 con statuizione passata in cosa giudicata interna — la Suprema Corte, successivamente investita del ricorso che contesti il merito dell'opposizione così qualificata, può e deve ravvisare che quest'ultima non poteva essere esercitata, dovendo invece esperirsi il menzionato reclamo, e, quindi, cassare senza rinvio la sentenza impugnata, non riguardando quel giudicato le condizioni di fondatezza in iure dell'opposizione così intesa (Cass. III, n. 19960/2013). Quanto all'ambito del controllo in sede di reclamo previsto dalla norma in esame, sempre in sede di legittimità, è stato precisato che tutti i provvedimenti del giudice dell'esecuzione in tema di estinzione sono assoggettati esclusivamente al reclamo nelle forme previste dall'art. 630, commi 2 e 3,a prescindere dal fatto che essi abbiano accolto o respinto la relativa istanza proposta dal debitore, ovvero che il giudice abbia omesso di pronunziarsi su di essa, restando pertanto escluso che il debitore possa proporre opposizione all'esecuzione, ex art. 615, per far valere l'improseguibilità della stessa dopo la verificazione della causa di estinzione, ovvero agli atti esecutivi, ex art. 617, per contestare tanto il provvedimento del giudice dell'esecuzione che abbia dichiarato l'estinzione (ovvero abbia omesso di farlo), quanto gli atti del processo esecutivo adottati successivamente alla verificazione di una causa di estinzione non dichiarata (Cass. n. 14449/2016). Peraltro, è stato successivamente chiarito che può essere impugnato esclusivamente con opposizione agli atti esecutivi il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione, anche a seguito di contestazione del debitore, definisca il procedimento esecutivo per riscontrata estinzione del credito azionato, qualora abbia contestualmente disposto la liberazione dei beni pignorati. (Cass. n. 13108/2017). Da ultimo, è stato chiarito che la conclusione della procedura esecutiva, con la vendita dei beni pignorati e distribuzione del ricavato ai creditori, non determina la cessazione della materia del contendere nel giudizio instaurato con il reclamo ex art. 630 avverso il provvedimento di diniego dell'estinzione del processo esecutivo, permanendo l'interesse alla decisione perché l'accertamento dell'estinzione della procedura comporta gli effetti di cui all'art. 632, comma 2 (Cass. n. 8113/2022, in Ilprocessocivile.it, con nota di D'Alonzo). 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