Codice di Procedura Civile art. 825 - Deposito del lodo 1 .Deposito del lodo1. [I]. La parte che intende fare eseguire il lodo nel territorio della Repubblica ne propone istanza depositando il lodo in originale, o in copia conforme, insieme con l'atto contenente la convenzione di arbitrato, in originale o in copia conforme, presso il tribunale nel cui circondario è la sede dell'arbitrato. Il tribunale, accertata la regolarità formale del lodo, lo dichiara esecutivo con decreto. Il lodo reso esecutivo è soggetto a trascrizione o annotazione, in tutti i casi nei quali sarebbe soggetta a trascrizione o annotazione la sentenza avente il medesimo contenuto2. [II]. Del deposito e del provvedimento del tribunale è data notizia dalla cancelleria alle parti nei modi stabiliti dell'articolo 133, secondo comma. [III]. Contro il decreto che nega o concede l'esecutorietà del lodo, è ammesso reclamo mediante ricorso alla corte d'appello, entro trenta giorni dalla comunicazione; la corte, sentite le parti, provvede in camera di consiglio con ordinanza.
[1] Articolo sostituito dall'art. 23, d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, a far data dal 2 marzo 2006. Ai sensi dell'art. 27, comma 4, d.lg. n. 40, cit., la disposizione si applica ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del decreto. Precedentemente l'articolo era stato modificato dall'art. 17 l. 5 gennaio 1994, n. 25 e dall'art. 116 d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51. Il testo anteriore alla riforma recitava: «[I]. Gli arbitri redigono il lodo in tanti originali quante sono le parti e ne danno comunicazione a ciascuna parte mediante consegna di un originale, anche con spedizione in plico raccomandato, entro dieci giorni dalla data dell'ultima sottoscrizione. [II]. La parte che intende fare eseguire il lodo nel territorio della Repubblica è tenuta a depositarlo in originale o in copia conforme, insieme con l'atto di compromesso o con l'atto contenente la clausola compromissoria o con documento equipollente, in originale o in copia conforme, nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell'arbitrato. [III]. Il tribunale, accertata la regolarità formale del lodo, lo dichiara esecutivo con decreto. Il lodo reso esecutivo è soggetto a trascrizione, in tutti i casi nei quali sarebbe soggetta a trascrizione la sentenza avente il medesimo contenuto. [IV]. Del deposito e del provvedimento del tribunale è data notizia dalla cancelleria alle parti nei modi stabiliti nell'articolo 133, secondo comma. [V]. Contro il decreto che nega l'esecutorietà del lodo, è ammesso reclamo entro trenta giorni dalla comunicazione, mediante ricorso al tribunale in composizione collegiale, del quale non può far parte il giudice che ha emesso il provvedimento reclamato; il collegio, sentite le parti, provvede in camera di consiglio con ordinanza non impugnabile». [2] Comma modificato dall'art. 3, comma 8, lett. u) d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164, che ha sostituito le parole «presso il tribunale» alle parole: «nella cancelleria del tribunale»; i sensi dell’art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. InquadramentoLa dichiarazione di esecutività del lodo. La norma in commento mantiene in vita tuttora una certa distanza tra sentenza e lodo, poiché quest'ultimo, se non omologato, equivale alla sentenza solo quanto agli effetti di accertamento e costitutivi, ma non condannatori: effetti che si realizzeranno solo con il rilascio dell'exequatur. Il lodo va depositato — se l'interessato lo ritiene, sicché il deposito è un onere per conseguire l'effetto di esecutività, non un obbligo — in originale o in copia conforme presso il tribunale nel cui circondario è la sede dell'arbitrato ad opera della parte che intenda farlo eseguire nel territorio della Repubblica, trascriverlo nei pubblici registri o iscrivere ipoteca giudiziale (art. 2819 c.c.); deve essere depositata anche la convenzione di arbitrato; il deposito non è sottoposto all'osservanza di alcun termine e, dunque, può essere effettuato in qualsiasi tempo. Secondo l'art. 825, u.c., contro il decreto che nega l'esecutorietà del lodo è ammesso reclamo mediante ricorso alla corte d'appello, che provvede in camera di consiglio con ordinanza. La S.C. nega che l'exequatur ovvero il suo diniego siano provvedimenti decisori tali da incidere sulle posizioni soggettive delle parti: è stata così esclusa la ricorribilità per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., del provvedimento della corte d'appello che respinge il reclamo avverso il decreto che nega esecutività al lodo arbitrale (Cass. n. 10450/2014). La dichiarazione di esecutività del lodoIl lodo arbitrale possiede fin dalla data della sua ultima sottoscrizione gli effetti della sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria (art. 824-bis) e può essere impugnato indipendentemente dal deposito (art. 827, comma 2), deve essere depositato ad iniziativa della parte che intenda farlo eseguire nel territorio della Repubblica, trascriverlo nei pubblici registri o infine iscrivere in base ad esso ipoteca giudiziale. Ne discende, anzitutto, che l'onere del deposito, e con esso l'applicabilità del procedimento previsto dall'art. 825, concerne i soli lodi (eventualmente anche parziali) recanti capi condannatori ovvero suscettibili di trascrizione o iscrizione. Non sono perciò depositabili i lodi recanti mere statuizioni di accertamento o costitutive. Legittimati al deposito sono conseguentemente i soli titolari di pronunce di condanna ovvero suscettibili di trascrizione o iscrizione, i quali possono delegare un terzo, ivi compreso uno degli arbitri che abbiano partecipato alla deliberazione del lodo (Trib. Potenza 23 gennaio 1999). La norma parla di istanza volta all' exequatur, ma sembra condivisibile l'opinione secondo cui essa è da ritenere implicita nel deposito del lodo presso il giudice competente. Il lodo e la convenzione arbitrale possono essere depositati sia in originale che in copia conforme, mentre è escluso il deposito di documenti equipollenti, avendo il legislatore soppresso il relativo riferimento nel testo della norma (Trib. Milano 27 maggio 2010). Il tribunale, accertata la regolarità formale del lodo, lo dichiara esecutivo con decreto, senza che occorra istituire, a tal fine, il contraddittorio tra le parti. A tal proposito, il giudice delle leggi ha in passato osservato che la norma, nei termini in cui era all'epoca formulata, non si poneva in contrasto con l'art. 24 Cost., laddove non prevedeva l'obbligo della convocazione delle parti prima della dichiarazione di esecutività del lodo, essendo il decreto dichiarativo dell'esecutività sindacabile sia nell'ambito della impugnazione per nullità, sia, ricorrendone i presupposti, in occasione di opposizione all'esecuzione (Corte cost. n. 80/1992). Tale conclusione non può che rimanere ferma nel vigore della disposizione in commento, che ha esteso anche al decreto di exequatur il reclamo in precedenza previsto contro il solo diniego di omologazione. Quanto alla natura, mentre parte della dottrina sostiene che il procedimento per la dichiarazione di esecutività del lodo va annoverato nell'ambito degli accertamenti con prevalente funzione esecutiva (Punzi, 439; Ghirga, 139), altri autori lo inquadrano nella volontaria giurisdizione (Cecchella, 198), soluzione, quest'ultima, condivisa dalla giurisprudenza secondo la quale detto procedimento, pur rientrando nell'ambito della volontaria giurisdizione, costituisce un procedimento particolare, autonomamente disciplinato dall'art. 825, con la conseguenza che ad esso non sono applicabili le regole generali dettate per i procedimenti in camera di consiglio dagli artt. 737 ss. (Cass. n. 1553/1995). Quanto all'efficacia, si ritiene che il decreto possa essere fatto valere esclusivamente dalla parte che ha effettuato il deposito (Punzi, 451) e non da altre parti eventualmente titolari di statuizioni di condanna ovvero suscettibili di trascrizione o iscrizione. Discende da tale osservazione che lo stesso lodo potrà, su iniziativa di parti diverse, essere oggetto di più exequatur da parte del tribunale territorialmente competente. La competenza spetta al tribunale nella cui circoscrizione è collocata la sede dell'arbitrato. Trattasi di competenza inderogabile per chi riconduce il procedimento alla volontaria giurisdizione, derogabile altrimenti (per l'inderogabilità Cass. n. 2305/1988, in motivazione; e, Cass. n. 107/2014, secondo cui, nel caso in cui il tribunale adito sulla istanza di declaratoria di esecutività di lodo arbitrale dichiari la propria incompetenza per territorio, il giudice successivamente adito, ove declini a sua volta, anche in sede di appello a seguito del reclamo proposto dalla controparte, la propria competenza, è tenuto a sollevare regolamento di competenza d'ufficio ex art. 45, non ostandovi né la natura camerale del giudizio, né il disposto di cui all'art. 44 (ricorrendo un'ipotesi di competenza funzionale ex art. 28 in relazione all'art. 825), né, infine, la preclusione di cui all'art. 38, instaurandosi il contraddittorio solo a seguito del reclamo alla corte d'appello, essendo disposta la declaratoria di esecutività con decreto inaudita altera parte). Decide il giudice monocratico. La dichiarazione di esecutività segue alla verifica della mera regolarità formale del lodo. In sede di rilascio della esecutorietà il controllo del tribunale è dunque limitato da un lato alla verifica degli adempimenti preordinati alla esecutorietà (istanza della parte, deposito del lodo nelle forme previste, allegazione della convenzione di arbitrato) e dall'altro lato al riscontro dei presupposti formali del lodo stesso (carattere rituale del lodo, sottoscrizione degli arbitri), sicché la verifica della rituale costituzione del collegio arbitrale non può essere eseguita in sede di rilascio della esecutorietà, riguardando essa un vizio che deve essere fatto valere come motivo di nullità attraverso la impugnazione del lodo (App. Bari 16 agosto 2011; si consideri però che l'estensione della cognizione alla natura rituale o irrituale dell'arbitrato è discussa in dottrina: per la negativa Boccagna, 431; Verde, 161; per l'ammissibilità del controllo Bove, 197; Briguglio, 564; Cecchella, 196; il controllo sulla natura rituale o irrituale dell'arbitrato è riconosciuto da Cass. n. 2826/1995; secondo Cass. n. 5280/1998, in motivazione, «è certo che la qualificazione del lodo è estranea agli accertamenti demandati al pretore dall'art. 825»). Va parimenti escluso che il giudice possa a scrutinare la validità della nomina e dell'accettazione degli arbitri, nonché il rispetto del termine per la pronuncia (Cass. n. 2990/1960). Il decreto pronunciato sull'istanza di exequatur, sia in caso di accoglimento che di diniego, è reclamabile dinanzi alla corte d'appello, che decide in camera di consiglio con ordinanza. Dopodiché è inammissibile il ricorso per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. avverso il provvedimento della corte d'appello che, in sede di reclamo, abbia negato l'esecutorietà del lodo; invero, anche se la decisione incide sul diritto della parte vittoriosa nel procedimento arbitrale al conseguimento del titolo esecutivo, per il rifiuto dell'atto che conferisce al lodo tale efficacia, essa non le preclude definitivamente l'esercizio della facoltà di procedere ad esecuzione forzata, ben potendo agire in via ordinaria per fare accertare, in un giudizio a cognizione piena, la sussistenza dei requisiti cui è subordinata l'efficacia esecutiva del lodo, ovvero, in alternativa, provvedere nuovamente al deposito dello stesso, corredato eventualmente della documentazione della quale sia stata precedentemente rilevata la mancanza o l'irregolarità (Cass. n. 21739/2016 ; nello stesso senso Cass. n. 11803/2022). Non sembra che abbiano avuto occasione di presentarsi nella pratica — e non v'è ragione quindi di soffermarsi in proposito — talune questioni esaminate dalla dottrina con riguardo ad eventuali sviluppi ulteriori concernenti il deposito del lodo rituale; e così: se ed in quali limiti l'esecuzione intrapresa in forza di un lodo arbitrale in tesi illegittimamente dotato dell'exequatur possa essere fatta oggetto di opposizione ai sensi dell'art. 615, pur dopo che, omologato il lodo, il reclamo contro il decreto sia stato rigettato; se l'illegittimità del provvedimento di exequatur derivante dalla mancanza di requisiti formali del lodo, richiesti a pena di nullità, possa essere fatta altrimenti valere in sede di impugnazione per nullità ex art. 829, comma 1, n. 5; se l'exequatur per errore concesso ad un lodo irrituale renda ammissibile l'impugnazione per nullità, ovvero se rimanga proponibile contro detto un lodo, come di regola, soltanto l'azione di impugnativa negoziale; se, nel vigore dell'attuale formulazione dell'art. 825, sia lecito il patto di non deposito del lodo, giudicato nullo all'epoca in cui gli arbitri dovevano provvedere al deposito entro cinque giorni dalla pronuncia (Cass. n. 5722/1980); se, infine, l'exequatur previsto dall'art. 825 possa essere sostituito dal passaggio in giudicato della sentenza della corte d'appello che abbia respinto l'impugnazione per nullità. 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