Un'opinione diffusa sia in giurisprudenza che in dottrina afferma che per determinati crediti garantiti (come taluni crediti fiscali e previdenziali) le regole di soddisfacimento imperativamente stabilite nella legge fallimentare siano insensibili alla circostanza della incapienza del patrimonio debitore.
I sostenitori di questo avviso sono per lo più concordi nel ritenere anche la facoltatività della transazione fiscale quale procedimento da seguire per realizzare il trattamento dei crediti fiscali e assimilati.
In sintesi, pertanto, un'opinione che potremmo anche ritenere maggioritaria afferma la necessarietà delle regole sostanziali sui crediti in esame e la facoltatività delle regole processuali sugli stessi crediti.
Io sostengo l'opinione opposta, e offro di seguito una breve argomentazione finalizzata a rinvigorire la discussione.
Non credo che le regole sostanziali, relative al soddisfacimento dei crediti in esame, siano di applicazione necessaria. Tali regole, indubbiamente imperative, sono infatti rivolte al patrimonio del debitore e non anche al patrimonio di terzi. L'ovvia conclusione non richiede un grande sforzo argomentativo: come tutte le regole relative all'adempimento coattivo dell'obbligazione, anche le regole in esame non possono che rivolgersi al soggetto passivo del rapporto, e dunque non possono che interessare esclusivamente il patrimonio di costui.
Non meno ovvia la conseguenza secondo cui, quando detto patrimonio sia incapiente, la regola imperativa di trattamento non possa mai estendersi al contributo finanziario arrecato al concordato da un soggetto terzo, trattandosi di risorse provenienti da un patrimonio non soggetto alle citate regole imperative. La contraria conclusione a cui giunge l'opinione maggioritaria deve dunque approntare e superare la presente obiezione, concernente l'inapplicabilità delle regole imperative sul soddisfacimento di taluni crediti fiscali e assimilati a patrimonio diverso da quello debitore.
Forse non è del tutto inutile segnalare che la risposta dovrebbe essere coerentemente ricercata nel sistema della responsabilità patrimoniale e non nel diverso sistema delle regole procedurali sul concordato preventivo. Infatti le regole sul soddisfacimento dei crediti sono regole sostanziali e non processuali. Far discendere dall'espletamento di una determinata procedura conseguenze dirette sul trattamento dei crediti in essa dedotti sarebbe pertanto dogmaticamente inesatto.
Aggiungerei: nell'ambito di una procedura, evidentemente, possono essere contenute regole sostanziali (come quelle sul soddisfacimento dei crediti); ma regole sostanziali non possono dedursi dalla semplice esistenza della procedura. Cosicché l'esistenza, nella procedura di concordato, di regole sul soddisfacimento dei crediti, ossia di regole sostanziali, evidentemente rivolte al patrimonio debitore, non giustifica la conclusione sulla estensione di tali regole a patrimoni diversi, ma coinvolti nella medesima procedura. Occorrerebbe, per tale risultato, una espressa disposizione sull'estensione della regola sul patrimonio debitore anche al patrimonio del terzo. Tale regola sarebbe peraltro chiaramente derogatoria della disciplina generale della responsabilità patrimoniale.
Nemmeno condivido la tesi sulla facoltatività della transazione fiscale, ossia delle regole procedurali per il trattamento dei crediti fiscali ed assimilati. L'art. 182-ter l.fall. tratta della offerta contrattuale o concordataria al creditore fiscale e previdenziale. Sotto il profilo sistematico sarebbe davvero ostico dimostrare la facoltatività di tale procedura: si tratta infatti di regole stabilite per la “transazione” del credito di natura pubblica, di cui la legge fallimentare detta le regole imperative; cosicché affermare che il debitore potrebbe scegliere se attenersi o meno a quelle regole implicherebbe di ritenere la pubblica amministrazione a sua volta libera di seguire o meno dette regole. Ciò significherebbe la libera disponibilità di crediti di natura pubblica da parte delle pubbliche amministrazioni responsabili pur in presenza di percorsi normativi all'uopo stabiliti.
Evidentemente la obbligatorietà della transazione fiscale non implica la necessità del consenso del creditore così interpellato. Spetterà alla pubblica amministrazione responsabile aderire o meno alla proposta ritualmente formulata e dunque esprimere per conseguenza l'assenso o il dissenso all'accordo di ristrutturazione dei debiti oppure il voto favorevole o contrario nel concordato preventivo.
Tanto il dissenso al contratto, quanto il voto contrario spiegheranno a tal punto i normali effetti di qualsiasi altro dissenso o voto contrario influendo in tale misura nella formazione delle maggioranze richieste dalla legge.
In conclusione: a mio avviso le regole sostanziali sul soddisfacimento dei crediti si applicano soltanto al patrimonio debitore, e non anche al patrimonio di terzi pur coinvolti nel contratto o nella procedura di concordato. Le regole procedurali di transazione fiscale sono di applicazione necessaria nell'accordo di ristrutturazione o nel concordato in cui sia ipotizzata una conformazione dei crediti fiscali e assimilati.