L'introduzione dell'art. 186-bis l. fall. in tema di concordato con continuità aziendale, e la prassi applicativa indecisa che ne è seguita, rendono opportuna qualche precisazione preliminare sui concetti di “liquidazione” e di “continuità aziendale”.
Si tratta infatti di avere ben chiari: a) le concezioni con cui tali concetti sono usati nel contesto del diritto della crisi di impresa; b) i termini a cui tali concetti si riferiscono (rispettivamente, domanda di concordato e piano aziendale).
Il termine “liquidazione” è usato nella concezione più vasta, nella quale si ricomprendono tutte le varie alternative determinanti la spoliazione patrimoniale del debitore a vantaggio dei suoi creditori.
In particolare, la liquidazione concordataria può realizzarsi, nella prassi, attraverso le seguenti alternative:
1) offerta del debitore ai creditori concorsuali di tutti i suoi beni (secondo lo schema della cessio bonorum);
2) offerta del debitore ai creditori concorsuali del denaro risultante dalla conversione di tutti i suoi beni attraverso la liquidazione degli stessi.
L'espressione “continuità aziendale” è parimenti usata in una larga concezione invalsa nella scienza aziendalistica, secondo cui si ha continuità quando l'attività economica non si interrompe ma prosegue.
Per l'art. 186-bis l. fall. la continuità aziendale si esplica attraverso:
1) la prosecuzione dell'impresa (secondo la formula dell'art. 2082 c.c.) da parte dell'imprenditore indebitato;
2) la cessione - ma anche conferimento in società terze - della azienda in esercizio.
Circa i termini di riferimento della liquidazione e della continuità, essi vanno individuati rispettivamente nell'offerta (o proposta) concordataria e nel piano di concordato.
Appare innanzitutto chiaro come la continuità aziendale può essere oggetto soltanto di un piano aziendale (concernendo la stessa attività di impresa nel suo svolgersi).
Discorso più articolato concerne la liquidazione: dovendo distinguersi l'oggetto dell'offerta ai creditori dalla modalità adempitiva della stessa.
Con riguardo all'oggetto dell'offerta, ossia alla cessione del patrimonio ai creditori, appare evidente come essa - integrando una prestazione di dare - possa essere oggetto solo e soltanto della proposta di concordato. Invece la liquidazione del patrimonio può essere considerata in un piano aziendale (che concerne appunto operazioni e non prestazioni) soltanto in senso procedurale. Nel piano aziendale potrà semplicemente stabilirsi la modalità della cessione patrimoniale, ossia della prestazione oggetto dell'offerta. In tal caso, il termine “liquidazione” definisce non l'offerta, ma il procedimento attraverso cui realizzare la liquidazione dei beni del patrimonio.
Effettuate queste precisazioni, può comprendersi come liquidazione concordataria, da un lato, e continuità aziendale, dall'altro, siano realtà ampiamente compatibili e come anche un concordato caratterizzato dalla liquidazione del patrimonio del debitore come oggetto dell'offerta concordataria e procedimento adempitivo della stessa designato nel piano possano svolgersi con riguardo ad una azienda in esercizio e che continua a rimanere tale.
Tutte le volte in cui l'imprenditore non prosegue nell'esercizio dell'impresa (perché offre ai creditori il proprio patrimonio), ma tale esercizio prosegue comunque in capo a terzi (perché ad essere ceduta è appunto l'azienda in esercizio), liquidazione e continuità si realizzano vicendevolmente.
La generale conseguenza applicativa di queste considerazioni è che ogni qualvolta si realizzi la continuità aziendale, ossia ogniqualvolta permangano in procedura aziende in esercizio, la fattispecie sarà regolata dalle speciali norme in tema di going concern, nel ricorso dei prescritti requisiti (cfr. art. 182-quinquies e 186-bis l. fall.).