Il principio di diritto sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato stabilito dalla Cassazione a Sezione Unite
Fabrizio Di Marzio
25 Gennaio 2013
Un primo significativo esito dell'acceso dibattito sui poteri di controllo del tribunale sulla domanda di concordato è contenuto nel recentissimo principio di diritto stabilito dalle Sezioni Unite (Cass. n. 1521/2013) in questi termini: “Il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall'attestazione del professionista, mentre resta riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti; il controllo di legittimità del giudice si realizza facendo applicazione di un unico e medesimo parametro nelle diverse fasi di ammissibilità, revoca ed omologazione in cui si articola la procedura di concordato preventivo; il controllo di legittimità si attua verificando l'effettiva realizzabilità della causa concreta della procedura di concordato; quest'ultima, da intendere come obiettivo specifico perseguito dal procedimento, non ha contenuto fisso e predeterminabile, essendo dipendente dal tipo di proposta formulata, pur se inserita nel generale quadro di riferimento, finalizzato al superamento della situazione di crisi dell'imprenditore, da un lato, e all'assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro”.
Un primo significativo esito dell'acceso dibattito sui poteri di controllo del tribunale sulla domanda di concordato è contenuto nel recentissimo principio di diritto stabilito dalle Sezioni Unite (Cass. n. 1521/2013) in questi termini: “Il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall'attestazione del professionista, mentre resta riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti; il controllo di legittimità del giudice si realizza facendo applicazione di un unico e medesimo parametro nelle diverse fasi di ammissibilità, revoca ed omologazione in cui si articola la procedura di concordato preventivo; il controllo di legittimità si attua verificando l'effettiva realizzabilità della causa concreta della procedura di concordato; quest'ultima, da intendere come obiettivo specifico perseguito dal procedimento, non ha contenuto fisso e predeterminabile, essendo dipendente dal tipo di proposta formulata, pur se inserita nel generale quadro di riferimento, finalizzato al superamento della situazione di crisi dell'imprenditore, da un lato, e all'assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro”. Questa brevissima riflessione è dedicata esclusivamente al principio di diritto, non soltanto nella sua fondamentale valenza interpretativa, ma anche nella sua precipua funzione di regola per il giudice di merito: stabilita in occasione di un determinato processo, ma volta ad indirizzare la soluzione dei casi simili che si porranno. La formulazione del principio suscita dubbi interpretativi del principio medesimo, specie alla luce di un canone rigoroso sotto il profilo dogmatico. a) Oggetto del controllo. Qualche perplessità potrebbe innanzitutto sorgere sull'oggetto del controllo che, pur riferito testualmente al “giudizio di fattibilità” sembrerebbe per altro verso rivolto al requisito di fattibilità. Nel corpo della motivazione si discute invero di “fattibilità giuridica”, da valutarsi ad opera del tribunale e di “fattibilità economica”, rimessa al giudizio dei creditori. Potrebbe osservarsi che il giudizio sulla fattibilità è espresso dall'attestatore; così che il controllo su tale giudizio dovrebbe concernere la relazione attestativa (e infatti in sentenza è chiarito che oggetto del controllo del tribunale è la razionalità della argomentazione svolta dall'attestatore). Tuttavia, nel principio di diritto sembra ulteriormente stabilirsi un parallelismo tra giudizio sulla fattibilità reso dall'attestatore (e sottoposto al controllo di razionalità del tribunale) e giudizio sulla fattibilità (come detto in senso giuridico) reso dal tribunale (dichiarandosi che quest'ultimo non è escluso dal giudizio dell'attestatore). Nondimeno, dovendosi giudicare sopra un giudizio, il termine di riferimento non potrebbe essere il termine di quel giudizio. In altre parole, se il giudice deve giudicare il giudizio sulla fattibilità, allora non potrebbe giudicare della fattibilità in sé stessa considerata. Del resto, in motivazione non si portano esempi soddisfacenti sul giudizio di fattibilità esercitato direttamente sul piano concordatario: esaurendosi, come di seguito chiarito, il sindacato del tribunale sulla riscontrabilità nel caso concreto della funzione obiettiva dell'istituto concordatario (ossia il superamento della insolvenza del debitore tramite il soddisfacimento concordatario dei creditori). Dal che l'ipotesi di lettura, da verificare in seguito, secondo cui unico effettivo oggetto del controllo del tribunale sia la relazione attestativa e non il piano che ne costituisce riferimento. b) Natura e oggetto del giudizio. La natura del controllo del tribunale è di legittimità: il tribunale deve svolgere un controllo di legittimità sul giudizio in questione. La valenza di questo controllo è perimetrata dalla frase secondo cui “il controllo di legittimità si attua verificando l'effettiva realizzabilità della causa concreta della procedura di concordato”. La causa, pur intesa nel senso di funzione, in diritto privato è riferibile non a procedimenti, ma a negozi; nel caso del concordato può al più riferirsi – anziché all'intero procedimento - alla proposta di concordato (ossia all'offerta di soddisfacimento rivolta dal debitore ai creditori). Non potrebbe invece riguardare il piano concordatario, che, sempre ragionando in termini di diritto privato, formalizza il percorso adempitivo della proposta. Potrebbe peraltro supporsi che il riferimento nel giudizio di fattibilità al piano quale percorso adempitivo renda rilevante, nel giudizio del tribunale - sotto il profilo del cosiddetto sinallagma funzionale – non il momento genetico, ma il momento esecutivo. Così inteso, tuttavia, il controllo si realizzerebbe entro perimetri non solo angusti, ma anche già posti dal sistema di diritto privato e ribaditi dalla disciplina specifica sulla risoluzione del concordato. Né aiuta la precisazione del Supremo Collegio sulla concezione della causa fatta propria dal principio. Si discorre di “causa concreta”, con ciò richiamandosi alla nota distinzione tra tipo negoziale e funzione di un concreto negozio, fatta propria dalla giurisprudenza di legittimità da oltre un ventennio e ormai posta alla base della concezione corrente di causa del negozio. Resta il fatto che il richiamo alla realizzabilità della causa concreta del concordato può ragionevolmente interpretarsi in senso lato: come riferito alla concreta possibilità di adempimento della proposta (e infatti nel principio si menziona da un lato il superamento della insolvenza e dall'altro il soddisfacimento dei creditori: ossia sempre, e in ogni caso, il raggiungimento dell'obiettivo concordatario). In questa prospettiva, il controllo del tribunale dovrebbe concernere la conseguibilità, in termini di possibilità giuridica, dell'obiettivo concordatario (e dunque della causa concreta del concordato) ora secondo l'argomentazione del professionista, ora secondo il piano concordatario. Nel primo caso la decisione apporterebbe una restrizione anche alla tesi più rigorosa sul controllo del tribunale (comunque inteso a verificare il giudizio del professionista sulla fattibilità probabile, e non meramente possibile); l'ipotesi va tuttavia scartata chiarendosi nel testo della sentenza come il tribunale debba sempre svolgere un controllo sulla razionalità argomentativa della relazione attestativa. Nel secondo caso potrebbe apparire sminuita l'importanza della relazione del professionista e del controllo dallo stesso realizzato; il tutto, per far posto ad un giudizio effettivamente non di legittimità, ma di merito reso dal tribunale in termini forse più ristretti di quello espresso dal professionista (limitato cioè alla possibilità - per di più giuridica -, e non alla probabilità, di superamento, per via concordataria, dell'insolvenza). Ma anche questa evenienza può essere accantonata. Infatti il giudizio del tribunale, per come delimitato nel principio di diritto in esame - riferito alla causa concreta del contratto da un lato e siccome da svolgersi sin dal momento della ammissione del debitore alla procedura -, non può che concernere la sussistenza in prospettazione della cosiddetta causa concreta del concordato. Se così fosse, una proposta concordataria avente ad oggetto un trattamento dei creditori conforme a norme imperative di legge secondo una programmazione adempitiva positivamente attestata circa la veridicità del dato aziendale e la realizzabilità economica del progetto (fattibilità) non potrebbe che superare positivamente il controllo di legittimità del tribunale sulla fattibilità giuridica del concordato. Controllo che dunque, anche sulla scorta dell'esaminato principio di diritto, sembrerebbe continuare a concernere la razionalità argomentativa della attestazione di fattibilità economica del piano concordatario. Dal che il sospetto - pur sempre formulato a una prima lettura a caldo di un complesso provvedimento e di un altrettanto complesso principio di diritto - che la giurisprudenza della Suprema Corte resti ancorata all' idea che al giudice non spetti valutare in modo diretto la fattibilità del piano aziendale posto a base della proposta; e che invece sia compito del giudice controllare in primo luogo le condizioni di ammissibilità della proposta (ossia la conformità della stessa al diritto imperativo) e in secondo luogo la razionalità dell'attestazione resa dal professionista sulla veridicità del dato aziendale e sulla fattibilità del piano sviluppato a partire da quel dato.
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