L'art. 186-bis l. fall. di nuova introduzione, regolamenta in modo imperativo una figura speciale di concordato preventivo caratterizzato dalla maggiore rischiosità insita nella prosecuzione dell'attività imprenditoriale da parte del debitore nel corso della procedura, e dall'imputazione del rischio di impresa al debitore stesso. Esso pertanto non può applicarsi al caso in cui l'azienda sia affittata ad un imprenditore-terzo.
Il nuovo concordato “con continuità”, introdotto dall'art. 186-bis l. fall., costituisce una forma speciale di concordato preventivo che deve applicarsi necessariamente ad ogni piano concordatario caratterizzato dal fatto che il debitore prosegue (o forse anche riattiva o riconverte) l'attività d'impresa durante la pendenza della procedura.
Ciò al fine di ristrutturare la stessa e proseguire senza modifiche degli assetti imprenditoriali, oppure di trasferirla a terzi, anche mediante conferimento in società.
Ratio di questa disciplina, di natura sicuramente imperativa (sicché non sono ammissibili concordati presentati nella forma “classica” che presentino tali caratteristiche), è quella di assicurare una maggiore tutela ai creditori concorsuali, attraverso un apparato documentale rafforzato (redazione di un budget e attestazione circa la convenienza della procedura per i creditori) e norme speciali sui rapporti commerciali.
In particolare, il concordato è possibile anche se si prevedono perdite economiche, a condizione che la prosecuzione dell'impresa sia strumentale alla salvaguardia del valore degli intangibles, e dunque alla massimizzazione del valore di realizzo, o comunque del risanamento dell'azienda con maggiori prospettive di soddisfacimento dei creditori.
Il rischio presupposto dal Legislatore non è solo quello che il compendio così esercitato si svalorizzi, bensì quello che i creditori subiscano gli effetti dell'assunzione di passività in prededuzione, per effetto della eventuale incapacità dei flussi della gestione caratteristica di estinguere le nuove passività di funzionamento contratte.
Per questo motivo il budget allegato alla domanda deve prevedere la copertura finanziaria, e l'autorizzazione del Giudice non è necessaria (art. 182-quinquies, comma 4, l. fall.) per pagare debiti di funzionamento pregressi, solo qualora ciò trovi copertura in risorse apportate da terzi “a fondo perduto”.
E dunque la disciplina non è applicabile all'affitto dell'azienda, ove il rischio decritto incombe direttamente sull'affittuario e non sul debitore; debitore che al limite può essere remunerato in modo variabile e parametrato all'andamento della gestione, ma non risponde delle passività contratte dall'affittuario.
D'altro canto l'espressione “cessione di azienda in esercizio”, pur nella sua evidente atecnicità, è riferibile solo al trasferimento in proprietà dell'azienda a terzi; e diversamente non avrebbe alcun senso buona parte della disciplina speciale introdotta: si pensi alla previsione del budget, che non potrebbe ragionevolmente riferirsi alla gestione finanziaria dell'affittuario (i cui dati contabili ed aziendali l'attestatore non sarebbe nemmeno tenuto a verificare), ed all'autorizzazione a contrarre finanziamenti o a fare pagamenti di debiti concorsuali (art. 182-quinquies).