Tutela dei terzi nelle misure di prevenzione patrimoniali e procedure concorsuali

07 Febbraio 2012

Il decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 codifica, con alcune significative innovazioni legislative, l'esperienza giurisprudenziale in materia di tutela dei terzi nelle misure di prevenzione patrimoniale ed in materia di rapporti tra le stesse e le procedure concorsuali. Ha inoltre utilizzato alcune categorie normative estrapolate dal diritto fallimentare.

Il decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 codifica, con alcune significative innovazioni legislative, l'esperienza giurisprudenziale in materia di tutela dei terzi nelle misure di prevenzione patrimoniale ed in materia di rapporti tra le stesse e le procedure concorsuali. Ha inoltre utilizzato alcune categorie normative estrapolate dal diritto fallimentare.

Va premesso che il legislatore ha via via sensibilmente ridotto il numero delle persone che, in qualità di terzi, possono essere coinvolte nelle misure di prevenzione patrimoniali (M.P.P.), estendendo la categoria dei soggetti “proponibili” perché pericolosi, essendovi stati inclusi, oltre alle figure tradizionali, anche gli istigatori, i mandanti, i finanziatori (vale a dire coloro che forniscono somme di denaro o altri beni, conoscendo lo scopo cui sono destinati), nonché coloro che consapevolmente vivono dei proventi dei reati e coloro che sono coinvolti nelle attività del terrorismo internazionale
Alla luce delle norme vigenti e della tradizione giurisprudenziale consolidatasi nel trentennio dall'introduzione delle M.P.P., è agevole contrapporre la finalità del nuovo fallimento - procedura fondata sulla par condicio e finalizzata al reinserimento nel tessuto produttivo delle ricchezze cadute nella massa fallimentare - alla ragione ontologica della prevenzione, individuabile nella finalità di sottrarre i beni oggettivamente pericolosi alla persona pericolosa e ai terzi non in buona fede, ed evitare che tali entità patrimoniali rientrino nella disponibilità del “proposto” (Cass. Pen. n. 16797 del 2011).
Per questa ragione i beni pericolosi non possono essere acquisiti alla massa fallimentare (che li rimetterebbe in circolazione), ma vanno definitivamente acquisiti al patrimonio dello Stato, anche quando, pur essendo appartenenti a terzi, si trovino nella “disponibilità del soggetto proposto”. Ciò comporta che la procedura di prevenzione patrimoniale, diretta alla confisca di beni, prevalga in ordine alla destinazione dei beni su quella fallimentare, sia quando il fallimento sia stato dichiarato prima del sequestro preventivo, sia quando sia stato dichiarato successivamente, dovendo essere privilegiato l'interesse pubblico. Infatti ove, sui beni compresi nel fallimento, sia disposto il sequestro preventivo, il giudice delegato, sentiti il curatore fallimentare e il comitato dei creditori, dispone, con decreto non reclamabile, la separazione di tali beni dalla massa attiva del fallimento e la loro consegna all'amministratore giudiziario nominato nel decreto applicativo della misura preventiva. Si vedano le specifiche disposizioni, artt. 63, 64 e 65 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, che distinguono tra fallimento precedente e successivo al sequestro, nonché le norme che disciplinano i rapporti giuridici pendenti.
In estrema sintesi sonoterzi non in buona fede i proprietari meramente formali dei beni sequestrati, nonché coloro ai quali sia addebitabile la mancata conoscenza per colpa del nesso tra cosa pericolosa e proposto.
Sono terzi incolpevoli, non travolti dalle M.P.P., coloro che dimostrino la sussistenza di una frattura del rapporto tra la cosa ritenuta pericolosa (perché nella disponibilità del proposto) e la loro persona di intestatari.
La circostanza che a subire le conseguenze pregiudizievoli della confisca siano persone non qualificate come pericolose, perché estranee al fenomeno criminale, introduce il tema delle tecniche di selezione della buona fede in capo al terzo (Cass. Pen. n. 30326 del 29 aprile 2011).
Se la ratio “incriminatrice” delle M.P.P. è quindi individuabile nella confiscabilità anche dei “diritti dei terzi scaturiti dai rapporti giuridici intrattenuti con l'imprenditore mafioso”, dei beni detenuti da coloro che non possano provare di non essere consapevoli delle illiceità, la loro efficacia deriva dall'inversione dell'onere della prova con riferimento alla pericolosità del bene ed al rapporto tra il bene ed il soggetto pericoloso. È, infatti, il terzo che è chiamato a provare l'assenza di colpa.
In particolare, “il terzo, titolare di un diritto reale di garanzia sul bene ha l'onere di dimostrare di avere positivamente adempiuto con diligenza gli obblighi di informazione e di accertamento e di aver perciò fatto “affidamento ‘incolpevole' sul soggetto nei cui confronti ha acquisito il diritto di garanzia”. Ma è proprio qui che il legislatore potrebbe aver significativamente innovato rispetto alla tradizione giurisprudenziale, perché l'art. 45 del D.Lgs. n. 159 del 2011 indica che lo stato acquisisce il bene libero da oneri e pesi, ma l'art. 52 del medesimo testo normativo non sembra descrivere compiutamente il trattamento riservato ai diritti reali di garanzia già trascritti. Sull'interpretazione di tale combinato disposto (o, più probabilmente, del non disposto) si registrano interpretazioni discordanti sulle quali dovrà intervenire la giurisprudenza, perché è discutibile se debba applicarsi la regola generale secondo la quale, da un lato, anche i diritti dei creditori in buona fede sono compressi allo scopo di mantenere il bene libero da oneri e pesi in vista della sua acquisizione al patrimonio dello Stato ma, dall'altro, i titolari in buona fede dei predetti diritti hanno titolo per essere indennizzati.
Più in generale va ricordato che la lettura del nuovo testo legislativo (Sul tema vedasi, con ampi richiami di giurisprudenza e dottrina, Minutoli, Verso una fallimentarizzazione del giudice della prevenzione antimafia, in Fall., 2011, 1271) consente di prendere atto dell'inserimento nel procedimento di prevenzione di categorie concettuali del diritto concorsuale, laddove si disciplinano la tutela accordata ai terzi ed i rapporti con le procedure concorsuali, prevedendo una fase di verifica dei crediti, anche se permane la differenza ontologica tra i due sistemi, atteso che, ad esempio, nell'ambito delle M.P.P. per essere riconosciuto creditore in buona fede occorre non solo essere portatore di un credito titolato, ma anche provare: a) la sussistenza del rapporto fondamentale e di quello che legittima il possesso; b) che il credito non sia strumentale all'attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalità.
L'ultima annotazione riguarda l'impresa illecita (cfr. Cass. Pen. n. 17988 del 30 aprile 2009) da confiscarsi integralmente, perché l'azienda - da considerarsi unitariamente - è inquinata dalla protezione mafiosa e l'attività economica è sostenuta dall'organizzazione mafiosa.

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