I concordati di gruppo e la teoria dei vantaggi compensativi

Danilo Galletti
19 Dicembre 2011

Nei concordati preventivi c.d. di gruppo sembra arduo ipotizzare, anche ricorrendo alla teoria dei “vantaggi compensativi”, che si possa derogare al principio della responsabilità patrimoniale di cui all'art. 2740 c.c., e così “utilizzare” l'attivo di una società al fine di aumentare il trattamento da offrire ai creditori di altra società, a meno di non far emergere un valore di aggregato da ripartire fra le due masse.

Nei concordati preventivi c.d. di gruppo sembra arduo ipotizzare, anche ricorrendo alla teoria dei “vantaggi compensativi”, che si possa derogare al principio della responsabilità patrimoniale di cui all'art. 2740 c.c., e così “utilizzare” l'attivo di una società al fine di aumentare il trattamento da offrire ai creditori di altra società, a meno di non far emergere un valore di aggregato da ripartire fra le due masse.

Spesso nei concordati c.d. di gruppo si ha la tentazione di utilizzare il ricavato della vendita di taluni assets nel patrimonio di una delle società al fine di aumentare il trattamento dei creditori, tipologicamente simili ed affini, dell'altra. Non mi pare tuttavia che l'ordinamento consenta tale soluzione.
Si darebbe così luogo, infatti, ad una palese violazione dell'art. 2740 c.c., non supportata da alcuna norma, e nemmeno parzialmente rimediabile attraverso il meccanismo del voto: infatti la maggioranza potrebbe così disporre di una norma imperativa e di sistema, estranea alla dialettica concordataria (e quindi in carenza di “legittimazione” a disporre della sfera giuridica della minoranza), e nemmeno il sindacato del Tribunale con il cram down potrebbe restaurare l'equità dei rapporti, atteso che il funzionamento dell'istituto delle classi (valido nell'ambito del concordato della singola società) qui sarebbe inutile.
Tutt'al più si potrà assoggettare a vendita congiunta beni di società diverse, al fine di realizzare il surplus di valore dell'aggregato; tale surplus potrà poi essere sì liberamente distribuito all'interno dei vari concordati; ciononostante a nessuno dei creditori di una società potrà essere distribuito, di quel ricavato, meno del valore dell'asset che faceva parte del patrimonio della “loro” società. Il valore dei componenti dell'aggregato in vendita dovrà essere stimato, ed oggetto di separata indicazione; non diversamente, del resto, da quanto avviene nei fallimenti quando si mette in vendita un aggregato di beni, e su alcuni soltanto di essi insiste una causa di prelazione.
D'altro canto, il pur frequente riferimento a nozioni del diritto societario, ora superate, come l'"interesse di gruppo”, ora rinnovate, come i “vantaggi compensativi”, sembra ultroneo ed inconferente: l'art. 2497 c.c., infatti, detta una regola di responsabilità civile, e non di realizzo della responsabilità patrimoniale.
La dinamica dei vantaggi compensativi asseconda la ritrazione dell'ordinamento nel sanzionare i comportamenti manageriali, inevitabilmente insindacabili nel loro merito e nell'opportunità (c.d. business judgement rule). Perciò si ammette la legittimità di quelle operazioni che non manifestino una corrispettività immediata, ma che possano tuttavia ritrovarla all'interno di uno scenario pianificatorio più ampio, e che non appaia irragionevole.
Non è detto pertanto che le elaborazioni teoriche dettate per le operazioni infragruppo, dettate per quando le imprese sono in bonis ed operative, valgano altresì nei casi in cui subentra una procedura concorsuale, e si procede ad attuare la responsabilità patrimoniale.
Quando si attua la responsabilità patrimoniale del debitore il contesto è differente, e quello che si ricerca in questi casi è proprio l'opposto di quanto si andava dicendo supra: in queste tipologie di concordato non si vede infatti quale sia il “vantaggio compensativo” che riceve la società il cui patrimonio viene in prospettiva “cannibalizzato” dalle altre.
Anche tutte le nozioni di “interesse di gruppo”, o di interesse “nel gruppo” sono inconferenti, perché in realtà focalizzano l'interesse delle società, e non quello dei loro creditori.

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