Il privilegio generale degli avvocati

09 Ottobre 2013

Anche se la domanda di ammissione al passivo è presentata da un'associazione professionale, può essere riconosciuto il privilegio, ex art. 2751 bis c.c., al credito del singolo associato, in presenza di documentazione che consente d'individuare i compensi riferiti alle prestazioni direttamente e personalmente svolte dal professionista.
Massima

Anche se la domanda di ammissione al passivo è presentata da un'associazione professionale, può essere riconosciuto il privilegio, ex art. 2751 bis c.c., al credito del singolo associato, in presenza di documentazione che consente d'individuare i compensi riferiti alle prestazioni direttamente e personalmente svolte dal professionista.

Il caso

Uno studio legale associato presentava al Tribunale di Milano istanza di ammissione al passivo nell'ambito del fallimento di un proprio cliente, richiedendo in particolare il riconoscimento del privilegio ex art. 2751 bis, n. 2, c. c. per i compensi maturati in relazione allo svolgimento di attività professionali in favore del debitore fallito.
Il giudice delegato del fallimento, prima, e il Tribunale in sede di opposizione, poi, ammettevano detto credito solo al chirografo. Lo studio legale quindi impugnava il decreto del Tribunale innanzi alla Corte di Appello di Milano, la quale accoglieva parzialmente l'opposizione, riconoscendo il privilegio per il solo importo relativo al compenso maturato per attività giudiziale esercitata personalmente da singoli professionisti dello studio.
La Cassazione, adita su istanza proposta dal curatore del fallimento, ha rigettato il ricorso, stabilendo che la proposizione della domanda di ammissione al passivo da parte dello studio associato anziché del singolo professionista pone solo una presunzione di esclusione della personalità del rapporto professionale, la quale può tuttavia superarsi ove sia provato che i compensi sono riferiti a prestazioni direttamente e personalmente svolte dal singolo associato.

La questione giuridica e la soluzione

Con il provvedimento in rassegna, la Suprema Corte è tornata a pronunciarsi sull'ambito di applicazione del privilegio generale sui mobili di cui all'art. 2751 bis, comma 1, n. 2, c.c., volto a garantire i crediti per retribuzioni dei professionisti e di ogni altro prestatore d'opera dovute per gli ultimi due anni di prestazione.
Sin dalla sua introduzione a opera della legge 29 luglio 1975, n. 426, la norma è stata oggetto di un vivace dibattito giurisprudenziale e dottrinale, con particolare riferimento alla possibilità di riconoscere tale privilegio non solo ai crediti dei professionisti individuali, bensì anche a quelli delle organizzazioni in cui essi svolgono la propria attività, quali gli studi professionali associati o le stesse società di capitali.
Nel corso degli anni, in giurisprudenza si è consolidato un orientamento restrittivo che non riconosce il suddetto privilegio ai crediti maturati da associazioni professionali. La collocazione privilegiata del credito spetterebbe infatti ai soli compensi derivanti da attività oggettivamente e soggettivamente professionali (ex plurimis, Cass. 14 aprile 1992, n. 4549, e Cass. 22 ottobre 2009, n. 22439), ossia attività di natura professionale svolte da soggetti qualificabili come professionisti o prestatori d'opera.
Secondo tale orientamento, con il concetto di “retribuzione” – impiegato tanto per i professionisti quanto per i lavoratori subordinati (art. 2751 bis, comma 1, n. 3, c.c.) – il legislatore avrebbe inteso tutelare il sostentamento del lavoratore (cfr. Napoleoni), derivante dai compensi spettanti per attività di lavoro svolte personalmente. Viceversa, il compenso dovuto a un'associazione professionale o una società, ancorché corrispettivo di attività oggettivamente professionali, rappresenterebbe una forma di remunerazione del capitale e avrebbe natura sostanzialmente imprenditoriale, in quanto tale non potendo godere della maggior tutela accordata dalla legge.
Tale rigorosa interpretazione è stata, peraltro, supportata dall'argomento secondo cui le norme sulle cause di prelazione, introducendo delle eccezioni al generale principio della par condicio creditorum, non sono suscettibili di applicazione analogica o estensiva (Cass. 18 aprile 2000, n. 5002; Cass. 8 settembre 2011, n. 18455).
Tuttavia, allorché la prestazione sia formalmente effettuata da un'associazione professionale ma sia riferibile all'attività personalmente svolta da uno o più dei suoi membri, secondo una tesi affermata dapprima nella giurisprudenza di merito (ex plurimis, Trib. Torino 29 agosto 1997; Trib. Milano 20 luglio 2010), il privilegio potrebbe comunque essere riconosciuto, “non risultando l'inserimento del professionista in uno studio associato di per sé sufficiente ad alterare la natura del rapporto tra professionista e cliente” (Trib. Milano 25 febbraio 2008, n. 2434).
La suddetta tesi trova riscontro anche nella giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. 22 ottobre 2009, n. 22439), secondo la quale non è sufficiente constatare che la prestazione sia resa nell'ambito di un'associazione professionale, dovendosi invece accertare se il rapporto professionale si instauri tra il cliente e un singolo professionista inserito in un'associazione professionale oppure con l'entità collettiva in cui il professionista risulti organicamente inserito. Nel primo caso, il credito del professionista “ha per prevalente oggetto la remunerazione di una prestazione lavorativa, benché includa le spese organizzative essenziali al suo autonomo svolgimento” e deve essergli riconosciuto il privilegio di cui all'art. 2751 bis, comma 1, n. 2, c.c.
Tuttavia, secondo la giurisprudenza di merito (Trib. Vicenza 27 settembre 2011) e di legittimità (

Cass. 8 settembre 2011, n. 18455

), nel caso in cui per l'adempimento del credito agisca l'associazione professionale anziché il singolo professionista, sussisterebbe una presunzione semplice di riferibilità del rapporto professionale, e, dunque, della relativa prestazione, all'associazione piuttosto che al singolo professionista, con esclusione dunque del privilegio di cui trattasi.
La sentenza in commento conferma proprio il principio da ultimo affermato. La Corte di legittimità ha anzitutto ribadito che il privilegio generale spetta anche in relazione alle attività svolte dal professionista inserito in un'associazione professionale, allorché il rapporto si instauri tra il singolo professionista e il cliente. In secondo luogo, la Cassazione ha ammesso che la presunzione contraria, derivante dal fatto che la domanda di insinuazione al passivo sia depositata dall'associazione professionale, possa essere vinta dalla presenza di “documentazione che consente d'individuare i compensi riferiti alle prestazioni direttamente e personalmente svolte dal singolo associato allo studio”.
Interessante è infine notare come, nel provvedimento in rassegna, la Corte abbia assunto un approccio più flessibile in ordine alla possibilità di interpretare estensivamente l'art. 2751 bis, comma 1, n. 2, c.c., richiamando il principio affermato dalle Sezioni Unite (Cass. SS. UU. 17 maggio 2010, n. 11930), secondo cui le norme sui privilegi possono interpretarsi anche oltre il limite della formulazione testuale, valorizzando la voluntas legis e la causa del credito. La Corte di legittimità, infatti, ha riconosciuto che il giudice di secondae curae aveva correttamente valorizzato la causa del credito in questione, quale remunerazione di prestazione del singolo soggetto incaricato, da questi personalmente eseguita, e pertanto il riconoscimento del privilegio era immune da vizi, ancorché il credito fosse stato riferito a sé dall'associazione professionale mediante la proposizione della domanda di insinuazione al passivo.

Osservazioni

Come evidenziato nel paragrafo precedente, l'interpretazione della norma di cui all'art. 2751 bis, comma 1, n. 2, c.c. è stata tradizionalmente rigida, concentrata sulla tutela di categorie formalmente deboli e maggiormente bisognose di protezione, anche in ossequio al principio costituzionale stabilito all'art. 35 Cost., che tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
Su tali basi, la collocazione privilegiata dei crediti dei professionisti è rimasta appannaggio dei soli crediti maturati nello svolgimento di prestazioni professionali sostanzialmente riconducibili a professionisti individuali (trascurando per il momento la circostanza che essi siano inseriti o meno in un'organizzazione professionale).
In tal senso, la sentenza in rassegna risulta sicuramente apprezzabile, nella misura in cui, pur all'interno dei ristretti confini dell'interpretazione tradizionalmente offerta della norma, riconosce il privilegio generale anche laddove l'istanza sia proposta non già dal singolo associato, ma dallo studio professionale e ammette, anche in concreto, il superamento della presunzione secondo cui il rapporto professionale debba in tal caso intestarsi all'associazione, allorché i documenti prodotti dagli istanti depongano in senso contrario.
Come indicato, tuttavia, il provvedimento si inserisce pur sempre nel solco di un'interpretazione che, anche in considerazione dell'attuale realtà economica delle professioni c.d. “protette”, non convince a pieno. Spesso la ragione economica della costituzione di uno studio associato o di altra forma di associazione professionale, financo nelle forme societarie, è la condivisione dei costi in misura tale da rendere maggiormente efficiente (o sostenibile) lo svolgimento dell'attività professionale. V'è dunque da chiedersi se professionisti organizzati in associazioni professionali siano per ciò solo meno meritevoli o bisognosi di tutela di quanto non lo siano coloro che, per scelta o altra ragione, svolgano direttamente e individualmente ogni attività connessa alla propria professione.
Una eco delle medesime considerazioni si rinviene anche in un provvedimento pronunciato dal Tribunale di Milano (sent. 25 febbraio 2008, n. 2434), il quale ha infatti evidenziato che “l'associazione professionale può risultare articolata in forme alquanto variegate per quanto riguarda i livelli d'interazione tra i professionisti coinvolti e in ogni caso, volendosi focalizzare in modo corretto il piano della valutazione socio-economica, la differenza rilevante nell'ambito della realtà delle professioni è rappresentata dalla grande divaricazione tra i livelli reddituali, certamente cresciuta a seguito dell'aumento esponenziale degli iscritti, che non riflette però la dicotomia tra professionisti titolari di studio individuale e professionisti che esercitano nell'ambito di studi associati”.
È in tale contesto che si inseriscono quelle tesi (cfr. Rago) che, non ravvisando nella previsione di cui all'art. 2751 bis, comma 1, n. 2 c.c. “alcuna distinzione né sotto il profilo reddituale né sotto quello del modello organizzativo”, rilevano che ai fini del riconoscimento del privilegio sia richiesto “unicamente che il credito abbia per oggetto la retribuzione spettante ad un professionista o ad altro prestatore d'opera per la prestazione resa al cliente” (Trib. Milano 25 febbraio 2008), con ciò ammettendo che il privilegio possa assistere anche i crediti relativi a prestazioni riconducibili ad associazioni professionali. In tali forme di organizzazione, infatti, il “fenomeno economico-sociale cui il n. 2 dell'art. 2751-bis c.c. riconnette il privilegio” non risulterebbe alterato (cfr. Napoleoni; similmente, Bruschetta), nella misura in cui esse non siano strutturate in modo imprenditoriale per la fornitura di servizi (App. Bologna, 13 ottobre 1989).
Come già efficacemente rilevato in dottrina (cfr. Leozappa), v'è da chiedersi se, in definitiva, il “professionista” di cui all'art. 2751 bis, comma 1, n. 2, c.c. debba essere ogni soggetto cui sia consentito lo svolgimento dell'attività professionale. Nel caso della professione forense, dunque, non solo l'avvocato individualmente considerato, bensì anche lo studio legale associato, che la legge professionale espressamente autorizza all'esercizio dell'attività. Non può tuttavia trascurarsi che, per tale via, si potrebbe giungere al riconoscimento indiscriminato del privilegio generale anche alle società (di capitali, ove non espressamente vietato, o tra professionisti, ove previsto) che svolgano attività oggettivamente professionali, nelle quali più difficilmente potrebbe sostenersi che il corrispettivo ad esse spettanti rappresenti la remunerazione di un'attività lavorativa anziché una forma, diretta o indiretta, di reddito da capitale. Ciò che contribuirebbe a ridurre ulteriormente la rilevanza del fondamentale principio della par condicio creditorum e, pertanto, sarebbe legittimo attendersi un intervento chiarificatore del legislatore su queste fattispecie, essendovi sottesa una precisa scelta di politica legislativa (concorde Blatti).

Minimi riferimenti giurisprudenziali e bibliografici

Sul tema si segnalano, in giurisprudenza, Cass. 14 aprile 1992, n. 4542; Cass. 18 aprile 2000, n. 5002; Cass. 22 ottobre 2009; Cass. SS. UU. 17 maggio 2010, n. 11930; Cass. 28 luglio 2010, n. 17683, in Fall., 2011, 280, con nota di A.M. Leozappa, Sull'ammissibilità del privilegio dei crediti degli studi professionali; Cass. 8 settembre 2011, n. 18455; Cass. 2 luglio 2012, n. 11052; App. Bologna 13 ottobre 1989, in Giur. comm., 1991, 958; Trib. Orvieto 12 aprile 1995, in Fall., 1059, con nota di G. Rago, Domanda di insinuazione presentata da «studio associato»; Trib. Torino 19 luglio 1996, in Giur. it., 1997, 2; Trib. Torino 29 agosto 1997, in Fallimento 1998, 620; Trib. Roma 15 ottobre 2005, in Dir. e prat. soc. 2004, 92; Trib. Milano 25 febbraio 2008, n. 2434, in Riv. dott. comm., 2008, 569; Trib. Milano 20 luglio 2010, n. 9446; Trib. Vicenza 27 settembre 2011; Trib. Napoli 28 settembre 2011, in Dir. fall., 2002, 320, con nota di G. Ragusa Maggiore, Il credito del professionista associate nel fallimento dell'assistito; e in dottrina, V. Napoleoni, Questioni controverse in tema di privilegi generali ex art. 2751-bis c.c., in Giur. comm., 1996, 19 ss.; E. Bruschetta, Privilegio del credito per prestazioni professionali, in Fall., 2001, 105 ss.; C. Blatti, Riscossione dei crediti professionali e legittimazione dello studio associato, in Fall., 2005, 273 ss.

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