L'art. 160 l. fall., quarto comma, prevede che “in ogni caso la proposta di concordato deve assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell'ammontare dei crediti chirografari. La disposizione di cui al presente comma non si applica al concordato con continuità aziendale di cui all'art. 186-bis”.
La norma si applica quindi esclusivamente al concordato non in continuità (di solito percessio bonorum) e specifica che in tale modello di concordato i crediti chirografari debbano avere un livello di soddisfacimento non inferiore alla percentuale del 20%.
La lettera della norma, inoltre, riferisce la percentuale del 20% all'intero ammontare dei crediti chirografari; di qui la deduzione che l'operazione che il debitore deve aver cura di effettuare sia quella di determinare il fabbisogno chirografario (comprensivo, oltre che dei crediti chirografari ab origine, anche degli eventuali crediti degradati al chirografo per l'incapienza del bene o dei beni sui cui il privilegio speciale o generale insiste) e di destinare al ceto chirografario una somma di denaro corrispondente alla misura legislativamente prevista.
Ne consegue ulteriormente che, ove il concordato preveda la divisione dei crediti chirografari in diverse classi, sarà possibile che alcune delle classi si vedano riservate un pagamento inferiore al 20%, a condizione che la media ponderata delle percentuali di pagamento non sia inferiore al limite di legge.
A parte questa precisazione, pare innegabile che nel concordato liquidatorio il debitore sia tenuto ad assumere un'obbligazione di natura pecuniaria nei confronti dei titolari di un credito chirografario, o di un credito degradato al chirografo, essendo stata così introdotta una significativa eccezione al principio dell'atipicità dei contenuti del piano (e della proposta) previsto dall'art. 160, comma primo, lett a), l. fall.
Il rispetto della norma di cui al comma quarto dell'art. 160 l. fall. diviene quindi una vera e propria condizione di ammissibilità della proposta di concordato, ferma restando la teorica possibilità che il debitore prospetti un soddisfacimento ulteriore del chirografo con un pagamento in percentuali superiori a quella minima del 20% o con forme alternative di soddisfacimento, che tuttavia potranno solo essere esuberanti rispetto al pagamento del 20% e mai sostitutive dello stesso.
In coerenza con tali premesse logiche, va ritenuto che il pagamento del 20% (o della diversa percentuale assicurata in caso di suddivisione dei creditori in classi) costituisca il parametro di riferimento per valutare l'integrale adempimento della proposta o, in caso di inadempimento, la sua qualificazione come di non scarsa importanza, ai fini di determinare se siano esistenti i presupposti per la risoluzione.
La norma di cui all'art. 160, quarto comma, l. fall. non esaurisce il panorama delle novità inerenti al contenuto della proposta di concordato riconducibili alla legge di conversione del d.l. n. 83/2015.
Infatti l'art. 161, comma 2, lett e) prevede nella sua parte finale che “in ogni caso la proposta deve indicare l'utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore”.
Non v'è dubbio che si sia in presenza di un'ulteriore condizione di ammissibilità giuridica della proposta, e che peraltro tale condizione sia sempre integrata quando il concordato preveda il pagamento di una determinata percentuale del credito concorsuale.
In tali casi il pagamento non può che essere qualificato come un'utilità individuata ed economicamente valutabile.
Più difficile capire come ritenere integrata la condizione di ammissibilità in parola nel concordato con continuità, per il quale, come detto, continua ad essere applicabile integralmente il principio di atipicità dei contenuti del piano e della proposta di cui all'art. 160, comma primo, lett. a).
L'utilizzo del termine utilità sembra poter autorizzare il debitore ad arricchire ulteriormente l'ambito delle diverse modalità di soddisfacimento dei creditori, valorizzando benefici quali quelli di natura fiscale riconducibili all'apertura del concorso dei creditori, o quelli derivanti dalla conservazione dei rapporti commerciali eventualmente già in essere con alcuni dei creditori.
In realtà i benefici fiscali non pare che possano rientrare nella nozione di utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile, derivando dalla disciplina fiscale e non essendo riconducibili all'autonomia negoziale del debitore proponente.
Ma a parte questo, dalla norma in parola non pare possa conseguire la legittimità delle cd. “classi a zero”, in cui venga prospettata una soddisfazione del creditore che non passi affatto per il pagamento, né per altra forma si soddisfacimento tangibile del credito.
Autorizzare una prospettazione del soddisfacimento del creditore (quale ben potrebbe essere la contrattualizzazione dei futuri rapporti commerciali con il debitore che intenda risanare l'impresa con lo strumento del concordato o con colui che si sia reso cessionario dell'azienda in una procedura concordataria di natura conservativa) enon del credito, come richiesto espressamente dall'art. 160, comma, primo lett. a), significherebbe infatti disattendere, oltre che il dato letterale di quest'ultima norma, anche il principio affermato dalla nota sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 1521/2013, che condiziona la legittimità della proposta di concordato, sotto il profilo della realizzazione della causa/funzione economica dell'istituto, alla previsione del soddisfacimento di tutti i crediti concorsuali.