Rapporti tra accordi di ristrutturazione e dichiarazione di fallimento

La Redazione
20 Gennaio 2014

L'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti inidoneo, ab origine ovvero per l'impatto di fatti sopravvenuti, a realizzare la propria funzione, permanendo lo stato d'insolvenza dell'imprenditore ovvero manifestandosi una nuova situazione di impotenza economica, non preclude al tribunale di pronunciare la sentenza dichiarativa di fallimento, né processualmente è necessario procedere alla previa risoluzione dello stesso accordo (nel caso di specie la domanda di dichiarazione di fallimento è stata presentata da alcuni creditori rimasti estranei all'accordo).

L'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti inidoneo, ab origine ovvero per l'impatto di fatti sopravvenuti, a realizzare la propria funzione, permanendo lo stato d'insolvenza dell'imprenditore ovvero manifestandosi una nuova situazione di impotenza economica, non preclude al tribunale di pronunciare la sentenza dichiarativa di fallimento, né processualmente è necessario procedere alla previa risoluzione dello stesso accordo (nel caso di specie la domanda di dichiarazione di fallimento è stata presentata da alcuni creditori rimasti estranei all'accordo).

L'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l. fall. non preclude al tribunale di pronunciare sentenza dichiarativa di fallimento. L'istituto dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, infatti, non è automaticamente idoneo a far venir meno lo stato di insolvenza del debitore: esso consiste in un complesso di contratti diretti a rimodulare l'esposizione debitoria per risolvere la crisi d'impresa, ma possono essere ab origine inadatti ovvero possono diventarlo a causa di fatti sopravvenuti. Qualora poi essi fossero atti a impedire una dichiarazione di fallimento, vi sarebbe una violazione del diritto di difesa, sancito dall'art. 24 Cost., nei confronti di quei creditori che sono estranei agli accordi di ristrutturazione.

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