Gli atti in frode che legittimano il diniego dell’omologazione del concordato
La Redazione
23 Febbraio 2016
Nel concordato preventivo, l'atto in frode ai creditori, rilevante ex art. 173 l. fall. ai fini della revoca o del diniego dell'omologazione, presuppone l'esistenza di un dato di fatto occultato, afferente al patrimonio del debitore, tale da alterare la percezione dei creditori e, sul piano soggettivo, un comportamento assunto con dolo. Non basta, invece, un'operazione potenzialmente pregiudizievole per i creditori, ma conosciuta dal commissario giudiziale e approvata dagli stessi creditori. È il principio affermato dalla Cassazione, nella sentenza n. 3409 del 22 febbraio.
Nel concordato preventivo, l'atto in frode ai creditori, rilevante ex art. 173 l. fall. ai fini della revoca o del diniego dell'omologazione, presuppone l'esistenza di un dato di fatto occultato, afferente al patrimonio del debitore, tale da alterare la percezione dei creditori e, sul piano soggettivo, un comportamento assunto con dolo. Non basta, invece, un'operazione potenzialmente pregiudizievole per i creditori, ma conosciuta dal commissario giudiziale e approvata dagli stessi creditori. È il principio affermato dalla Cassazione, nella sentenza n. 3409 del 22 febbraio.
La vicenda. Una società propone ricorso per cassazione avverso il provvedimento con cui, confermando la decisione di primo grado, la Corte d'appello non ha omologato il concordato preventivo, evidenziando la presenza di asseriti atti in frode rilevanti ex art. 173 l. fall. Sostiene, invece, la ricorrente, che tali operazioni non avrebbero potuto essere qualificati come atti in frode, in quanto conosciute dal commissario giudiziale, il quale aveva espressamente escluso l'esistenza di operazioni fraudolente. La nozione di atti in frode. Nell'accogliere il ricorso, la Cassazione ribadisce alcuni principi, affermati in precedenti pronunce, che hanno contribuito a definire la portata e i confini dell'atto in frode ai sensi dell'art. 173 l. fall. Così, si è affermato che il tribunale può negare l'omologazione del concordato, al di là delle ipotesi espressamente previste nella norma citata e quindi anche in assenza di opposizioni, quando rilevi l'esistenza di circostanze che avrebbero implicato la revoca dell'ammissione, competendo ad esso il controllo, non meramente formale, sulla regolarità della procedura (così: Cass. n. 12533/2014). Condotte dolosamente occultate con valenza decettiva. Quanto alla definizione degli atti in frode, essi vanno intesi, sul piano soggettivo come comportamenti assunti con dolo (Cass. n. 23387/2013), mentre sul piano oggettivo, come condotte volte ad “occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori, aventi valenza potenzialmente decettiva per l'idoneità a pregiudicare il consenso informato dei creditori” (Cass. n. 17191/2014). Tali condotte devono essere accertate dal commissario giudiziale, sia con riferimento a fatti scoperti successivamente, in quanto sino a quel momento ignoti ai creditori, sia a fatti non adeguatamente e compiutamente esposti in sede di proposta (Cass. n. 9050/2014). In ogni caso, deve trattarsi di comportamenti del debitore con valenza decettiva, che possano pregiudicare il consenso informato dei ceditori (Cass. n. 17038/2011). Operazioni potenzialmente pregiudizievoli ma conosciute e non fraudolente non sono atti in frode. Nel caso di specie, al contrario, il tribunale ha negato l'omologazione del concordato, qualificando come atti in frode l'incasso di titoli scontati presso istituti bancari, scaduti dopo la presentazione della domanda e pagati dai terzi debitori. Tali atti, però, erano perfettamente noti ai creditori, come dimostra la relazione del commissario giudiziale ex art. 172 l. fall., nella quale si indicava l'incasso di alcuni titoli, con devoluzione alle banche creditrici. Il commissario aveva inoltre espressamente escluso che vi fossero operazioni fraudolente, rilevando solo lo “scarico di effetti in portafoglio”, di modo che il voto positivo dei creditori sulla proposta, e il consenso maggioritario che ne è derivato, non possono ritenersi viziati. Escluso, pertanto, che vi sia stato un dato di fatto occultato dal debitore, tale da alterare la percezione dei creditori sulla reale situazione patrimoniale, non appare legittimo il diniego dell'omologazione.
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