Il fallito che distrae beni derivanti da una truffa è punibile anche per bancarotta

La Redazione
17 Febbraio 2016

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la provenienza illecita dei beni oggetto della condotta distrattiva non esclude la punibilità ex art. 216 l. fall., in quanto tale disposizione normativa deve considerarsi riferita a tutti i beni che fanno parte del patrimonio del fallito, a prescindere dalla proprietà e dal modo del loro acquisto, rientrandovi quindi anche i beni ottenuti con condotte illecite, quale la truffa. Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6336/16.

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la provenienza illecita dei beni oggetto della condotta distrattiva non esclude la punibilità ex art. 216 l. fall., in quanto tale disposizione normativa deve considerarsi riferita a tutti i beni che fanno parte del patrimonio del fallito, a prescindere dalla proprietà e dal modo del loro acquisto, rientrandovi quindi anche i beni ottenuti con condotte illecite, quale la truffa. Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6336/16.

Il caso – La pronuncia in oggetto origina dalla condanna per bancarotta inflitta agli amministratori di una s.r.l. per la distrazione di beni che avevano determinato il depauperamento della società dichiarata fallita. La tesi difensiva secondo la quale gli assegni contestati erano stati emessi in relazione ad operazioni inesistenti non trovava accoglimento nel giudizio di merito, in quanto la polizia giudiziaria aveva accertato che i titoli in questione attenevano a rapporti commerciali fittizi e provenivano quindi da condotte illecite. Gli imputati ricorrevano per la cassazione della pronuncia d'appello lamentando sostanzialmente la ritenuta sussistenza dell'elemento materiale della bancarotta.
La provenienza delle somme distratte - La Suprema Corte, negando ogni fondamento alla pretesa doglianza, ripercorre la giurisprudenza di legittimità in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione. Nonostante i primi orientamenti affermino che la nozione di beni appartenenti al fallito deve considerarsi comprensiva delle cose oggetto del diritto di proprietà, di diritti immateriali e crediti, ma non di quei beni che non siano materialmente entrati nel patrimonio del soggetto, afferma la S. Corte nella pronuncia in esame che rilevanza determinante assume comunque il profilo della ravvisabilità di un effettivo ingresso del bene nel patrimonio dell'imprenditore, a prescindere dalla liceità o meno di tale ingresso. I Supremi Giudici hanno infatti già avuto modo di affermare che «il reato di bancarotta fraudolenta non è escluso dal fatto che i beni oggetto della condotta siano di provenienza illecita» (Cass. n. 44159/2008).
Bancarotta e truffa sono reati concorrenti - Da questa affermazione discende che il delitto di bancarotta fraudolenta può concorrere con quello di truffa, proteggendo le due norme incriminatrici beni giuridici differenti. Inoltre la condotta dell'imprenditore “truffaldino” che sottragga al patrimonio della società somme precedentemente acquisite in modo illecito, costituisce un'azione distinta ed autonoma rispetto alla condotta tipica della truffa e può dunque essere punita a titolo di bancarotta. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

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