Una domanda per il credito e una domanda (tardiva) per gli interessi. L’ok delle Sezione Unite

La Redazione
27 Marzo 2015

Con domanda di insinuazione tardiva al passivo di una società in liquidazione coatta amministrativa, viene chiesta l'ammissione al rango privilegiato del credito da interessi su una somma spettante a titolo di compenso per l'attività professionale svolta. Tale ultima somma era già stata già anteriormente riconosciuta e ammessa con grado di privilegio .

IL CASO – Con domanda di insinuazione tardiva al passivo di una società in liquidazione coatta amministrativa, viene chiesta l'ammissione al rango privilegiato del credito da interessi su una somma spettante a titolo di compenso per l'attività professionale svolta. Tale ultima somma era già stata già anteriormente riconosciuta e ammessa con grado di privilegio .

La società in l.c.a. eccepisce la preclusione derivante dal giudicato, essendo già stata ammessa al passivo la sorte–capitale, ma il Tribunale accoglie la domanda del professionista e definisce il periodo per il calcolo degli interessi dal giorno di maturazione del diritto fino alla data di definitività dello stato passivo.
Di parere contrario i giudici di secondo grado, secondo i quali “la verifica dello stato passivo ed il successivo procedimento ex art. 101 l. fall erano fasi del medesimo accertamento giurisdizionale” e pertanto sarebbe stata operante la preclusione pro judicato. Viene quindi proposto ricorso in cassazione da parte del professionista.
I giudici di legittimità, valutata la questione come di “particolare importanza” (art. 374, comma 2, c.p.c.), la rimettono alle Sezioni Unite.

DOMANDE DISTINTE PER IL CREDITO PRINCIPALE E PER GLI INTERESSI. IL BENESTARE DELLA CASSAZIONE - Per poter affermare che vi sia identità tra le due domande (quella riguardante l'ammissione al passivo del credito da sorte-capitale e quella sugli interessi), spiegano i giudici di legittimità, devono coincidere la componente soggettiva, la causa petendi nonché il petitum. Se nessun dubbio si pone sull'identità del soggetto proponente le due domande, lo stesso non può affermarsi in merito alla causa petendi: mentre la pretesa al compenso professionale origina da un contratto professionale, la domanda sugli interessi moratori ha natura risarcitoria essendo sorta a causa del ritardo nell'adempimento. Ne consegue una diversa modalità di determinazione del quantum, il quale dovrà calcolarsi in misura fissa con riferimento alla sorte-capitale, mentre per gli interessi deve determinarsi ad incremento progressivo ratione temporis acti. A ragione di ciò, prosegue la sentenza, deve ammettersi la proponibilità separata delle domande e quindi anche la possibilità di proporre in via tardiva la domanda di ammissione al passivo relativamente ai soli interessi.

INSINUAZIONE TARDIVA AMMESSA ANCHE NELLA LCA - Se tale principio risulta fuor di dubbio in sede di procedura fallimentare (v. Cass. civ., sez. I, 22 marzo 2012, n. 4554), qualche incertezza potrebbe sorgere con riferimento alla procedura di liquidazione coatta in merito alla possibilità di presentare domanda tardiva, tenuto conto dei profili di specialità di tale procedura stanti nell'officiosità che caratterizza l'iter formativo dello stato passivo.
Le Sezioni Unite sciolgono i dubbi sulla questione rilevando che l'impulso d'ufficio è però “limitato” dalla facoltà in capo ai creditori di presentare osservazioni alla comunicazione del commissario liquidatore ex art. 207, commi 1 e 3, l. fall., e dal fatto che, qualora i creditori non abbiano ricevuto la comunicazione di cui al citato articolo, possano comunque chiedere il riconoscimento del proprio credito ex art. 208 l. fall. Pertanto, qualora il creditore manchi di proporre specifica domanda ovvero di presentare osservazioni alla comunicazione del commissario liquidatore, non può ad ogni modo precludersi la proposizione della domanda di ammissione tardiva del credito accessorio.

RISPETTATA LA RAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO - Infine, le Sezioni Unite confutano anche quanto addotto dalla s.p.a. resistente circa la violazione del principio di ragionevole durata del processo a causa della proposizione tardiva della domanda di ammissione al passivo del credito da interessi. Il principio di ragionevole durata del processo è volto ad evitare che lungaggini processuali rechino pregiudizio alle parti del processo, ma la sua applicazione non deve essere tale da inibire i diritti e le facoltà dei soggetti privati nelle more di un processo, come , nel caso di specie, la possibilità per il creditore di proporre una domanda tardiva (o addirittura ultratardiva), purché non si fuoriesca dai limiti temporali che la legge stessa fissa, ossia, in questo caso, il termine previsto dall'ultimo comma dell'art. 101 l. fall.

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