Nessun diritto del curatore al mantenimento del suo incarico
18 Marzo 2015
Il caso - La sentenza emessa dai giudici di legittimità in data 13 marzo 2013, ha origine da un decreto del Tribunale di Napoli, col quale il curatore fallimentare si vedeva revocato, anzitutto, l'incarico inerente un fallimento pronunciato nel 2009, nonché tutti gli incarichi che gli erano stati affidati in altre dieci procedure concorsuali. Otto di queste procedure erano state aperte prima dell'entrata in vigore del D.lgs. 16 luglio 2006, n. 5. Contro tale provvedimento il curatore propone undici distinti reclami alla Corte d'Appello di Napoli la quale, riunendo con decreto tutti i reclami, respingeva quello avente ad oggetto il decreto di revoca dall'incarico di curatore dal fallimento dichiarato nel 2009 e riteneva inammissibili quelli inerenti a procedure concorsuali soggette alla disciplina anteriore alla riforma del 2006, mentre accoglieva quelli proposti contro i provvedimenti assunti nei fallimenti soggetti alla nuova disciplina.
La disciplina pre riforma - Il reclamo proposto è l'occasione, per i giudici di legittimità, di fare chiarezza sulle diverse discipline, pre e post D.lgs. 5/2006, e di definire alcuni principi riguardanti la figura del curatore fallimentare.
Il d.lgs. 5/2006 - Come giustamente osservato dalla dottrina una simile disciplina finiva per rendere privo di tutela il curatore revocato ingiustamente. Il legislatore ha ritenuto quindi necessario un intervento per ovviare a tale situazione: con il decreto legislativo n. 5 del 2006 la revoca (o sostituzione) del curatore, da parte del Tribunale, viene limitata ai giustificati motivi (così l'art. 23 l. fall.); all'art. 37 si stabilisce inoltre che il decreto di revoca debba essere motivato e assoggettabile a reclamo ex art. 26 l. fall.
Inammissibilità del ricorso - Non essendo, quindi, tuttora configurabile una posizione soggettiva giuridicamente rilevante in capo al creditore deve escludersi che possa proporsi ricorso straordinario in Cassazione. |