Nell'ambito della procedura del concordato preventivo, il credito vantato dal professionista che ha redatto la relazione prescritta dall'art. 161, comma 3, l. fall. (attestante la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano), deve essere ammesso in prededuzione.
Improprio far dipendere poi l'ammissione dalla dimostrazione della concreta utilità della relazione per la massa dei creditori.
Questo quanto emerge dall'ordinanza della VI Sezione Civile di Cassazione n. 1765, depositata il 30 gennaio scorso, che, sostituendosi al precedente provvedimento del Giudice delegato, decide nel merito la controversia, sancendo la prededuzione del credito dell'attestatore.
Secondo una diversa interpretazione delle disposizioni della legge fallimentare, censurata dalla S.Corte, il Giudice delegato aveva infatti ammesso il credito (solo) in privilegio ex art. 2751-bis n. 2 c.c., anziché in prededuzione, ritenendo che il professionista non avesse provato - come sarebbe stato suo onere - la concreta utilità della relazione.
I Supremi Giudici, dando una soluzione opposta, hanno chiarito che i crediti sorti a seguito delle prestazioni rese per la redazione di atti finalizzati all'ammissione al concordato preventivo e per la connessa assistenza al debitore, “a fortiori se sorti a seguito dell'essenziale attività dell'attestatore”, rientrano tra quelli da soddisfare in prededuzione perché “sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali” come prescrive l'art. 111, comma 2, L.Fall.
(Fonte: Fiscopiù)