La revoca dell'ammissione al concordato preventivo, ex art. 173 l. fall., non è impugnabile con reclamo e non può essere impugnata neppure con ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., quando non abbia carattere decisorio e cioè non sia fondata sull'insussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi per l'accesso alla procedura o sul difetto di giurisdizione; al di fuori di tali ipotesi, infatti, la decisorietà è acquisita soltanto con la dichiarazione di fallimento, in difetto della quale il debitore può proporre nuova domanda di concordato. È questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9998 depositata l'8 maggio scorso.
Il caso. Una società proponeva ricorso straordinario per cassazione avverso il decreto con il quale il Tribunale aveva revocato l'ammissione al concordato preventivo ravvisandone la non fattibilità giuridica. Solo in un momento successivo, veniva dichiarato il fallimento della società.
Il ricorso straordinario per cassazione per provvedimenti diversi da sentenza. Con la pronuncia in esame, la Cassazione ha l'occasione di definire natura e contenuto del decreto ex art. 173 l. fall.: preliminarmente a qualsiasi indagine nel merito, infatti, i giudici di legittimità sono chiamati a verificare se tale provvedimento è impugnabile con ricorso straordinario per cassazione.
I provvedimenti giurisdizionali aventi forma giuridica diversa dalla sentenza, infatti, sono impugnabili ex art. 111 Cost. solo quando presentino, nel loro contenuto e nella loro disciplina, sia il carattere della definitività che quello della decisorietà.
Il decreto ex art. 173 l. fall. ha carattere definitivo, ma non è reclamabile. Con riferimento al primo dei due requisiti, la Suprema Corte osserva come nella legge fallimentare non vi sia una disciplina univoca del reclamo dei provvedimenti reiettivi in ambito concordatario: mentre l'art. 162 esclude espressamente la reclamabilità del decreto che dichiara inammissibile la proposta, l'art. 183 prevede, invece, la reclamabilità del decreto che conclude il giudizio di omologazione. Nulla dice l'art. 173 l. fall.
Una lettura unitaria del sistema porta, quindi, a concludere nel senso che la reclamabilità è prevista soltanto “all'esito del giudizio di omologazione, e non nel caso in cui il procedimento si interrompa al suo inizio o nel suo corso”: ciò per ragioni di economia processuale. Il decreto ex art. 173, intervenendo in una fase intermedia tra l'ammissione al concordato e la votazione dei creditori, deve essere considerato non reclamabile e, pertanto, definitivo.
Il requisito della decisorietà. Quanto al secondo requisito, la Cassazione afferma che il carattere decisorio sussiste solo quando l'inammissibilità, o la revoca dell'ammissione al concordato, dipendano da ragioni che escludono una consequenziale declaratoria di fallimento, come l'esclusione dei requisiti soggettivi ed oggettivi di cui all'art. 1 l. fall. o il difetto di giurisdizione.
Quando invece il decreto è inscindibilmente connesso ad una successiva dichiarazione di fallimento, anche non contestuale, non è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione, poiché il debitore può far valere le sue ragioni mediante l'impugnazione della sentenza.
È quanto avvenuto nel caso di specie, in cui la revoca dell'ammissione al concordato è stata determinata da una valutazione negativa del tribunale sulla fattibilità giuridica del piano concordatario.