Il voto positivo dei creditori sulla proposta non ostacola la revoca del concordato per atti fraudolenti

La Redazione
30 Giugno 2014

Una srl ricorre in Cassazione contro la sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Milano la quale, confermando quanto deciso dal Tribunale di Busto Arsizio, rigettava la domanda di omologa del concordato preventivo per avere, la stessa società ricorrente, comunicato ai creditori in occasione dell'adunanza ai fini del voto, alcune sue attività compiute precedentemente al deposito della domanda di concordato.

Il caso – Una srl ricorre in Cassazione contro la sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Milano la quale, confermando quanto deciso dal Tribunale di Busto Arsizio, rigettava la domanda di omologa del concordato preventivo per avere, la stessa società ricorrente, comunicato ai creditori in occasione dell'adunanza ai fini del voto, alcune sue attività compiute precedentemente al deposito della domanda di concordato.

Si trattava in particolare di condotte giudicate fraudolente e consistite nell'aver mantenuto il silenzio su una distribuzione di utili avvenuta circa un anno prima della presentazione del ricorso e su una transazione pressoché coeva alla delibera con cui era stata decisa la presentazione della domanda di concordato, e per non aver fatto riferimento, nella relazione sulla situazione patrimoniale, ad alcuni crediti vantati da due società.
La prima sezione civile della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

Perché vi sia frode non è necessario l'inganno. La ricorrente sosteneva che i suoi comportamenti non potessero essere valutati come fraudolenti in quanto i creditori erano stati comunque informati della distribuzione degli utili e della transazione prima di esprimere il loro voto sulla proposta concordataria. Di diverso avviso sono i giudici di legittimità i quali esprimono il principio di diritto secondo cui “l'accertamento, ad opera del commissario giudiziale, di atti di occultamento o di dissimulazione dell'attivo, della dolosa omissione della denuncia di uno o più crediti, dell'esposizione di passività insussistenti o della commissione di altri atti in frode del debitore determina la revoca dell'ammissione, ex art. 173 l. fall., indipendentemente dal voto espresso dai creditori in adunanza e quindi anche nell'ipotesi in cui i creditori medesimi siano stati resi edotti di quell'accertamento”.
Ai fini della revoca dell'ammissione del concordato, infatti, ciò che rileva è il comportamento fraudolento, il quale non viene sanato dal voto favorevole.
Come già più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, il fatto che il debitore abbia agito tacendo consapevolmente proprie condotte rilevanti ai fini dell'informazione dei creditori integra a sufficienza l'elemento del dolo richiesto affinché possano configurarsi gli atti in frode di cui l'art. 173 l. fall. e in tale fattispecie rientrano non solo le ipotesi in cui situazioni inizialmente ignorate dai creditori siano poi state scoperte dal commissario giudiziale, ma anche quei fatti che, pur indicati in sede di proposta concordataria, non siano stati esposti in modo adeguato e compiuto (in giurisprudenza si veda Cass. n. 9050/2014, La Cassazione prosegue nell'opera di definizione dei confini degli atti in frode rilevanti per la revoca del concordato, in ilFallimentarista.it; Cass. n. 3543/2014; Cass. 10778/2014; Cass. n. 23387/2013; Cass. 13817/2011). E' però il caso di notare che con la pronuncia in oggetto la Suprema Corte ha espresso il principio in modo molto chiaro.

Anche nel concordato permangono aspetti pubblicistici. La riforma apportata al concordato preventivo con il D.lgs. 5/2006 e successive modifiche ha voluto rafforzare il carattere negoziale dell'istituto, ma tale aspetto non fa venir meno il carattere pubblicistico della procedura. Infatti, si spiega nella sentenza, la procedura concordataria non si risolve in un atto meramente contrattuale, ma si inserisce in un contesto proceduralizzato nel quale sono comunque presenti controlli pubblici affidati ad un giudice, che ha il compito di assicurare il raggiungimento delle finalità perseguite dal legislatore.
Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla società ricorrente, l'eventualità che i creditori siano stati informati degli atti fraudolenti commessi anteriormente all'ammissione alla procedura non pregiudica la verifica d'ufficio. Tale verifica si inserisce, appunto, nella serie di interventi garantistici che il giudice ha il compito di svolgere fino all'omologa.

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