Il beneficio dell'esonero dal pagamento del contributo di mobilità, ex art. 3, comma 3, l. n. 223/91, spetta solo nell'ipotesi in cui la messa in mobilità sia disposta, dopo l'ammissione della società al concordato preventivo, dagli organi della procedura, e non anche dal liquidatore della società dopo il deposito della domanda di concordato. E' questo il principio affermato dalla Sezione Lavoro della Cassazione, nella sentenza n. 13625, depositata il 16 giugno.
Il caso. Una società chiedeva di essere ammessa al concordato preventivo con cessione dei beni e, contestualmente, avviava la procedura di mobilità ex legge 223/91. In seguito veniva ammessa alla procedura concorsuale e il tribunale omologava il concordato. L'Inps contestava il mancato pagamento del contributo di mobilità e il concessionario di riscossione emetteva cartella di pagamento. Il Tribunale rigettava l'opposizione della società, ma la Corte d'appello rimodulava la condanna, escludendo le rate scadute successivamente all'ammissione della società al concordato, e la vicenda giungeva, infine, in Cassazione, su ricorso dell'Inps.
Contributo di mobilità e procedure concorsuali. È l'art. 5, comma 4, l. n. 223/91 a prevedere che per ogni lavoratore posto in mobilità, l'impresa è tenuta a versare il c.d. contributo di mobilità.
L'art. 3, comma 3, della stessa legge prevede un'esenzione dal pagamento di tale contributo, nell'ipotesi in cui il curatore, il liquidatore o il commissario giudiziale, quando non sia possibile la continuazione dell'attività, decidano di collocare in mobilità i lavoratori eccedenti.
L'esonero dal contributo vale solo se la mobilità è stata disposta dopo l'apertura della procedura concorsuale. L'art. 3, insomma, al fine di tutelare interessi socialmente rilevanti, attribuisce agli organi della procedura un potere di gestione dell'impresa, con contestuale esonero dell'obbligo di pagare il contributo. Ma questo beneficio è riconosciuto solo se la mobilità è stata decisa, a seguito dell'apertura della procedura concorsuale, da un organo di tale procedura, e non anche dall'imprenditore prima che il tribunale si sia pronunciato sulla domanda di ammissione al concordato preventivo.
La ratio della norma è quella di subordinare il collocamento in mobilità dei lavoratori, e il relativo beneficio dell'esenzione dall'onere di versamento del contributo, a una preliminare verifica delle condizioni di ammissione della procedura da parte del tribunale o di un altro organo della procedura deputato alla funzione di “consulenza nel controllo”. Nessuna esenzione è, insomma, possibile, se la mobilità è stata disposta dall'imprenditore, prima dell'apertura della procedura concordataria.
Va rilevato, infine, che sia l'art. 5 che l'art. 3 della legge n. 223/91 sono stati abrogati dalla l. n. 92/2012 (c.d. Legge Fornero), con effetto, rispettivamente, dal 1 gennaio 2017 e dal 1 gennaio 2016.