La Cassazione prosegue nell’opera di definizione dei confini degli atti in frode rilevanti per la revoca del concordato

La Redazione
24 Aprile 2014

L'art. 173, comma 1, l. fall. non esaurisce il suo contenuto precettivo nel richiamo al fatto “scoperto” perché ignoto nella sua materialità, ma può ricomprendere anche il fatto non adeguatamente e compiutamente esposto nella proposta concordataria, e che quindi può dirsi accertato dal commissario, in quanto individuato, nella sua completezza e rilevanza ai fini della corretta informazione ai creditori, solo successivamente. È il principio, in tema di atti in frode rilevanti ai fini della revoca del concordato preventivo, affermato dalla Cassazione, con la sentenza n. 9050 del 18 aprile.

L'art. 173, comma 1, l. fall. non esaurisce il suo contenuto precettivo nel richiamo al fatto “scoperto” perché ignoto nella sua materialità, ma può ricomprendere anche il fatto non adeguatamente e compiutamente esposto nella proposta concordataria, e che quindi può dirsi accertato dal commissario, in quanto individuato, nella sua completezza e rilevanza ai fini della corretta informazione ai creditori, solo successivamente. È il principio, in tema di atti in frode rilevanti ai fini della revoca del concordato preventivo, affermato dalla Cassazione, con la sentenza n. 9050 del 18 aprile.

Il caso. Una società veniva dichiarata fallita, a seguito della revoca del concordato, ex art. 173 l. fall. su segnalazione del commissario giudiziale. Reclamava contro la sentenza dichiarativa di fallimento, ma la Corte d'Appello confermava la decisione, e la vicenda giungeva, infine, in Cassazione.
Atti in frode scoperti dal commissario giudiziale e comportamenti già esposti nella proposta. Secondo l'interpretazione della ricorrente, sarebbe possibile configurare atti in frode solo per quei fatti scoperti nella loro materialità dal commissario giudiziale. Nel caso di specie, al contrario, i comportamenti contestati alla debitrice erano già presenti nella proposta concordataria e negli allegati.
Gli atti in frode rilevanti secondo la Cassazione. Di parere contrario la Cassazione che, con la pronuncia in esame, continua ad esplorare i confini dell'art. 173 l. fall. e degli atti in frode: se con la sentenza n. 23387/2013 aveva affermato che gli atti in frode devono essere “accertati” dal commissario giudiziale ed avere una valenza potenzialmente decettiva, tale da incidere sul consenso informato dei creditori e sulle reali prospettive del loro soddisfacimento, viene ora precisato che rientrano negli atti in frode di cui all'art. 173, comma 1, non solo quei comportamenti scoperti nella loro materialità dal commissario giudiziale, e fino a quel momento sconosciuti, ma anche tutti quei fatti non adeguatamente e compiutamente esposti nella proposta che possono, quindi, dirsi accertati dal commissario, in quanto individuati nella loro completezza, solo in un momento successivo alla loro sommaria esposizione da parte del debitore.
Così, nel caso di specie, le condotte degli organi societari, pur esposte nella proposta concordataria, ma non adeguatamente illustrate nella loro gravità, possono diventare oggetto di segnalazione del commissario giudiziale e giustificare la revoca del concordato ex art. 173, se concretamente incidenti sull'adeguata informazione dei creditori ai fini dell'espressione del voto.

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