I pagamenti non autorizzati non comportano le revoca automatica del concordato

La Redazione
22 Febbraio 2016

I pagamenti eseguiti dall'imprenditore ammesso al concordato preventivo in difetto di autorizzazione del giudice delegato non comportano la revoca automatica dell'ammissione alla procedura ex art. 173, ultimo comma l. fall., la quale può essere disposta solo laddove il giudice di merito accerti che tali pagamenti siano diretti a frodare i creditori pregiudicando le possibilità di adempimento della proposta di concordato. Questo il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte con la sentenza n. 3324/2016 (oltre che con la c.d. sentenza gemella n. 3325/2016).

Cass. Civ. – Sez. I, 19 febbraio 2016, n. 3324

I pagamenti eseguiti dall'imprenditore ammesso al concordato preventivo in difetto di autorizzazione del giudice delegato non comportano la revoca automatica dell'ammissione alla procedura ex art. 173, ultimo comma l. fall., la quale può essere disposta solo laddove il giudice di merito accerti che tali pagamenti siano diretti a frodare i creditori pregiudicando le possibilità di adempimento della proposta di concordato. Questo il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte con la sentenza n. 3324/2016 (oltre che con la c.d. sentenza gemella n. 3325/2016).
Il caso – La Corte di Cassazione viene chiamata a pronunciarsi in merito all'impugnazione di una sentenza della Corte d'appello di Messina che respingeva il reclamo proposto ex art. 18 l. fall. contro la pronuncia del giudice di prime cure che, su istanza del p.m., aveva dichiarato il fallimento di una società dopo aver revocato il concordato preventivo al quale era stata ammessa.
La comunicazione del decreto di fissazione dell'udienza - La società debitrice, ricorrendo innanzi ai Giudici di legittimità, lamenta in primo luogo la nullità della sentenza dichiarativa di fallimento per violazione del diritto di difesa dei creditori ai quali non era stato comunicato il decreto di fissazione dell'udienza per la revoca del concordato.
La S.C., pur condividendo la premessa su cui si fonda il motivo di ricorso, afferma che la corrispondenza tra l'interesse del debitore ad evitare il fallimento attraverso una soluzione concordataria dello stato di crisi e quello dei creditori al miglior soddisfacimento delle proprie ragioni, non legittima quest'ultimi a proporre reclamo avverso la dichiarazione di fallimento emessa ai sensi dell'art. 173, comma 2, l. fall.
La legittimazione processuale dei creditori - Il debitore ammesso al concordato è infatti l'unico soggetto cui va riconosciuta la qualità di parte necessaria del procedimento, in quanto titolare della situazione giuridica di cui si converte ed effettivo destinatario della pronuncia. I creditori invece, quali portatori di un interesse solo mediato ed indiretto alla decisione, non possono essere qualificati come litisconsorti necessari e dunque, l'omissione della comunicazione ai sensi dell'art. 173, comma 1, l. fall., dà luogo ad una mera nullità relativa della pronuncia.
Atti di ordinaria e di straordinaria amministrazione - Il ricorso investe anche il merito della decisione impugnata per aver i giudici territoriali ritenuto che il pagamento di debiti scaduti in assenza di autorizzazione da parte del giudice delegato comportasse l'automatica revoca del concordato preventivo, invocando a tal fine la distinzione tra atti di ordinaria e di straordinaria amministrazione, tra i quali rientrano i pagamenti di debiti scaduti derivanti da rapporti antecedenti alla procedura concordataria.
Il Supremo Collegio, anche alla luce dell'attuale disciplina del concordato preventivo, accoglie la doglianza così prospettata affermando che il divieto del pagamento dei crediti anteriormente scaduti in quanto lesivi della par condicio creditorum, desumibile dell'art. 168 l. fall., non giustifica l'automatica revoca dell'ammissione alla procedura, come allo stesso modo il pagamento senza autorizzazione dei crediti sorti in occasione o in funzione della procedura si sottrae alla regola del concorso ex art. 111 l. fall.
Ulteriore positivo riscontro di tale interpretazione sarebbe desumibile dal comma 4 dell'art. 182-quinquies l. fall., risultando da esso la volontà del legislatore di includere tra gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione i pagamenti dei crediti anteriori.
Infine, considerando il criterio della migliore soddisfazione dei creditori quale clausola generale nella valutazione di legittimità degli atti compiuti del debitore, il compimento non autorizzato di atti di pagamento può essere inteso anche quale accrescimento della garanzia patrimoniale offerta ai creditori, anziché quale mera diminuzione della stessa per violazione della par condicio.
Pagamenti non autorizzati e revoca dell'ammissione alla procedura - In conclusione, la Corte di Cassazione afferma il principio di diritto per cui i pagamenti eseguiti dall'imprenditore ammesso al concordato preventivo in difetto di autorizzazione del giudice delegato non comportano l'automatica revoca dell'ammissione alla procedura ai sensi dell'art. 173, ultimo comma, l. fall., la quale consegue solo all'accertamento, da parte del giudice del merito, che tali pagamenti siano diretti a frodare le ragioni dei creditori in quanto pregiudizievoli per le possibilità di adempimento della proposta formulata con la domanda di concordato.
Per questi motivi, la sentenza impugnata viene cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello in diversa composizione.

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