Crisi da sovraindebitamento: anche l’imprenditore è qualificabile come consumatore

La Redazione
03 Febbraio 2016

In tema di crisi da sovraindebitamento, la nozione di consumatore abilitato alla presentazione del piano di ristrutturazione ai sensi della l. n. 3/2012, non deve essere intesa con esclusivo riferimento ad una persona priva, dal lato attivo, di relazioni d'impresa o professionali, potendo il soggetto svolgere anche attività di professionista o imprenditore, in quanto l'art. 6, comma 2, lett. b) esige solo una specifica qualità della sua insolvenza finale, dovendo dunque qualificare come consumatore il debitore persona fisica che abbia contratto obbligazioni per far fronte ad esigenze personali, familiari o attinenti alla più ampia estrinsecazione della propria personalità sociale. Questo il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte con la sentenza n. 1869 depositata il 1° febbraio 2016.

In tema di crisi da sovraindebitamento, la nozione di consumatore abilitato alla presentazione del piano di ristrutturazione ai sensi della l. n. 3/2012, non deve essere intesa con esclusivo riferimento ad una persona priva, dal lato attivo, di relazioni d'impresa o professionali, potendo il soggetto svolgere anche attività di professionista o imprenditore, in quanto l'art. 6, comma 2, lett. b) esige solo una specifica qualità della sua insolvenza finale, dovendo dunque qualificare come consumatore il debitore persona fisica che abbia contratto obbligazioni per far fronte ad esigenze personali, familiari o attinenti alla più ampia estrinsecazione della propria personalità sociale. Questo il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte con la sentenza n. 1869 depositata il 1° febbraio 2016.

Il caso – La pronuncia origina dall'impugnazione di un decreto con cui il Tribunale di Monza affermava l'estraneità del ricorrente alla nozione di consumatore ai sensi dell'art. 6, comma 2, l. n. 3/2012 in ragione della natura delle obbligazioni contratte riconducibili a poste debitorie IVA e tributi da attività professionale.
La Corte di Cassazione, pur considerando il ricorso inammissibile per genericità delle censure e per l'assenza di carattere decisorio del provvedimento impugnato, coglie l'occasione per affrontare la questione relativa alla nozione di consumatore quale condizione soggettiva per l'accesso ai benefici di cui alla l. n. 3/2012.
Lo spirito della norma - Tale impianto normativo riconduce la disciplina della composizione delle situazioni d'insolvenza ad un criterio d'ispirazione concorsuale, la cui applicazione è condizionata alla qualifica soggettiva di consumatore definita in termini più specifici rispetto a quella prevista dal Codice del Consumo (d.lgs. n. 206/2005).
Il legislatore ha scelto di riferirsi ad elementi dinamici che, pur riferendosi alla sola persona fisica con esclusione di persone giuridiche ed enti, inquadrano la figura del consumatore in termini utili alle finalità della procedura, ponendo quale limite relativo le obbligazioni assunte esclusivamente per scopi estranei all'attività d'impresa o professionale. Deve dunque ammettersi che consumatore, ai fini della l. n. 3/2012, potrebbe in astratto essere anche un imprenditore o un professionista, a condizione che il piano di ristrutturazione non venga richiesto per debiti originati da quell'attività ma per i soli debiti “comuni”, nella veste esclusiva di consumatore indebitato.
Anche l'imprenditore può essere consumatore - In conclusione, i Giudici di legittimità affermano che la nozione di consumatore abilitato ai sensi della l. n. 3/2012 alla presentazione del piano come modalità di ristrutturazione del passivo non abbia riguardo esclusivo ad una persona priva, dal lato attivo, di relazioni d'impresa o professionali - comunque compatibili se pregresse o attuali, purché abbiano generato obbligazioni residue – potendo il soggetto svolgere attività di professionista o imprenditore, posto che l'art. 6, comma 2, lett. b) esige una specifica qualità dell'insolvenza finale, nella quale cioè non possono comparire obbligazioni assunte per gli scopi di cui alle predette attività. Il consumatore è infatti la sola persona fisica che «risulti aver contratto obbligazioni – non soddisfatte al momento della presentazione del piano – per far fronte ad esigenze personali, familiari o attinenti alla più ampia sfera di impegni derivanti dall'estrinsecazione della propria personalità sociale», dunque anche a favore di terzi ma comunque senza alcun riflesso sulla propria attività professionale o d'impresa.

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