I chiarimenti della Corte di Giustizia sulla legge applicabile alle procedure di insolvenza

La Redazione
21 Ottobre 2015

Con la decisione della causa C-310/14 del 15 ottobre scorso, la Corte di Giustizia UE ha indicato la corretta interpretazione dell'art. 13 del Regolamento n. 1346/2000 in tema di procedura di insolvenza e, in particolare, sulla legge applicabile alle azioni di nullità, annullamento o inopponibilità degli atti pregiudizievoli per la massa dei creditori laddove ad essi sia applicabile una legge diversa da quella dello Stato di apertura della procedura.

Con la decisione della causa C-310/14 del 15 ottobre scorso, la Corte di Giustizia UE ha indicato la corretta interpretazione dell'art. 13 del Regolamento n. 1346/2000 in tema di procedura di insolvenza e, in particolare, sulla legge applicabile alle azioni di nullità, annullamento o inopponibilità degli atti pregiudizievoli per la massa dei creditori laddove ad essi sia applicabile una legge diversa da quella dello Stato di apertura della procedura.

IL CASO - La pronuncia in oggetto origina dalla controversia insorta tra società finlandese operativa nel settore della vendita al dettaglio di prodotti sportivi forniti in virtù di un contratto di franchising soggetto al diritto olandese, e la controparte contrattuale, una società con sede nei Paesi Bassi.
Il Tribunale di Helsinki disponeva l'apertura di una procedura di insolvenza nei confronti della franchisee finlandese, la quale chiedeva al medesimo giudice l'annullamento dei pagamenti effettuati a favore della controparte per l'acquisizione di scorte di magazzino, oltre alla condanna alla rifusione delle somme in tal modo versate e agli interessi, ai sensi della legge finlandese sulla reintegrazione nella massa fallimentare.
Il franchisor chiedeva che l'azione fosse respinta invocando l'art. 13 del Regolamento n. 1346/2000 ed affermando che i pagamenti suddetti erano disciplinati dal diritto olandese, che disciplina la fattispecie contrattuale e che sottrae all'annullamento tali atti.
Dopo l'accoglimento della domanda di annullamento dei pagamenti, il franchisor impugna la sentenza dinanzi alla Corte d'appello di Helsinki che ha deciso di sospendere il procedimento e sottoporre alla Corte di Giustizia la questione relativa all'interpretazione dell'art. 13, Regolamento n. 1346/2000.

IL CONTESTO NORMATIVO – È necessario, in primo luogo, citare l'art. 4, paragrafo 1 del summenzionato Regolamento, secondo il quale la legge applicabile alla procedura di insolvenza è la legge dello Stato di apertura della procedura medesima. Ai sensi del paragrafo 2, lettera m), la stessa legge determina le disposizioni relative alla nullità, all'annullamento o all'inopponibilità degli atti pregiudizievoli per la massa dei creditori.
Tale disposizione non trova però applicazione quando chi ha beneficiato di un atto pregiudizievole per la massa dei creditori prova che tale atto è soggetto alla legge di uno Stato contraente diverso dallo Stato di apertura e che tale legge non consente, nella fattispecie, di impugnare tale atto con alcun mezzo (art. 13). Ed è proprio in relazione a tale eccezione che la Corte di Giustizia sottolinea la necessità di un'interpretazione restrittiva in ragione della finalità di tutela del legittimo affidamento di chi ha beneficiato di un atto pregiudizievole per la massa dei creditori, prevedendo che tale atto rimarrà disciplinato, anche dopo l'apertura di una procedura di insolvenza, dal diritto che era ad esso applicabile alla data in cui tale atto è stato realizzato, ossia la lex causae.

L'INTERPRETAZIONE DELLA CORTE - I Giudici lussemburghesi affermano dunque che l'art. 13 del Regolamento (CE) n. 1346/2000, relativo alle procedure di insolvenza, deve essere interpretato nel senso che la sua applicazione è assoggettata alla condizione che l'atto pregiudizievole in questione non possa essere impugnato sul fondamento della legge applicabile a tale atto (lex causae), diversa dunque dalla legge dello Stato di apertura della procedura.
Ancora, ai fini dell'applicazione del medesimo art. 13 e nell'ipotesi in cui il convenuto con azione di nullità, annullamento o inopponibilità sollevi un'eccezione invocando una disposizione della legge applicabile a tale atto (lex causae) secondo cui esso sarebbe impugnabile unicamente nelle circostanze previste da tale disposizione, a lui incombe eccepire l'assenza di tali circostanze e produrne la prova.
Inoltre, la norma deve essere interpretata nel senso che i termini «non consente (...), di impugnare tale atto con alcun mezzo» si riferiscono, oltre che alle disposizioni della legge applicabile a tale atto (lex causae) in materia di insolvenza, al complesso delle disposizioni e dei principi generali di tale legge.
Infine, precisa la Corte di Giustizia, il convenuto deve dimostrare che la legge applicabile a tale atto (lex causae), nella sua interezza, non consente di contestare il citato atto. Il giudice nazionale investito di tale azione può decidere che al ricorrente incombe produrre la prova dell'esistenza di una disposizione o principio di tale legge in forza della quale l'atto può essere impugnato solo laddove detto giudice consideri che il convenuto, in un primo tempo, ha effettivamente dimostrato, alla luce delle norme abitualmente applicabili nel suo diritto processuale nazionale, che l'atto in parola, in forza della stessa legge, non è impugnabile.

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