La Cassazione precisa i criteri per determinare la qualifica di piccolo imprenditore e lo stato d’insolvenza

La Redazione
28 Maggio 2015

Con la pronuncia n. 10952 del 27 maggio, la Cassazione chiarisce come vanno interpretate le norme che individuano le soglie di fallibilità, sia in relazione alla qualifica di piccolo imprenditore, e quindi all'ammontare dell'attivo patrimoniale (art. 1), sia in relazione allo stato di insolvenza e al momento in cui esso assume rilevanza (art. 15).

Con la pronuncia n. 10952 del 27 maggio, la Cassazione chiarisce come vanno interpretate le norme che individuano le soglie di fallibilità, sia in relazione alla qualifica di piccolo imprenditore, e quindi all'ammontare dell'attivo patrimoniale (art. 1), sia in relazione allo stato di insolvenza e al momento in cui esso assume rilevanza (art. 15).

Il caso. Il Tribunale di Siracusa dichiara il fallimento di una società, che propone reclamo, lamentando di non avere i requisiti richiesti dall'art. 1 l. fall., di avere avuto debiti inferiori a quelli richiesti dall'art. 15 l. fall. e che non era sussistente lo stato di insolvenza. La Corte d'appello confermava la decisione di I grado e la vicenda giungeva in Cassazione.

La qualifica di piccolo imprenditore. Con la pronuncia in commento la Cassazione ha l'occasione di fissare alcuni principi di diritto in tema di soglie di fallibilità
I primi motivi di ricorso attengono alla qualifica di piccolo imprenditore. Partendo dal dato testuale dell'art. 1, comma 2, lett. a) l. fall., secondo cui non è fallibile l'imprenditore che dimostri di “aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento” un attivo patrimoniale non superiore a € 300 mila, viene enunciato il seguente principio di diritto:
“in tema di presupposti dimensionali per l'esonero della fallibilità del debitore, nel computo dell'attivo patrimoniale, ai fini del riconoscimento della qualifica di piccolo imprenditore, il triennio cui si richiama il legislatore nell'art. 1, comma 2, lett. a), legge fall. […] va riferito agli ultimi tre esercizi antecedenti alla data di deposito dell'unica (o della prima) istanza di fallimento”.
Non sono possibili interpretazioni alternative della norma e non è, dunque, ammissibile la ricostruzione operata dalla ricorrente, secondo la quale il Tribunale avrebbe dovuto tener conto anche del bilancio dell'anno in cui è stato presentata l'istanza di fallimento, così ricalcolando la retrodatazione dei tre esercizi precedenti, escludendo quello più risalente (e rilevante ai fini del superamento delle soglie dimensionali).

L'esistenza dello stato di insolvenza. Il terzo motivo di ricorso attiene alla corretta individuazione dei debiti scaduti e non pagati, del momento in cui l'insolvenza, definita dall'art. 15, assume rilevanza ai fini della assoggettabilità a fallimento.
Secondo la ricorrente, per “debiti scaduti e non pagati” dall'imprenditore fallito non dovrebbero intendersi quelli risultanti alla dichiarazione di fallimento, bensì quelli indicati dal creditore nell'istanza di fallimento.
Anche in questo caso, la S.C. fonda la propria decisione sul dato letterale dell'art. 15: poiché la norma dispone che non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se “l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell'istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro trentamila” (…),il momento rispetto al quale va riferita l'esistenza della situazione di insolvenza, rilevante ai fini della dichiarazione di fallimento, non può essere quello della proposizione delle istanze di fallimento, ma deve essere quello in cui il Tribunale prende la sua decisione.
Viene, quindi, enunciato il seguente principio di diritto:
“in tema di dichiarazione di fallimento, lo stato di insolvenza dell'impresa, che esso presuppone, da intendersi come situazione irreversibile, e non già come una mera temporanea impossibilità di regolare l'adempimento delle obbligazioni assunte, può essere desunto, ai sensi dell'art. 15, ult. comma, della l. fall., dal complesso dei debiti, purchè almeno pari all'ammontare stabilito, secondo il periodico aggiornamento previsto dal terzo comma dell'art. 1 l. fall., dallo stesso art. 15, ult. comma, l. fall., accertati nel corso dell'istruttoria prefallimentare”.

L'accertamento dello stato di insolvenza e la rilevanza di fatti diversi. Vengono, infine, ribaditi alcuni principi già consolidati nella giurisprudenza di legittimità, in particolare quello per cui l'accertamento dello stato di insolvenza, pur dovendo essere compiuto con riferimento alla data di dichiarazione di fallimento, può fondarsi anche su fatti diversi da quelli sulla base dei quali il fallimento è stato dichiarato, purché anteriori.

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