Società insolvente in Germania. Azione revocatoria su atti compiuti in Austria. La Corte europea chiarisce sulla legge da applicarsi

La Redazione
12 Maggio 2015

IL CASO – Con sentenza del 16 aprile 2015 la prima sezione della Corte di giustizia UE si esprime su una domanda pregiudiziale avente ad oggetto l'interpretazione degli articoli 4, par. 2, lett. m e 13 del Regolamento (CE) n. 1346/2000 relativo alle procedure di insolvenza.

IL CASO – Con sentenza del 16 aprile 2015 la prima sezione della Corte di giustizia UE si esprime su una domanda pregiudiziale avente ad oggetto l'interpretazione degli articoli 4, par. 2, lett. m e 13 del Regolamento (CE) n. 1346/2000 relativo alle procedure di insolvenza.

All'origine della pronuncia vi è l'acquisto da parte del signor. L. di un autoveicolo da una società tedesca con società controllata in Austria. A fronte della mancata consegna l'acquirente presenta ricorso al Tribunale distrettuale di Bregenz (Austria) chiedendo la restituzione del prezzo, il 17 marzo 2008 il tribunale emana sentenza esecutiva di condanna nei confronti della società tedesca per il versamento di 9566 € più interessi. Il 20 maggio dello stesso anno il tribunale austriaco procede al pignoramento di tre conti concorrenti che la società debitrice deteneva in Austria . Il 13 aprile 2008 però la società debitrice chiede l'apertura di una procedura di insolvenza nei suoi confronti presso il Tribunale distrettuale di Ravensburg (Germania); la procedura viene aperta il 4 agosto 2008.
Il 17 marzo 2009 l'istituto di credito presso il quale erano stati effettuati i pignoramenti dei conti bancari versa al signor L. la somma di € 11.800. Il 23 ottobre 2009 il curatore fallimentare esperisce azione revocatoria volta alla reintegrazione della somma ricevuta dal signor. L., il quale propone appello. Non trovando accoglimento il ricorso, il signor. L. propone quindi ricorso in Cassazione.

LE QUESTIONI – Il giudice, a seguito dell'esame del ricorso, ritiene che la soluzione dello stesso dipenda dall'interpretazione dell'articolo 13 del sopra citato Regolamento 1346/2000 e pertanto presenta rinvio pregiudiziale avente ad oggetto tre questioni:

  • se l'art. 13 cit. debba interpretarsi nel senso della sua applicabilità ad una fattispecie in cui il pagamento, contestato dal curatore fallimentare, di una somma di denaro già pignorata alla data dell'apertura della procedura di insolvenza sia stato effettuato solo successivamente all'apertura di questa;
  • se l'art. 13 cit. debba interpretarsi nel senso che il regime derogatorio da esso istituito includa parimenti i termini di prescrizione, i termini per l'esercizio dell'azione revocatoria e i termini di decadenza previsti dalla lex causae;
  • se le regole formali che presiedono all'esercizio di un'azione revocatoria siano determinate dalla lex causae ovvero dalla lex fori concorsus.

LE NORME – L'art. 4, par. 2, lett. m del Regolamento1346/2000 stabilisce che “La legge dello Stato di apertura determina le condizioni di apertura, lo svolgimento e la chiusura della procedura di insolvenza. Essa determina in particolare: (…)e disposizioni relative alla nullità, all'annullamento o all'inopponibilità degli atti pregiudizievoli per la massa dei creditori.
L'art. 13 dello stesso Regolamento deroga a tale norma: pertanto, “Non si applica l'articolo 4, paragrafo 2, lettera m), quando chi ha beneficiato di un atto pregiudizievole per la massa dei creditori prova che:

  • tale atto è soggetto alla legge di uno Stato contraente diverso dallo Stato di apertura,

e che

  • tale legge non consente, nella fattispecie, di impugnare tale atto con alcun mezzo.

LE SOLUZIONI – Sulla prima questione la Corte si esprime in senso affermativo. Chiarendo che un'interpretazione nel senso di un'applicabilità dell'art. 13 anche agli atti successivi all'apertura della procedura di insolvenza condurrebbe ad un'eccessiva e non necessaria protezione del legittimo affidamento e della certezza delle transazioni negli Stati membri da quello dove è stata aperta la procedura, precisa la sentenza che nel caso di specie occorre considerare che l'oggetto dell'azione revocatoria è un diritto di pignoramento sui conti bancari della società debitrice e quindi un diritto reale. Tenuto conto che tale diritto di pignoramento sia stato costituito antecedentemente alla data di apertura della procedura potrebbe allora richiedersi una tutela rafforzata. Il legislatore infatti, ha voluto “prevedere per i diritti reali criteri di collegamento speciali in deroga alla lex fori concorsus, considerato che tali diritti rivestono grande rilevanza ai fini della concessione dei crediti”.
Anche sulla seconda questione presentata dal giudice del rinvio la sentenza si esprime in senso positivo. La conseguenza di una differente interpretazione della norma che escluda i termini, qualificati dalla lex causae come termini procedurali ,sarebbe una discriminazione arbitraria in funzione dei modelli teorici accolti dagli stati membri. Oltretutto lo stesso articolo 13 non contiene alcuna distinzione tra disposizioni di ordine sostanziale e di ordine procedurale e nemmeno alcun criterio che consenta tale distinzione.
Sulla terza questione prospettata la Corte risponde che “le regole di forma che presiedono all'esercizio dell'azione revocatoria sono determinate, ai fini dell'applicazione dell'articolo 13 del regolamento n. 1346/2000, dalla legge cui è soggetto l'atto contestato dal curatore fallimentare”. Le deroghe all'applicazione della lex fori concorsus, tra cui vi è quella dettata all'art. 13, vogliono tutelare il legittimo affidamento e la certezza delle transazioni negli Stati diversi da quello di apertura della procedura. Anche con riferimento a quest'ultima questione quindi, interpretare l'articolo in esame nel senso che le regole qualificate dalla lex causae quali regole formali debbano essere escluse dalla sfera di applicazione dell'articolo medesimo comporterebbe una discriminazione arbitraria in funzione dei modelli teorici accolti dagli Stati membri, ostando ad una uniforme applicazione dell'articolo stesso.

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