Per la Consulta è legittima l’abrogazione della dichiarazione d’ufficio di fallimento
10 Luglio 2013
Con la sentenza n. 184, depositata il 9 luglio, la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 d. lgs. n. 5/2006, nella parte in cui ha espunto dall'art. 6 l. fall. la possibilità di dichiarare il fallimento, oltre che su iniziativa di parte o su richiesta del PM, anche d'ufficio.
L'ordinanza di rimessione. La questione era stata sollevata dal Tribunale di Milano, con ordinanza del 24 maggio 2012 (in questo portale, con nota di Galletti, Abrogazione della dichiarazione d'ufficio di fallimento: sollevata la questione di legittimità costituzionale), nell'ambito di una vicenda processuale in cui la domanda di fallimento era stata proposta da un organo, il collegio sindacale di una S.p.a., non legittimato. Il Tribunale aveva, pertanto, evidenziato che, se fosse stato ancora in vigore l'art. 6 l. fall. nella versione ante riforma, “il ricorso proposto dal collegio sindacale, pur se non considerabile come atto ritualmente imputabile alla società, avrebbe potuto essere recepito come semplice esposto comunque idoneo ad attivare il potere del Tribunale fallimentare di dichiarare il fallimento ex officio”.
La decisione della Consulta: legittima l'abrogazione della dichiarazione d'ufficio di fallimento. La Corte Costituzionale, però, ha (alquanto sorprendentemente) ritenuto che il legislatore delegante abbia voluto attribuire al Governo il compito di riformare la legge fallimentare attuando un coordinamento con le altre disposizioni vigenti. Un principio generale del nostro ordinamento processuale, vigente in linea tendenziale pur con qualche eccezione, sarebbe quello in base al quale l'organo giudicante non ha significativi poteri d'impulso processuale: “ne procedat judex ex officio”. |