La segnalazione al PM della notitia decoctionis può pervenire anche dal tribunale fallimentare

La Redazione
20 Giugno 2012

A seguito della riforma del diritto fallimentare, il potere “officioso” di dar corso all'istanza di fallimento è affidato al PM, che si deve attivare su segnalazione qualificata proveniente dal giudice civile. Superando un precedente orientamento contrario, la Corte di Cassazione ha affermato, con la sentenza n. 9781 del 14 giugno (cui ha fatto seguito la n. 9857 del 15 giugno) che la segnalazione può pervenire anche dal tribunale fallimentare.

A seguito della riforma del diritto fallimentare, il potere “officioso” di dar corso all'istanza di fallimento è affidato al PM, che si deve attivare su segnalazione qualificata proveniente dal giudice civile. Superando un precedente orientamento contrario, la Corte di Cassazione ha affermato, con la sentenza n. 9781 del 14 giugno 2012 (cui ha fatto seguito la n. 9857 del 15 giugno 2012) che la segnalazione può pervenire anche dal tribunale fallimentare.

Il caso. Il creditore di un imprenditore, dopo aver presentato domanda di fallimento, rinunciava all'istanza. Il tribunale fallimentare dichiarava estinta la procedura, ma trasmetteva gli atti al PM che richiedeva a sua volta il fallimento ex artt. 6 e 7 l. fall. Il Tribunale dichiarava il fallimento e il fallito proponeva prima reclamo, rigettato dalla Corte d'appello, e in seguito ricorso per cassazione.
I poteri del PM e la segnalazione dell'insolvenza. La vicenda si inserisce in un quadro normativo che ha subito rilevanti modifiche: l'art. 4 D.Lgs. n. 5/2006 ha abrogato il potere officioso del tribunale di dichiarare il fallimento, affidando al PM il ruolo di organo terzo, rispetto al collegio giudicante, legittimato a trasmettere al collegio stesso la notitia decoctionis, pervenutagli dalla segnalazione del giudice civile. L'art. 7, comma 2, l. fall., infatti, va letto nel senso che quando un giudice civile rilevi l'insolvenza di un soggetto nel corso di un procedimento civile, deve farne segnalazione al PM, il quale può attivarsi, presentando la richiesta di fallimento.
La terzietà del giudice fallimentare non è in discussione. Le sentenze in commento, discostandosi da un precedente giurisprudenziale contrario (Cass. 4632/2009), ritengono che per “giudice civile” debba intendersi anche il tribunale fallimentare: ciò non contrasta con i principi costituzionali del giusto processo e della terzietà e imparzialità dell'organo giudicante, ex art. 111, comma 2, Cost., atteso che la trasmissione al PM della notitia decoctionis è un atto neutro, non avente carattere decisorio e quindi non incide sui diritti delle parti.
La segnalazione dell'insolvenza al PM non pregiudica la valutazione decisoria del tribunale: i giudici fallimentari, all'esito dell'istruttoria, possono rigettare l'istanza di fallimento proposta dal PM.
La questione di legittimità costituzionale del nuovo art. 6. Si segnala però che, nel frattempo, il Tribunale di Milano, con ordinanza 24.5.2012, ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale - in relazione all'art. 77 della Costituzione e al tenore letterale logico della legge delega (art. 1, commi 5 e 6, l. n. 80/2005) - dell'art. 4 D.Lgs. n. 5/2006, nella parte in cui tale norma ha modificato l'art. 6 R.D. 16 marzo 1942 n. 267 eliminando il potere del Tribunale di dichiarare d'ufficio il fallimento.

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