Il privilegio processuale dell’istituto di credito fondiario nella disciplina fallimentare

Sergio Nadin
22 Dicembre 2015

A mio avviso il potere degli istituti di credito fondiario di proseguire l'esecuzione individuale sui beni ipotecati, pur in pendenza di una procedura fallimentare a carico del mutuatario inadempiente, non preclude alla curatela di disporre la vendita degli stessi beni, dovendo il concorso dei due procedimenti espropriativi risolversi in base all'anteriorità del provvedimento che dispone la vendita (così, Cass. n. 1025/1993; Cass. n. 18436/2011; Cass. n. 4399/2015). Tale orientamento conserva senza ombra di dubbio la sua validità anche nel diverso regime venutosi ad instaurare con l'approvazione del T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia (D.Lgs. n. 385/1993).

A mio avviso il potere degli istituti di credito fondiario di proseguire l'esecuzione individuale sui beni ipotecati, pur in pendenza di una procedura fallimentare a carico del mutuatario inadempiente, non preclude alla curatela di disporre la vendita degli stessi beni, dovendo il concorso dei due procedimenti espropriativi risolversi in base all'anteriorità del provvedimento che dispone la vendita (così, Cass. n. 1025/1993; Cass. n. 18436/2011; Cass. n. 4399/2015). Tale orientamento conserva senza ombra di dubbio la sua validità anche nel diverso regime venutosi ad instaurare con l'approvazione del T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia (D.Lgs. n. 385/1993). Domanda: qualora l'approvazione del programma di liquidazione (e non l'ordinanza di vendita del giudice delegato) sia antecedente al provvedimento ex art. 569 c.p.c. di autorizzazione alla vendita sollecitato dal credito fondiario, è legittimata la curatela a procedere con la vendita del bene oppure no? In caso affermativo, la procedura esecutiva del credito fondiario si interrompe?

RIFERIMENTI NORMATIVI - L'art. 51 della Legge Fallimentare, rubricato “Divieto di azioni esecutive e cautelari individuali“, così recita: “Salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento”.
L'art. 41, comma secondo, del Testo Unico Bancario così recita: “L'azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia fondiari può essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore. Il curatore ha facoltà di intervenire nell'esecuzione. La somma ricavata dall'esecuzione, eccedente la quota che in sede di riparto risulta spettante alla banca, viene attribuita al fallimento”.
L'art. 569 c.p.c. stabilisce che “ A seguito dell'istanza di cui all'articolo 567 il giudice dell'esecuzione, entro trenta giorni dal deposito della documentazione di cui al secondo comma dell'articolo 567, nomina l'esperto convocandolo davanti a sé per prestare il giuramento e fissa l'udienza per la comparizione delle parti e dei creditori di cui all'articolo 498 che non siano intervenuti. Tra la data del provvedimento e la data fissata per l'udienza non possono decorrere più di centoventi giorni. All'udienza le parti possono fare osservazioni circa il tempo e le modalità della vendita, e debbono proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già decadute dal diritto di proporle. Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l'accordo delle parti comparse, il giudice dispone con ordinanza la vendita, fissando un termine non inferiore a novanta giorni, e non superiore a centoventi, entro il quale possono essere proposte offerte d'acquisto ai sensi dell'articolo 571. Il giudice con la medesima ordinanza stabilisce le modalità con cui deve essere prestata la cauzione e fissa, al giorno successivo alla scadenza del termine, l'udienza per la deliberazione sull'offerta e per la gara tra gli offerenti di cui all'articolo 573. Il giudice provvede ai sensi dell'articolo 576 solo quando ritiene probabile che la vendita con tale modalità possa aver luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene, determinato a norma dell'articolo 568”.

OSSERVAZIONI - La soluzione del caso proposto richiede in via preliminare l'analisi del privilegio di riscossione concesso dalla legge agli istituti di credito fondiario nell'ambito della procedura fallimentare.
E', innanzitutto, necessario rilevare come l'art. 41, comma 2, Testo Unico Bancario preveda che l'azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari può essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore. L'articolo in questione prosegue stabilendo che il curatore ha la facoltà di “intervenire nell'esecuzione”, così chiarendo che, quand'anche sopravvenisse una sentenza dichiarativa di fallimento in pendenza di procedura esecutiva individuale (chiaramente promossa dal creditore fondiario) la stessa procedura individuale sarebbe comunque procedibile.
La fattispecie costituisce, quindi, una chiara eccezione alla disciplina di cui all'art. 51 l. fall.
È possibile, quindi, che le due procedure – individuale e concorsuale – procedano parallelamente, sebbene spesso accada che il curatore intervenga all'interno del processo esecutivo, in modo da rendere edotto il giudice dell'esecuzione circa il fallimento in essere, nonché per assicurare il rispetto della par condicio creditorum.
La giurisprudenza della Suprema Corte è intervenuta sulla materia al precipuo scopo di chiarire alcuni principi ed elementi di coordinamento delle due procedure.
In particolare, in una recente pronuncia è stato chiarito che, vista l'incompatibilità dei due procedimenti, il G.D. del fallimento ben può procedere con la vendita dei beni di proprietà del fallito, quand'anche i creditori fondiari abbiano iniziato una procedura esecutiva individuale sugli stessi. La Corte ha proseguito affermando che il concorso tra le due procedure va risolto in base all'anteriorità del provvedimento che dispone la vendita (Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 4399 del 04/03/2015; v. anche Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 1025 del 28/01/1993).
Con la pronuncia del 2011, la Suprema Corte ha poi sancito la soggezione della procedura esecutiva individuale alla competenza concorsuale, affermando come la sopravvenuta dichiarazione di fallimento obbligherebbe la coordinazione del privilegio di ordine processuale con le regole proprie del fallimento. Tale ultima procedura concorsuale, infatti, non consente di realizzare alcuna forma di graduazione dei crediti che non sia coerente con quella stabilita dalla normativa, appunto, fallimentare. Pertanto, soltanto con l'insinuazione al passivo del fallimento del debitore l'istituto di credito fondiario può rendere definitiva l'assegnazione delle somme, già provvisoriamente ottenuta al termine della procedura individuale (Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 23572 del 17/12/2004). Il Legislatore del 2007, raccogliendo le indicazioni della giurisprudenza di legittimità, ha poi modificato l'art. 52 l. fall. chiarendo che anche i crediti fondiari, al pari degli altri, devono essere accertati in sede concorsuale.
È, quindi, pacifico che il curatore potrà effettuare la vendita in ambito fallimentare degli immobili, pur oggetto di esecuzione individuale da parte degli istituti di credito fondiario, fino a che, sempre in sede individuale, venga disposta l'ordinanza di vendita forzata. In altri termini, fino a che il giudice dell'esecuzione non disponga la vendita dell'immobile, ad esito dell'udienza fissata ai sensi dell'art. 569 c.p.c., il curatore, ottenuta l'approvazione del ceto creditorio e l'autorizzazione di conformità del giudice delegato ai sensi dell'art. 104-ter l. fall. potrà procedere alla vendita.
Stabilito che il concorso tra le due procedure viene risolto in base all'anteriorità del provvedimento che dispone la vendita del bene immobile, per la soluzione del quesito è necessario declinare tale concetto all'interno della procedura fallimentare e specificare quale provvedimento emesso nella procedura ha l'effetto di impedire il proseguimento del procedimento individuale.
Si prendono le mosse dalla constatazione per cui, nella procedura concorsuale, il programma di liquidazione costituisce l'atto con il quale il curatore pianifica le modalità e i termini per la realizzazione dell'attivo. Tale programma deve – ai sensi dell'art. 104-ter l. fall. – essere presentato al comitato dei creditori ed ottenerne l'approvazione.
Nella disciplina vigente, il programma di liquidazione deve essere comunicato al giudice delegato, il quale autorizza gli atti ad esso conformi (art. 104-ter). Il potere del giudice in ordine all'autorizzazione non ha più la funzione, come aveva passato, di integrare la capacità di agire del curatore in ordine allo svolgimento degli atti di vendita, ma ha il precipuo scopo di effettuare una verifica di legittimità formale circa i singoli atti di tipo liquidatorio che il curatore intende porre in essere, controllando che tali atti siano conformi al programma di liquidazione già approvato dal comitato dei creditori. In quanto potere integrativo degli atti del curatore, la mancanza di autorizzazione del giudice delegato determina la nullità della vendita disposta dallo stesso curatore, pertanto reclamabile ai sensi dell'art. 36 l. fall.
Appurato che, in assenza del provvedimento del giudice delegato, il curatore non può procedere alla vendita del bene immobile oggetto, parimenti, della procedura espropriativa individuale, è possibile sostenere che, qualora l'ordinanza di vendita ex art. 569, terzo comma, c.p.c. intervenga in un momento successivo rispetto all'autorizzazione del comitato dei creditori, ma antecedentemente rispetto al provvedimento di autorizzazione del giudice in sede concorsuale, sarà quest'ultima procedura a doversi arrestare, non potendo il curatore procedere con la vendita del bene oggetto del provvedimento di liquidazione in sede di esecuzione individuale.
In tal caso, come si diceva, l'istituto di credito fondiario ha il diritto di trattenere, sia pure in via provvisoria, le somme ottenute dall'esecuzione individuale grazie al privilegio processuale accordatogli dalla legge. L'ente, tuttavia, avrà l'onere di presentare domanda di insinuazione al passivo fallimentare, così da permettere la verifica in sede fallimentare del proprio credito e del privilegio che lo assiste. Nel caso in cui, al termine della graduazione dei crediti effettuata in sede fallimentare, emerga che quanto ottenuto in sede di esecuzione individuale ecceda quanto di spettanza all'istituto, l'ente dovrà restituire al fallimento la somma in eccedenza.
Nel caso in cui, invece, sia il curatore ad ottenere il provvedimento di autorizzazione in ordine alla vendita del cespite immobiliare ipotecato dall'istituto fondiario, prima che l'iniziativa individuale raggiunga il provvedimento di vendita ai sensi dell'art. 569, comma terzo, c.p.c., gli effetti sul procedimento espropriativo saranno i seguenti.
Posto che il privilegio processuale previsto dalla legge in favore dei crediti fondiari si risolve in un privilegio di riscossione determinante “una variante del potere di liquidazione dell'attivo” (Cass. Civ., cit. n. 18436/2011) e costituente un'eccezione al generale principio stabilito dall'art. 51 l. fall. (che sancisce l'improcedibilità di ogni azione individuale esecutiva sui beni compresi nel fallimento); si deve allora concludere che, una volta conseguita l'autorizzazione del giudice delegato alla vendita, il parallelo procedimento esecutivo torni ad essere assoggettato alla regola generale e divenga, perciò, improcedibile.

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