Il concordato preventivo e la natura esecutiva della vendita della quota del socio moroso
Gianni Solinas
19 Ottobre 2012
La sentenza del Tribunale di Venezia non ha precedenti specifici e si occupa della natura esecutiva o meno del procedimento di vendita della quota del socio moroso prevista dall'art. 2466, comma 2, c.c. e degli effetti su questa procedura dell'ammissione al concordato preventivo del socio che subisce l'espropriazione della propria quota da parte degli amministratori della società.
Il caso
La sentenza del Tribunale di Venezia non ha precedenti specifici e si occupa della natura esecutiva o meno del procedimento di vendita della quota del socio moroso prevista dall'art. 2466, comma 2, c.c. e degli effetti su questa procedura dell'ammissione al concordato preventivo del socio che subisce l'espropriazione della propria quota da parte degli amministratori della società.
Le questioni giuridiche e la soluzione
Il Tribunale, infatti, era chiamato a decidere se l'ammissione del socio moroso alla procedura di concordato preventivo avesse comportato l'improcedibilità ex art. 168 l. fall. della procedura di vendita di cui all'art. 2466, comma 2, c.c. e quindi, nel caso di specie, l'inefficacia dell'eventuale vendita portata a termine nonostante la pendenza della procedura di concordato preventivo in capo al socio moroso e quindi in violazione del disposto di cui all'art. 168 l. fall.. Il Tribunale di Venezia ha risolto in modo affermativo la questione, pur con una motivazione molto succinta, basandosi sull'alternatività dei rimedi dati alla società nei confronti del socio moroso dall'art. 2466, il quale prevede che, in alternativa appunto alla procedura di vendita da parte degli amministratori, si possa agire secondo le ordinarie norme codicistiche per l'esecuzione dei conferimenti dovuti. Da questa alternatività il Tribunale deduce che la natura dei due rimedi sia uguale e che quindi se la seconda (l'esecuzione forzata per il versamento dei pagamenti dovuti) ha natura pacificamente esecutiva, anche la prima ha la medesima natura.
Osservazioni
La dottrina che si è occupata di esaminare la natura del procedimento di vendita di cui all'art. 2466 c.c. ha sostanzialmente affermato la natura di vendita coattiva dell'intero procedimento, rilevando che il creditore-società ottiene il pagamento di quanto dovuto mediante una procedura coattiva posta in essere senza la cooperazione del debitore e senza che il debitore-socio abbia modo di opporsi per ragioni di merito, salva solo la contestazione relativa all'inosservanza delle forme procedurali previste dalla legge (così Paolucci, Società a responsabilità limitata, in Trattato Rescigno, Torino, 1994, 272; Cupido, Diffida degli amministratori al socio moroso per la vendita in danno delle quote, in Le Società, 1995, 786; Santini, La società a responsabilità limitata, in Trattato Scialoja Branca, Bologna-Roma, 1992, 97; Corsini, Mancato versamento da parte del socio del capitale sottoscritto: quid juris?, in Diritto e Pratica delle Società, n. 12/2006, 20 e ss.). Una volta accertata la natura esecutiva del procedimento ex art. 2466 c.c.,la conclusione cui è giunto il Tribunale di Venezia appare logica, posto che il divieto di azioni esecutive individuali posto dall'art. 168 l.fall. è totale, tanto da essere addirittura più ampio rispetto a quello disposto dall'art. 51 in caso di fallimento del debitore. Va detto che a conclusioni non dissimili in ordine all'improcedibilità della vendita della quota del socio moroso in caso di ammissione di quest'ultimo alla procedura di concordato preventivo non si dovrebbe giungere neppure qualora si ricostruisse la fattispecie in modo analogo alla vendita in danno in caso di inadempimento del compratore al versamento del prezzo, posto che, secondo almeno una parte della dottrina, il procedimento ex art. 1515 c.c., incidendo sul patrimonio del debitore al pari delle azioni esecutive, collide con il divieto posto dall'art. 168 l. fall. (in questo senso Nardecchia, Gli effetti del concordato preventivo sui creditori, Milano, 2011, 128; Bonsignori, Il concordato preventivo, in Comm. Scialoja Branca, Bologna-Roma, 1979, 222; Rago, Il concordato preventivo dalla domanda all'omologazione, Padova, 1998, 234; contraria però la giurisprudenza, che ha ammesso la possibilità dell'acquisto in danno ex art. 1516 c.c.: Trib. Bari, 9 giugno 1981, in Foro It. Rep. 1982, voce Concordato preventivo, n. 43, che riguarda però un acquisto effettuato dalla pubblica amministrazione). La sentenza comunque sembra perfettamente coerente con i principi cardine di diritto concorsuale posti dalla legge fallimentare in tema di concordato preventivo, posto che la norma di cui all'art. 168 l. fall. si coordina con tutte le altre norme che sono tese ad assicurare la par condicio creditorum nell'ambito della procedura concordataria. Interpretare il divieto di azioni esecutive sul patrimonio del debitore nel senso di permettere alla società creditrice di soddisfare il proprio credito al di fuori del concorso costituirebbe una chiara violazione del sopra ricordato principio della par condicio, perché equivarrebbe a considerare prededucibile o comunque al di fuori del concorso un credito pacificamente concorsuale.
Minimi riferimenti giurisprudenziali e bibliografici
Per comodità espositiva e per agevolare il lettore si è ritenuto di inserire le pronunce rilevanti, i contributi dottrinari e le disposizioni normative interessate, direttamente nel commento.
Vuoi leggere tutti i contenuti?
Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter continuare a
leggere questo e tanti altri articoli.